Il Papa: «Quanta violenza prodotta dal tentativo di eliminare Dio»

Giornata all'insegna dell'ecumenismo, quella di oggi, per papa Francesco. Dopo la Messa di inizio pontificato e l'omaggio dei Grandi della Terra, con l'esortazione a essere "custodi della creazione" e un ultimo saluto, questa mattina, alla presidente del Brasile Dilma Roussef, il Pontefice ha incontrato separatamente prima Bartolomeo I, patriarca ecumenico di Costantinopoli, e a seguire il metropolita Hilarion del patriarcato di Mosca.
È slittata di conseguenza a mezzogiorno l'udienza del Papa in sala Clementina ai "delegati fraterni" di chiese, comunità ecclesiali e organismi ecumenici internazionali, cui è seguito l'incontro con Claudio Epelman del Latin American Jewish Congress. All'incontro hanno partecipato anche rappresentanti di altre religioni.
Dopo una breve attesa, il Papa è arrivato in Sala Clementina, accolto da uno scrociante applauso, e ha ascoltato il saluto di Bartolomeo I.
Il Patriarca ecumenico di Costantinopoli ha sottolineato come «il  compito e le responsabilità» che attendono il Pontefice siano «enormi  davanti a Dio e agli uomini. L’unità delle Chiese cristiane costituisce  la prima e la più importante delle nostre preoccupazioni ed è  sicuramente uno dei presupposti fondamentali affinché la nostra  testimonianza cristiana possa essere credibile agli occhi dei vicini e  dei lontani. Per la sua realizzazione è necessario che il dialogo  teologico già intrapreso, prosegua, affinché la verità della fede,  l’esperienza dei santi e la tradizione comune all’Oriente e  all’Occidente del primo Millennio cristiano possano essere insieme  comprese e avvicinate in modo comune. È un dialogo — ha auspicato — da  proseguire nella carità e nella verità, in spirito di umiltà e di  mitezza, e attraverso le armi della verità».
Quindi il Patriarca ha  fatto riferimento all’attuale crisi economica mondiale, che «esige in  modo imperativo l’organizzazione di un’azione umanitaria, per la quale  avete una grande esperienza, Santità, grazie al vostro lungo e  apprezzato ministero come buon Samaritano in America Latina, dove avete  sperimentato, in qualità di pastore, sicuramente come pochi altri,  l’amarezza della sofferenza e della miseria umana. Quelli che hanno di  più devono essere stimolati a offrire del proprio in modo spontaneo e  con gioia a quelli che non hanno. In questo modo per mezzo della  giustizia verrà assicurata la pace, che è la richiesta di tutti gli  uomini e l’ardente attesa di tutte le genti e di tutti i popoli».
Bartolomeo  I ha ricordato che «abbiamo il dovere di nutrire gli affamati, di  vestire gli ignudi, di curare i malati, e più in generale di  preoccuparci di quelli che si trovano nel bisogno, per essere degni di  udire dal Signore: “Venite, benedetti, dal Padre mio, ricevete in  eredità il Regno preparato per voi”». 
Quindi ha evidenziato come «la  scelta della semplicità da parte della Vostra amata e onorata Santità»  abbia reso e renda evidente il criterio che guida Papa Francesco «nella  scelta dell’essenziale. Ciò riempie di speranza i cuori di tutti i  vostri fedeli sparsi nel mondo e in generale di tutti gli uomini di  speranza, perché — si è detto convinto — questo criterio che guida le  vostre scelte troverà una più ampia accoglienza, in modo che la  giustizia e la misericordia che rappresentano le esigenze più essenziali  della legge abbiano per la Chiesa l’importanza primaria che meritano».
Poi  il Patriarca ha spiegato come «nel corso della storia bimillenaria  della vita della Chiesa di Cristo, alcune verità» del Vangelo siano  state «distorte e travisate da alcuni gruppi cristiani, con il risultato  che oggi in ampi strati delle popolazioni cristiane prevalgono,  purtroppo, concezioni mondane. È assai grave e urgente il dovere e  l’obbligo da parte di tutti noi, di ricordare a noi stessi, gli uni agli  altri, e a tutti, che Dio è disceso dal cielo sulla Terra, si è fatto  uomo in Gesù Cristo, affinché vivessimo come cittadini la cui patria è  nei cieli. Sì veramente il Signore è Dio e si è manifestato a noi; Lui  che dal principio è il creatore dell’universo e governa ogni cosa, si è  abbassato fino alla morte e alla morte di croce, per mostrare attraverso  la sua resurrezione che è benedetto colui che viene nel nome del  Signore, e solo nel suo nome, al servizio dell’intero corpo, affinché  tutti siamo una cosa sola e Cristo sia tutto in tutti».
Il discorso di papa Francesco
Al termine del saluto di Bartolomeo, ha preso la parola papa  Francesco, che ha assicurato la "ferma volontà" di proseguire nel  cammino del dialogo ecumenico. "Sentiamoci tutti intimamente uniti alla  preghiera del nostro Salvatore nell’Ultima Cena, alla sua invocazione:  ut unum sint. Chiediamo al Padre misericordioso di vivere in pienezza  quella fede che abbiamo ricevuto in dono nel giorno del nostro  Battesimo, e di poterne dare testimonianza libera, gioiosa e coraggiosa.  Sarà questo il nostro migliore servizio alla causa dell’unità tra i  cristiani, un servizio di speranza per un mondo ancora segnato da  divisioni, da contrasti e da rivalità. Più saremo fedeli alla sua  volontà, nei pensieri, nelle parole e nelle opere, e più cammineremo  realmente e sostanzialmente verso l’unità".
Papa Francesco ha evoca con grande enfasi lo "specialissimo  vincolo spirituale" che lega il popolo cristiano all'ebraismo e ha  ricordato le parole del Beato Giovanni XXIII che pronunciò nel discorso  di inaugurazione, ossia che "la Chiesa Cattolica ritiene suo dovere  adoperarsi attivamente perchè si compia il grande mistero di quell'unità  che Cristo Gesù con ardentissime preghiere ha chiesto al Padre Celeste  nell'imminenza del suo sacrificio". Continuare quindi nel dialogo, ha  sottolineato, "nobilissima causa". "La Chiesa Cattolica - ha assicurato è  consapevole dell'importanza che ha la promozione dell'amicizia e del  rispetto tra uomini e donne
di diverse tradizioni religiose". Inoltre  "la Chiesa Cattolica è ugualmente consapevole della responsabilità che  tutti portiamo verso questo nostro mondo, verso l'intero creato, che  dobbiamo amare e custodire". "Noi - ha aggiunto il nuovo Papa - possiamo  fare molto per il bene di chi è più povero, di chi è debole e di chi  soffre, per favorire la giustizia, per promuovere la riconciliazione,  per costruire la pace". "Ma - ha ricordato - soprattutto, dobbiamo  tenere viva nel mondo la sete dell'Assoluto, non permettendo che  prevalga una visione della persona umana ad una sola dimensione, secondo  cui l'uomo si riduce a ciò che produce e a ciò che consuma: è questa  una delle insidie più pericolose per il nostro tempo".
"Sappiamo -  ha concluso papa Bergoglio - quanta violenza abbia prodotto nella  storia recente il tentativo di eliminare Dio e il divino dall’orizzonte  dell’umanità, e avvertiamo il valore di testimoniare nelle nostre  società l’originaria apertura alla trascendenza che è insita nel cuore  dell’uomo. In ciò, sentiamo vicini anche tutti quegli uomini e donne  che, pur non riconoscendosi appartenenti ad alcuna tradizione religiosa,  si sentono tuttavia in ricerca della verità, della bontà e della  bellezza, di Dio, e che sono nostri preziosi alleati nell’impegno a  difesa della dignità dell’uomo, nella costruzione di una convivenza  pacifica fra i popoli e nel custodire con cura il creato".
Nella  Sala Clementina Papa Francesco ha compiuto oggi il gesto di Paolo VI con  Atenagora, abbracciando e chiamando Andrea il patriarca Bartolomeo in  quanto erede dell'Apostolo, così come Atenagora chiamò Pietro Papa  Montini. E ha teso la mano anche a "tutti quegli uomini e donne che, pur  non riconoscendosi appartenenti ad alcuna tradizione religiosa, si  sentono tuttavia in ricerca della verità, della bontà e della
bellezza".
«Dialogo ecumenico, ferma volontà di proseguire il cammino»
Discorso di Papa Francesco ai delegati Fraterni
È motivo di particolare gioia incontrarmi oggi con voi, Delegati delle Chiese Ortodosse, delle Chiese Ortodosse Orientali e delle Comunità ecclesiali d’Occidente. Vi ringrazio per avere voluto prendere parte alla celebrazione che ha segnato l’inizio del mio ministero di Vescovo di Roma e Successore di Pietro.
Ieri mattina, durante la Santa Messa, attraverso le vostre persone ho riconosciuto spiritualmente presenti le comunità che rappresentate. In questa manifestazione di fede mi è parso così di vivere in maniera ancor più pressante la preghiera per l’unità tra i credenti in Cristo e insieme di vederne in qualche modo prefigurata quella piena realizzazione, che dipende dal piano di Dio e dalla nostra leale collaborazione.
Inizio il mio ministero apostolico durante quest’anno che il mio  venerato predecessore, Benedetto XVI, con intuizione veramente ispirata,  ha proclamato per la Chiesa cattolica Anno della fede. 
Con  questa iniziativa, che desidero continuare e spero sia di stimolo per il  cammino di fede di tutti, egli ha voluto segnare il Cinquantesimo  anniversario dell’inizio del Concilio Vaticano II, proponendo una sorta  di pellegrinaggio verso ciò che per ogni cristiano rappresenta  l’essenziale: il rapporto personale e trasformante con Gesù Cristo,  Figlio di Dio, morto e risorto per la nostra salvezza. Proprio nel  desiderio di annunciare questo tesoro perennemente valido della fede  agli uomini del nostro tempo, risiede il cuore del messaggio conciliare.
Insieme con voi non posso dimenticare quanto quel Concilio abbia significato per il cammino ecumenico. Mi piace ricordare le parole che il beato Giovanni XXIII, di cui ricorderemo tra breve il Cinquantesimo della scomparsa, pronunciò nel memorabile discorso di inaugurazione: «La Chiesa Cattolica ritiene suo dovere adoperarsi attivamente perché si compia il grande mistero di quell’unità che Cristo Gesù con ardentissime preghiere ha chiesto al Padre Celeste nell’imminenza del suo sacrificio; essa gode di pace soavissima, sapendo di essere intimamente unita a Cristo in quelle preghiere» (AAS 54 [1962], 793).
Sì, cari fratelli e sorelle in Cristo, sentiamoci tutti intimamente uniti alla preghiera del nostro Salvatore nell’Ultima Cena, alla sua invocazione: ut unum sint. Chiediamo al Padre misericordioso di vivere in pienezza quella fede che abbiamo ricevuto in dono nel giorno del nostro Battesimo, e di poterne dare testimonianza libera, gioiosa e coraggiosa. Sarà questo il nostro migliore servizio alla causa dell’unità tra i cristiani, un servizio di speranza per un mondo ancora segnato da divisioni, da contrasti e da rivalità. Più saremo fedeli alla sua volontà, nei pensieri, nelle parole e nelle opere, e più cammineremo realmente e sostanzialmente verso l’unità.
Da parte mia, desidero assicurare, sulla scia dei miei Predecessori, la ferma volontà di proseguire nel cammino del dialogo ecumenico e ringrazio sin d’ora il Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani, per l’aiuto che continuerà ad offrire, in mio nome, per questa nobilissima causa. Vi chiedo, cari fratelli e sorelle, di portare il mio cordiale saluto e l’assicurazione del mio ricordo nel Signore Gesù alle Chiese e Comunità cristiane che qui rappresentate, e domando a voi la carità di una speciale preghiera per la mia persona, affinché possa essere un Pastore secondo il cuore di Cristo.
Ed ora mi rivolgo a voi distinti rappresentanti del popolo ebraico, al quale ci lega uno specialissimo vincolo spirituale, dal momento che, come afferma il Concilio Vaticano II, «la Chiesa di Cristo riconosce che gli inizi della sua fede e della sua elezione si trovano già, secondo il mistero divino della salvezza, nei patriarchi, in Mosè, e nei profeti» (Decr. Nostra aetate, 4). Vi ringrazio della vostra presenza e confido che, con l’aiuto dell’Altissimo, potremo proseguire proficuamente quel fraterno dialogo che il Concilio auspicava (cfr ibid.) e che si è effettivamente realizzato, portando non pochi frutti, specialmente nel corso degli ultimi decenni.
Saluto poi e ringrazio cordialmente tutti voi, cari amici  appartenenti ad altre tradizioni religiose; innanzitutto i Musulmani,  che adorano Dio unico, vivente e misericordioso, e lo invocano nella  preghiera, e voi tutti. Apprezzo molto la vostra presenza: in essa vedo  un segno tangibile della volontà di crescere nella stima reciproca e  nella cooperazione per il bene comune dell’umanità.
La Chiesa cattolica è consapevole dell’importanza che ha la  promozione dell’amicizia e del rispetto tra uomini e donne di diverse  tradizioni religiose; lo attesta anche il prezioso lavoro che svolge il  Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso. Essa è ugualmente  consapevole della responsabilità che tutti portiamo verso questo nostro  mondo, verso l’intero creato, che dobbiamo amare. E noi possiamo fare  molto per il bene di chi è più povero, di chi è debole e di chi soffre,  per favorire la giustizia, per promuovere la riconciliazione, per  costruire la pace. Ma, soprattutto, dobbiamo tenere viva nel mondo la  sete dell’assoluto, non permettendo che prevalga una visione della  persona umana ad una sola dimensione, secondo cui l’uomo si riduce a ciò  che produce e a ciò che consuma: è questa una delle insidie più  pericolose per il nostro tempo.
Sappiamo quanta violenza abbia prodotto nella storia recente il  tentativo di eliminare Dio e il divino dall’orizzonte dell’umanità, e  avvertiamo il valore di testimoniare nelle nostre società l’originaria  apertura alla trascendenza che è insita nel cuore dell’uomo. In ciò,  sentiamo vicini anche tutti quegli uomini e donne che, pur non  riconoscendosi appartenenti ad alcuna tradizione religiosa, si sentono  tuttavia in ricerca della verità, della bontà e della bellezza, di Dio, e  che sono nostri preziosi alleati nell’impegno a difesa della dignità  dell’uomo, nella costruzione di una convivenza pacifica fra i popoli e  nel custodire con cura il creato.
Cari amici, grazie ancora per la vostra presenza. A tutti vada il mio cordiale saluto.
            