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Il Papa ad Assisi: solo la pace è santa

«Solo la pace, non la guerra, è santa». Nel suo discorso Francesco ha messo in guardia dall’indifferenza. «I leader delle nazioni sappiano guardare oltre gli interessi di parte»

Assisi accoglie con gioia l'arrivo di Papa Francesco, per la sua terza visita nella cittadina del "poverello". La sua presenza (il Pontefice è arrivato poco dopo le 11 come da programma) suggella l'evento interreligioso che da due giorni sta impegnando oltre cinquecento leader di varie confessioni, nonché esponenti della politica e dell'economia per lanciare al mondo un messaggio di pace, contro tutte le forme di terrorismo e violenza diffusa. Previsti incontri singoli tra il Papa e i vari esponenti della fede cristiana, ma anche ebraica e musulmana. Poi la preghiera, ogni fede in un luogo diverso, e in conclusione l'appello di pace tutti insieme nel piazzale antistante la Basilica inferiore di San Francesco.

Accolto dal vescovo Sorrentino
Papa Francesco è stato accolto da monsignor Domenico Sorrentino, arcivescovo di Assisi, Catiuscia Marini, presidente della Regione Umbria, Raffaele Cannizzaro, prefetto di Perugia e Stefania Proietti, sindaco di Assisi. Il Papa è accompagnato da monsignor Angelo Becciu, Sostituto dalla Segreteria di Stato e da monsignor George Gaenswein, Prefetto della Casa pontificia.

L'abbraccio con i leader delle altre religioni
Dal campo sportivo di Santa Maria degli Angeli Bergoglio si è poi recato al Sacro Convento nella Basilica di San Francesco di Assisi dove si svolgeranno gli incontri e i momenti di preghiera per la pace. È stato accolto dal Custode del Sacro Convento, padre Mauro Gambetti. Il Papa ha salutato e abbracciato Bartolomeo I, patriarca ecumenico di Costantinopoli; Ignatius Aphrem II, patriarca siro-ortodosso di Antiochia; Justin Welby, arcivescovo di Canterbury e Primate della Chiesa di Inghilterra; Riccardo Di Segni, rabbino capo di Roma; Abbas Shuman, vice presidente dell'Università Al-Azhar; il fondatore della Comunità di Sant'Egidio Andrea Riccardi. Particolarmente caloroso è stato l'abbraccio tra Francesco e il Rabbino argentino Abraham Skorka, al quale il Papa è legato da una lunga amicizia fin dai tempi in cui erano insieme a Buenos Aires. Stretta di mano e scambio di qualche parola tra il Papa e il ministro della Giustizia Andrea Orlando, il ministro dell'Ambiente Gianluca Galletti e il vice ministro agli Esteri Mario Giro. Il Pontefice ha inoltre salutato i 25 rifugiati ospiti del Cara che pranzeranno con lui.

Pranzo della pace con 25 rifugiati
Il Pranzo della Pace si è svolto Refettorio dei frati con un menu molto semplice, francescano, rispettoso delle differenti tradizioni religiose.Tra gli invitati alla mensa del Pontefice e degli altri rappresentanti delle diverse religioni i migranti ospitati del Cara di Castelnuovo di Porto, gestito da Auxilium. Provengono da Siria, Eritrea, Nuova Guinea, Nigeria, Pakistan e Afghanistan. C'è una famiglia siriana di Yarmuk, città assediata dai miliziani dello stato islamico, composta dal papà, dalla mamma e da una bambina di sei anni. Sono arrivati coi 'corridoi umanitarì anche cinque cristiani siriani: sono cattolici assiri Fadi e Ruba, che, col figlio undicenne Murkus, sono fuggiti da Hasake; di confessione armena sono Osep, Kevork e Tamar, che più tardi interverrà sul palco della cerimonia conclusiva, testimoniando sulla sofferenza della sua città, Aleppo. C'è una ragazza eritrea di 25 anni, Nura, scappata dal suo Paese dove era stata costretta a lasciare gli studi e ad arruolarsi nell'esercito. E c'è Ibraim, un ragazzo della Nuova Guinea, musulmano, che aveva rischiato di morire di stenti in Libia dove era andato alla ricerca del padre che lo aveva abbandonato da piccolo. Vengono dalla regione insanguinata da Boko Haram le nigeriane Paulina ed Evelyn; è fuggita dall'Eritrea Enes, mentre è originario del Mali il ventitreenne Alou, sopravvissuto a un terribile viaggio su un barcone dalla Libia alla Sicilia.

(Osservatore Romano)

La torta per i 25 anni di patriarcato di Bartolomeo I
"La preghiera per la pace è stata preparata da un bel momento di convivialità", riferisce il fondatore della Comunità di Sant'Egidio, Andrea Riccardi. Al tavolo del Papa, sedevano accanto a lui da una parte il Patriarca ecumenico Bartolomeo I e dall'altra il prete albanese Ernst Simoni Troshani che ha vissuto la dittatura in Albania e che il Papa aveva già incontrato nel suo viaggio a Tirana come testimone di quel periodo, passato dal sacerdote per quasi vent'anni in carcere. Al tavolo del Papa anche il Rabbino David Rosen, il filosofo polacco Zygmunt Bauman, l'arcivescovo di Canterbury Justin Welby e una rifugiata. A concludere la festa una torta con 25 candeline per festeggiare i 25 anni di patriarcato di Bartolomeo I.

I rifugiati: abbiamo sentito l'amore di San Francesco
Dopo le sofferenze che tanti di loro hanno patito in mare e nei deserti, aggrappati a gommoni e mezzi di fortuna, per i rifugiati ospiti del "pranzo di pace" con il Papa e gli altri leader religiosi, le tante attenzioni ricevute alla tavola di Assisi hanno "come fatto sentire l'amore di San Francesco". Per questo alla fine sono apparsi emozionati, felici. "Grazie", hanno ripetuto. "Prima di entrare nel refettorio - ha raccontato ancora una giovane etiope Enas - il Papa ci ha salutati uno ad uno. Ha voluto sapere di dove siamo e come siamo arrivati in Italia. Io gli ho detto di avere fatto il viaggio in barca navigando nel mediterraneo dopo avere attraversato il deserto". È invece arrivato grazie a un corridoio umanitario Kevork, siriano di origini armene. "Siamo stati serviti a tavola - ha detto - dai frati, è stata una splendida accoglienza con tutti intorno a noi. In uno spirito di fratellanza e di umiltà. Quello di cui abbiamo bisogno. È stato come vivere l'amore di San Francesco". Anche a lui Papa Bergoglio ha chiesto di dove fosse. "Gli ho risposto di Aleppo - ha proseguito - e a quel punto il Santo Padre ha detto: 'città martire...'".

Preghiera ecumenica dei cristiani col Papa nella Basilica inferiore (Siciliani)

Preghiera per la pace in luoghi diversi
Nel pomeriggio al via il momento di preghiera per la pace. Ogni gruppo religioso pregherà in un luogo dedicato. I cristiani, riuniti in una preghiera ecumenica con il Papa, sono tutti nella Basilica inferiore di San Francesco d'Assisi. I musulmani, gli ebrei, e i fedeli della religione Oomoto in altri luoghi del Sacro Convento, adiacente alla stessa Basilica. Le religioni indiane si stanno ritrovando di fronte alla Basilica Superiore; gli scintoisti buddisti a Palazzo Monte Frumentario. I fedeli della confessione Tenrikyo e i taoisti, infine, in due differenti giardini del Monastero di Sant'Andrea.

Preghiera ecumenica dei cristiani col Papa (Siciliani)

La meditazione di Papa Francesco
"Di fronte a Gesù crocifisso - ha detto Francesco - risuonano anche per noi le sue parole: «Ho sete» (Gv 19,28). La sete, ancor più della fame, è il bisogno estremo dell’essere umano, ma ne rappresenta anche l’estrema miseria. Contempliamo così il mistero del Dio Altissimo, divenuto, per misericordia, misero fra gli uomini".
"Di che cosa ha sete il Signore? - ha continuato il Papa - Certo di acqua, elemento essenziale per la vita. Ma soprattutto ha sete di amore, elemento non meno essenziale per vivere. Ha sete di donarci l’acqua viva del suo amore, ma anche di ricevere il nostro amore".

Papa Francesco ha poi aggiunto: “L’Amore non è amato”: secondo alcuni racconti era questa la realtà che turbava San Francesco di Assisi. Egli, per amore del Signore sofferente, non si vergognava di piangere e lamentarsi a voce alta (cfr Fonti Francescane, n. 1413). Questa stessa realtà ci deve stare a cuore contemplando il Dio crocifisso, assetato di amore. Madre Teresa di Calcutta volle che nelle cappelle di ogni sua comunità, vicino al Crocifisso, fosse scritto “Ho sete”. Estinguere la sete d’amore di Gesù sulla croce mediante il servizio ai più poveri tra i poveri è stata la sua risposta. Il Signore è infatti dissetato dal nostro amore compassionevole, è consolato quando, in nome suo, ci chiniamo sulle miserie altrui. Nel giudizio chiamerà “benedetti” quanti hanno dato da bere a chi aveva sete, quanti hanno offerto amore concreto a chi era nel bisogno: «Tutto quello che avete fatto a uno solo di questi fratelli più piccoli, l’avete fatto a me» (Mt 25,40).

Leggi il testo integrale della meditazione di Papa Francesco ad Assisi

Appello per la Pace - la firma e il testo
Indifferenza, paganesimo del nostro tempo

Francesco a Santa Marta: preghiamo per la pace
Intanto stamattina a Santa Marta il Pontefice ha parlato del significato profondo dell'incontro di Assisi. "Oggi uomini e donne di tutte le religioni saremo ad Assisi non per uno spettacolo, ma semplicemente a pregare per la pace". Sono le parole di Papa Francesco prima della partenza per la città del Poverello, dove è atteso da 510 leader di tutte le religioni. "Ho scritto una lettera ai vescovi di tutto il mondo perchè nelle diocesi si preghi con tutti gli uomini di buona volontà", ha aggiunto Francesco. Ad Assisi, ha detto il Papa, il mondo sarà in ginocchio a pregare il Dio della pace, insieme, "oltre le divisioni delle religioni", fino a sentire la "vergogna" della guerra e senza "chiudere l'orecchio" al grido di dolore di chi soffre. "Non esiste un Dio di guerra", ha detto il Pontefice.

Trent'anni fa la prima giornata mondiale di preghiera

Il pontefice torna dunque sui passi di Giovanni Paolo II che proprio ad Assisi aveva chiamato alla Giornata Mondiale di Preghiera, trent'anni fa. Oggi un mondo diverso da quello del 1986 ma con nuove lacerazioni e con un "bisogno di pace ancora", come ha detto lo stesso Bergoglio ieri all'Angelus. La visita del Papa chiuderà dunque la tre-giorni "Sete di pace" organizzata dalla Comunità di Sant'Egidio, dalla diocesi di Assisi e dalle Famiglie Francescane. Dialogo tra le fedi ma anche il confronto su una politica ed un'economia che sappia includere. In questo contesto fondamentale anche il tema dell'ambiente per il quale l'impegno è urgente, come evidenziato dal Papa nella sua Enciclica "Laudato sì" che in nessun luogo è tanto sentita come ad Assisi.

© Avvenire, 20 settembre 2016

 

Ricuciamo il mondo

 

Quindi la pace nasce dalla conoscenza e dalla collaborazione reciproca. Ieri ad Assisi si è visto bene. E non si è compiuto un miracolo, né una commemorazione, ma quello che fa premio per ciascuno: l’apertura vicendevole, il dialogo, la capacità di incontrarsi e mettersi insieme. Non è retorica. Di fronte ai deserti dell’orgoglio e degli interessi di parte, all’inquinamento dell’indifferenza, ai fondamentalismi e al fanatismo che arriva a usare i mezzi del terrore, l’unica ragione pratica da percorrere è dialogare e pregare perché scatti una scintilla nel cuore dell’uomo.

«Niente è perduto con il dialogo. Tutto è possibile con la pace», è quanto si è fatto reale ad Assisi. Perché la guerra è tra il mondo e quelli che vogliono "accelerare" la fine del mondo, senza trascurare i fatturati da incrementare col traffico d’armi. Papa Francesco ha voluto ancora una volta mostrare al mondo che una via di scampo per uscire dalla spirale dell’auto-annientamento messa in moto dalle agenzie economiche del terrore si può cercare solo insieme, e non contro gli altri. E che le religioni sono una risorsa, fonte di pace. Andando insieme contromano rispetto a tutte le strategie miranti a intimidire, umiliare e isolare in maniera indiscriminata anche la moltitudine orante dell’islam.

«Papa Francesco – ha detto domenica ad Assisi Mohammad Sammak, consigliere politico del Gran Muftì del Libano – si è proposto come leader spirituale per tutta l’umanità quando ha detto che non c’è nessuna religione criminale, ma ci sono criminali in tutte le religioni». Il passo in più è la reale collaborazione e responsabilità di ciascuno. «I credenti siano artigiani di pace nell’invocazione a Dio e nell’azione per l’uomo. Noi come capi religiosi siamo tenuti a essere solidi ponti di dialogo, mediatori creativi di pace», ha detto Francesco nel discorso conclusivo dell’incontro interreligioso, esortando ad affrontare anche la grande malattia del nostro tempo: l’indifferenza.

Che non ha esitato a definire – è la prima volta che ne parla così – «il nuovo paganesimo. Tristissimo». A questa si oppone la pace autentica declinata nella sua quadruplice, inedita accezione di perdono, accoglienza, collaborazione ed educazione: «Una chiamata a imparare ogni giorno la difficile arte della comunione, ad acquisire la cultura dell’incontro, purificando la coscienza da ogni tentazione di violenza e di irrigidimento, contrarie al nome di Dio e alla dignità dell’uomo».

Che non si tratti di parole lo hanno di nuovo dimostrato due uomini così diversi come papa Francesco e il patriarca Bartolomeo che ieri si sono ritrovati nuovamente insieme nel cammino dell’unità. Il successore di Pietro e il successore di Andrea hanno come vocazione quella di ricomporre col filo del perdono le Chiese, così che diventino per grazia la tunica «senza cuciture» di Gesù descritta dal Vangelo di Giovanni. E stanno obbedendo a quel comando.

Ma il loro impegno di unità non può più essere visto da una politica spesso totalmente analfabeta del religioso come un’eccezione capace – se mai – solo di impennate profetiche. È vero proprio il contrario. Se il nome di Dio, strumentalizzato da criminali nelle più irrefrenabili violenze, viene invece usato per fare perdono e unità, allora ogni ricucitura è possibile.

Stefania Falasca

© Avvenire, 21 settembre 2016

 

«Indifferenza, paganesimo del nostro tempo»

 

(foto Siciliani)

La prima l’ha accesa papa Francesco. Poi, una dopo l’altra, dalle mani dei principali leader religiosi mondiali, piccole-grandi luci sono sbocciate sul grande candelabro posto sul palco. Sciogliendo le ombre della sera che, inesorabili, scendevano su Assisi. Là donne e uomini di ogni fede si sono stretti l’un l’altro per ribadire l’urgenza della pace.

“Dio ce lo chiede, esortandoci ad affrontare la grande malattia del nostro tempo: l’indifferenza. E’ un virus che paralizza, rende inerti e insensibili, un morbo che intacca il centro stesso della religiosità, ingenerando un nuovo, tristissimo paganesimo: il paganesimo dell’indifferenza”, ha detto un emozionato Francesco al termine della storica giornata, organizzata dalla Comunità di Sant’Egidio, dalla diocesi di Assisi-Nocera Umbra-Gualdo Tadino e dalle Famiglie Francescane. Trent’anni dopo il primo incontro – voluto con determinazione profetica da Giovanni Paolo II -, rappresentanti delle religioni, esponenti del mondo della cultura, credenti e non credenti, sono tornati ad Assisi, “assetati di pace”.

Impossibile sintetizzare la ricchezza della giornata, a cui ha partecipato anche il Papa, arrivato questa mattina da Roma. Dopo gli incontri e il pranzo insieme, nel refettorio del Sacro Convento, le differenti religioni hanno pregato. Poi il momento comune nella piazza antistante alla Basilica di San Francesco. Una cerimonia toccante che ha incluso – a differenza degli altri appuntamenti interreligiosi organizzati ogni anno da Sant’Egidio, sull’onda dello spirito di Assisi – anche una testimone della guerra. Tamara Mikalli, cristiana armena di Aleppo, ha raccontato la follia della guerra.

Poi, hanno parlato Andrea Riccardi, fondatore della Comunità di Sant'Egidio, il Patriarca ecumenico Bartolomeo I, il rabbino David Brodman, il Patriarca del buddismo tendai, Koei Morikawa, il presidente del Consiglio degli ulema, Din Syamsuddin. Quindi il discorso del Papa, prima del minuto di silenzio per le vittime dei conflitti e la lettura dell’appello comune, consegnato a una delegazione di bimbi. Francesco ha ribadito con forza che la violenza è contraria “al nome di Dio e alla dignità dell’uomo”. Per i credenti – di qualunque fede - resta un’unica parola, “Pace, filo di speranza che collega la terra al cielo”, ha dichiarato.

Un filo troppo sottile per tenere saldo tale legame, pensano alcune persone, anche religiose. La risposta a questa “narrazione scettica”, spesso imperante, la dà il popolo di Assisi. Non solo i grandi leader spirituali, che hanno animato le tre giornate. Ma i tanti – in gran parte giovani – dietro la cui testimonianza si nasconde un’invisibile fucina di pace. Che forgia fatti. E costruisce, lontano dai riflettori, pezzi di una nuova umanità. La pace ha il loro volto. E, a dispetto dei cinici, è già all’opera.

Lucia Capuzzi

© Avvenire, 20 settembre 2016

 

Da Assisi l'Appello per la Pace

 

(foto Siciliani)

Un impegno forte, formale, dei leader delle religioni. Un appello ai cuori di tutti, credenti e non solo, affinché la sete di pace si traduca in azioni concrete. Come ogni anno, anche stasera ad Assisi l’incontro di preghiera promosso della Comunità di Sant’Egidio si è chiuso con la firma dell’Appello per la Pace. Questi i passi salienti.

LO SPIRITO CHE CI ANIMA
Realizzare l’incontro nel dialogo
«Da quell’evento storico (il primo incontro per la pace voluto da san Giovanni Paolo II nel 1986, ndr), si è avviato un lungo pellegrinaggio che, toccando molte città del mondo, ha coinvolto tanti credenti nel dialogo e nelle preghiera per la pace; ha unito senza confondere, dando vita a solide amicizia interreligiose e contribuendo a spegnere non pochi conflitti. Questo è lo spirito che ci anima: realizzare l’incontro nel dialogo, opporsi a ogni forma di violenza e abuso della religione per giustificare la guerra e il terrorismo».

LA PACE È IL NOME DI DIO
La guerra in nome della religione diventa una guerra alla religione stessa.
«Riconosciamo la necessità di pregare costantemente per la pace, perché la preghiera protegge il mondo e lo illumina. La pace è il nome di Dio. Chi invoca il nome di Dio per giustificare il terrorismo, la violenza e la guerra, non cammina sulla Sua strada: la guerra in nome della religione diventa una guerra alla religione stessa».

NO ALLA GUERRA!
Imploriamo i Responsabili delle Nazioni
«Diciamo con forza: No alla guerra! Non resti inascoltato il grido di dolore di tanti innocenti. Imploriamo i Responsabili delle Nazioni perché siano disinnescati i moventi delle guerre: l’avidità di potere e denaro, la cupidigia di chi commercia armi, gli interessi di parte, le vendette per il passato».

NULLA È IMPOSSIBILE
Se ci rivolgiamo a Dio nella preghiera
Si apra finalmente un nuovo tempo. Si attui la responsabilità di costruire una pace vera. Nulla è perso, praticando effettivamente il dialogo. Niente è impossibile se ci rivolgiamo a Dio nella preghiera. Tutti possono essere artigiani di pace».

Bartolomeo firma l'Appello per la Pace (Siciliani)

IL TESTO INTEGRALE DELL'APPELLO PER LA PACE DI ASSISI

Uomini e donne di religioni diverse, siamo convenuti, come pellegrini, nella città di San Francesco. Qui, nel 1986, trent’anni fa, su invito di Papa Giovanni Paolo II, si riunirono Rappresentanti religiosi da tutto il mondo, per la prima volta in modo tanto partecipato e solenne, per affermare l’inscindibile legame tra il grande bene della pace e un autentico atteggiamento religioso. Da quell’evento storico, si è avviato un lungo pellegrinaggio che, toccando molte città del mondo, ha coinvolto tanti credenti nel dialogo e nella preghiera per la pace; ha unito senza confondere, dando vita a solide amicizie interreligiose e contribuendo a spegnere non pochi conflitti. Questo è lo spirito che ci anima: realizzare l’incontro nel dialogo, opporsi a ogni forma di violenza e abuso della religione per giustificare la guerra e il terrorismo. Eppure, negli anni trascorsi, ancora tanti popoli sono stati dolorosamente feriti dalla guerra. Non si è sempre compreso che la guerra peggiora il mondo, lasciando un’eredità di dolori e di odi. Tutti, con la guerra, sono perdenti, anche i vincitori.

Abbiamo rivolto la nostra preghiera a Dio, perché doni la pace al mondo. Riconosciamo la necessità di pregare costantemente per la pace, perché la preghiera protegge il mondo e lo illumina. La pace è il nome di Dio. Chi invoca il nome di Dio per giustificare il terrorismo, la violenza e la guerra, non cammina nella Sua strada: la guerra in nome della religione diventa una guerra alla religione stessa. Con ferma convinzione, ribadiamo dunque che la violenza e il terrorismo si oppongono al vero spirito religioso.

Ci siamo posti in ascolto della voce dei poveri, dei bambini, delle giovani generazioni, delle donne e di tanti fratelli e sorelle che soffrono per la guerra; con loro diciamo con forza: No alla guerra! Non resti inascoltato il grido di dolore di tanti innocenti. Imploriamo i Responsabili delle Nazioni perché siano disinnescati i moventi delle guerre: l’avidità di potere e denaro, la cupidigia di chi commercia armi, gli interessi di parte, le vendette per il passato. Aumenti l’impegno concreto per rimuovere le cause soggiacenti ai conflitti: le situazioni di povertà, ingiustizia e disuguaglianza, lo sfruttamento e il disprezzo della vita umana.

Si apra finalmente un nuovo tempo, in cui il mondo globalizzato diventi una famiglia di popoli. Si attui la responsabilità di costruire una pace vera, che sia attenta ai bisogni autentici delle persone e dei popoli, che prevenga i conflitti con la collaborazione, che vinca gli odi e superi le barriere con l’incontro e il dialogo. Nulla è perso, praticando effettivamente il dialogo. Niente è impossibile se ci rivolgiamo a Dio nella preghiera. Tutti possono essere artigiani di pace; da Assisi rinnoviamo con convinzione il nostro impegno ad esserlo, con l’aiuto di Dio, insieme a tutti gli uomini e donne di buona volontà.

Francesco durante la cerimonia per la firma dell'Appello per la Pace (Siciliani)

Umberto Folena

© Avvenire, 20 settembre 2016

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