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Il Papa: no a storie false e distruttive, raccontare il bene che unisce

Nel 54.mo Messaggio per le Comunicazioni Sociali sul tema “Perché tu possa raccontare e fissare nella memoria (Es 10,2) La vita si fa storia”, Francesco si sofferma sul valore del racconto. Dal Papa l’esortazione, quanto mai urgente anche per il mondo cattolico, a vincere la tentazione delle storie distruttive

I racconti “possono aiutarci a capire e a dire chi siamo” perché “l’uomo è un essere narrante” che ha bisogno di “rivestirsi di storie per custodire la propria vita”. Papa Francesco lo sottolinea nel suo Messaggio per la Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali del 2020, pubblicato nell’odierna memoria di San Francesco di Sales, Patrono dei giornalisti. Un Messaggio che, tuttavia, abbraccia un orizzonte ben più ampio della professione giornalistica, come del resto Francesco ci ha abituato fin dal suo primo Messaggio per le Comunicazioni Sociali, quello del 2014, quando ha tracciato un collegamento ideale tra la figura evangelica dal Buon Samaritano e la missione svolta oggi dai “buoni comunicatori”. In un tempo segnato dall’uso strumentale e divisivo della parola, “malattia” da cui non è purtroppo immune il mondo cattolico, il Papa ci ricorda dunque che la comunicazione è autentica se edifica, non se distrugge. Se è “umile” nella “ricerca della verità”, come già sottolineato nell’udienza del maggio scorso ai giornalisti dell’Associazione Stampa Estera. E di fronte al propagarsi di racconti “falsi e malvagi” - fino alla sofisticata aberrazione del deepfake - il Papa incoraggia a far sì che la narrazione parli “di noi e del bello che ci abita” aiutando “a ritrovare le radici e la forza per andare avanti insieme”. Abbiamo bisogno, è la sua esortazione, “di respirare la verità delle storie buone”.

La Sacra Scrittura, una “Storia di storie”

Nel Messaggio viene citato lo storytelling, tecnica sempre più in voga in diversi ambiti dalla pubblicità alla politica, ma il racconto a cui pensa Francesco non segue logiche mondane. Ha un valore più profondo che fa “memoria di ciò che siamo agli occhi di Dio”. Del resto, un’indicazione rivelatrice di ciò che il Papa ritiene essere un modello di narrazione viene già dal tema scelto per il Messaggio: “Perché tu possa raccontare e fissare nella memoria (Es 10,2) La vita si fa storia”. La Sacra Scrittura, annota il Pontefice, è “una Storia di storie” e aggiunge che la Bibbia ci mostra “un Dio che è creatore e nello stesso tempo narratore”. Proprio “attraverso il suo narrare – prosegue – Dio chiama alla vita le cose e, al culmine, crea l’uomo e la donna come suoi liberi interlocutori”. Nell’imminenza della celebrazione della “Prima Domenica della Parola di Dio”, istituita con la Lettera Apostolica Aperuit Illis, Francesco ci invita quindi, anche con questo Messaggio, a farci prossimi alla Sacra Scrittura, a farla nostra, ricordandoci che “la Bibbia è la grande storia d’amore tra Dio e l’umanità”. D’altro canto, come ci insegna il Libro dell’Esodo - da cui è tratto il tema del Messaggio -  apprendiamo che “la conoscenza di Dio si trasmette soprattutto raccontando, di generazione in generazione, come egli continua a farsi presente”. 

La tentazione dei racconti falsi e malvagi

Una parte importante del documento viene dedicata dal Papa alle “storie distruttive” che descrive con parole che ricordano l’immediatezza delle omelie di Santa Marta. Ancora una volta - come già nel Messaggio per le Comunicazioni del 2018 dedicato al fenomeno delle fake news - Francesco mette in guardia dalla tentazione del serpente, narrata nel Libro della Genesi, che “inserisce nella trama della storia un nodo duro da sciogliere”. Il Papa denuncia quelle storie che “ci narcotizzano, convincendoci che per essere felici abbiamo continuamente bisogno di avere, di possedere, di consumare”. E, riprendendo un tema a lui molto caro, stigmatizza l’avidità di “chiacchiere e di pettegolezzi” di cui “quasi non ci accorgiamo” così come la tanta “violenza e falsità” che “consumiamo”. La conseguenza ultima è il diffondersi di “storie distruttive e provocatorie che logorano e spezzano i fili fragili della convivenza”. A rischio è la dignità umana, si legge nel Messaggio, che viene spogliata dalla combinazione di “informazioni non verificate” con la ripetizione di “discorsi banali e falsamente persuasivi” che colpiscono “con proclami di odio”. A tutto questo, chiede di reagire con “coraggio” per respingere tali minacce. In un mondo che sopporta “tante lacerazioni”, Francesco auspica che si possa “riportare alla luce la verità di quel che siamo, anche nell’eroicità ignorata del quotidiano”.

Nessuna storia umana è insignificante agli occhi di Dio

Il Papa rivolge dunque l’attenzione alla storia di Gesù, che mostra come Dio abbia preso a cuore l’uomo e che per Lui “non esistono storie umane insignificanti o piccole”. “Per opera dello Spirito Santo – soggiunge – ogni storia, anche quella più dimenticata” può “rinascere come capolavoro, diventando un’appendice di Vangelo”. Cita alcune storie che hanno “mirabilmente sceneggiato l’incontro tra la libertà di Dio e quella dell’uomo” dalle Confessioni di Agostino a I Fratelli Karamazov. Invita a leggere le storie dei santi e a condividere quelle “storie che profumano di Vangelo” che ciascuno di noi conosce. “Raccontare a Dio la nostra storia non è mai inutile”, ribadisce, perché “nessuno è una comparsa nella scena del mondo e la storia di ognuno è aperta a un possibile cambiamento”. Per questo, annota, “anche quando raccontiamo il male” possiamo riconoscere il bene e “dargli spazio”. Il Messaggio si conclude con una preghiera a Maria affinché possa ascoltare le nostre storie, le possa custodire. Richiamando un’immagine cara a Francesco e presente anche a Casa Santa Marta, chiede alla Vergine di sciogliere “il cumulo di nodi in cui è aggrovigliata la nostra vita”, aiutandoci a “costruire storie di pace e di futuro”.

Alessandro Gisotti

© www.vaticannews.va, venerdì 24 gennaio 2020

 

Il messaggio

 

Desidero dedicare il Messaggio di quest’anno al tema della narrazione, perché credo che per non smarrirci abbiamo bisogno di respirare la verità delle storie buone: storie che edifichino, non che distruggano; storie che aiutino a ritrovare le radici e la forza per andare avanti insieme. Nella confusione delle voci e dei messaggi che ci circondano, abbiamo bisogno di una narrazione umana, che ci parli di noi e del bello che ci abita. Una narrazione che sappia guardare il mondo e gli eventi con tenerezza; che racconti il nostro essere parte di un tessuto vivo; che riveli l’intreccio dei fili coi quali siamo collegati gli uni agli altri.

1. Tessere storie
L’uomo è un essere narrante. Fin da piccoli abbiamo fame di storie come abbiamo fame di cibo. Che siano in forma di fiabe, di romanzi, di film, di canzoni, di notizie…, le storie influenzano la nostra vita, anche se non ne siamo consapevoli. Spesso decidiamo che cosa sia giusto o sbagliato in base ai personaggi e alle storie che abbiamo assimilato. I racconti ci segnano, plasmano le nostre convinzioni e i nostri comportamenti, possono aiutarci a capire e a dire chi siamo.
L’uomo non è solo l’unico essere che ha bisogno di abiti per coprire la propria vulnerabilità (cfr Gen 3,21), ma è anche l’unico che ha bisogno di raccontarsi, di “rivestirsi” di storie per custodire la propria vita. Non tessiamo solo abiti, ma anche racconti: infatti, la capacità umana di “tessere” conduce sia ai tessuti, sia ai testi. Le storie di ogni tempo hanno un “telaio” comune: la struttura prevede degli “eroi”, anche quotidiani, che per inseguire un sogno affrontano situazioni difficili, combattono il male sospinti da una forza che li rende coraggiosi, quella dell’amore. Immergendoci nelle storie, possiamo ritrovare motivazioni eroiche per affrontare le sfide della vita.
L’uomo è un essere narrante perché è un essere in divenire, che si scopre e si arricchisce nelle trame dei suoi giorni. Ma, fin dagli inizi, il nostro racconto è minacciato: nella storia serpeggia il male.

2. Non tutte le storie sono buone
«Se mangerai, diventerai come Dio» (cfr Gen 3,4): la tentazione del serpente inserisce nella trama della storia un nodo duro da sciogliere. “Se possederai, diventerai, raggiungerai…”, sussurra ancora oggi chi si serve del cosiddetto storytelling per scopi strumentali. Quante storie ci narcotizzano, convincendoci che per essere felici abbiamo continuamente bisogno di avere, di possedere, di consumare. Quasi non ci accorgiamo di quanto diventiamo avidi di chiacchiere e di pettegolezzi, di quanta violenza e falsità consumiamo. Spesso sui telai della comunicazione, anziché racconti costruttivi, che sono un collante dei legami sociali e del tessuto culturale, si producono storie distruttive e provocatorie, che logorano e spezzano i fili fragili della convivenza. Mettendo insieme informazioni non verificate, ripetendo discorsi banali e falsamente persuasivi, colpendo con proclami di odio, non si tesse la storia umana, ma si spoglia l’uomo di dignità.
Ma mentre le storie usate a fini strumentali e di potere hanno vita breve, una buona storia è in grado di travalicare i confini dello spazio e del tempo. A distanza di secoli rimane attuale, perché nutre la vita.
In un’epoca in cui la falsificazione si rivela sempre più sofisticata, raggiungendo livelli esponenziali (il deepfake), abbiamo bisogno di sapienza per accogliere e creare racconti belli, veri e buoni. Abbiamo bisogno di coraggio per respingere quelli falsi e malvagi. Abbiamo bisogno di pazienza e discernimento per riscoprire storie che ci aiutino a non perdere il filo tra le tante lacerazioni dell’oggi; storie che riportino alla luce la verità di quel che siamo, anche nell’eroicità ignorata del quotidiano.

3. La Storia delle storie
La Sacra Scrittura è una Storia di storie. Quante vicende, popoli, persone ci presenta! Essa ci mostra fin dall’inizio un Dio che è creatore e nello stesso tempo narratore. Egli infatti pronuncia la sua Parola e le cose esistono (cfr Gen 1). Attraverso il suo narrare Dio chiama alla vita le cose e, al culmine, crea l’uomo e la donna come suoi liberi interlocutori, generatori di storia insieme a Lui. In un Salmo, la creatura racconta al Creatore: «Sei tu che hai formato i miei reni e mi hai tessuto nel seno di mia madre. Io ti rendo grazie: hai fatto di me una meraviglia stupenda […]. Non ti erano nascoste le mie ossa, quando venivo formato nel segreto, ricamato nelle profondità della terra» (139,13-15). Non siamo nati compiuti, ma abbiamo bisogno di essere costantemente “tessuti” e “ricamati”. La vita ci è stata donata come invito a continuare a tessere quella “meraviglia stupenda” che siamo In questo senso la Bibbia è la grande storia d’amore tra Dio e l’umanità. Al centro c’è Gesù: la sua storia porta a compimento l’amore di Dio per l’uomo e al tempo stesso la storia d’amore dell’uomo per Dio. L’uomo sarà così chiamato, di generazione in generazione, a raccontare e fissare nella memoria gli episodi più significativi di questa Storia di storie, quelli capaci di comunicare il senso di ciò che è accaduto.
Il titolo di questo Messaggio è tratto dal libro dell’Esodo, racconto biblico fondamentale che vede Dio intervenire nella storia del suo popolo. Infatti, quando i figli d’Israele schiavizzati gridano a Lui, Dio ascolta e si ricorda: «Dio si ricordò della sua alleanza con Abramo, Isacco e Giacobbe. Dio guardò la condizione degli Israeliti, Dio se ne diede pensiero» (Es 2,24-25). Dalla memoria di Dio scaturisce la liberazione dall’oppressione, che avviene attraverso segni e prodigi. È a questo punto che il Signore consegna a Mosè il senso di tutti questi segni: «perché tu possa raccontare e fissare nella memoria di tuo figlio e del figlio di tuo figlio i segni che ho compiuti: così saprete che io sono il Signore!» (Es 10,2). L’esperienza dell’Esodo ci insegna che la conoscenza di Dio si trasmette soprattutto raccontando, di generazione in generazione, come Egli continua a farsi presente. Il Dio della vita si comunica raccontando la vita.
Gesù stesso parlava di Dio non con discorsi astratti, ma con le parabole, brevi narrazioni, tratte dalla vita di tutti i giorni. Qui la vita si fa storia e poi, per l’ascoltatore, la storia si fa vita: quella narrazione entra nella vita di chi l’ascolta e la trasforma.
Anche i Vangeli, non a caso, sono dei racconti. Mentre ci informano su Gesù, ci “performano”[1] a Gesù, ci conformano a Lui: il Vangelo chiede al lettore di partecipare alla stessa fede per condividere la stessa vita. Il Vangelo di Giovanni ci dice che il Narratore per eccellenza – il Verbo, la Parola – si è fatto narrazione: «Il Figlio unigenito, che è Dio ed è nel seno del Padre, è lui che lo ha raccontato» (Gv 1,18). Ho usato il termine “raccontato” perché l’originale exeghésato può essere tradotto sia “rivelato” sia “raccontato”. Dio si è personalmente intessuto nella nostra umanità, dandoci così un nuovo modo di tessere le nostre storie.

4. Una storia che si rinnova
La storia di Cristo non è un patrimonio del passato, è la nostra storia, sempre attuale. Essa ci mostra che Dio ha preso a cuore l’uomo, la nostra carne, la nostra storia, fino a farsi uomo, carne e storia. Ci dice pure che non esistono storie umane insignificanti o piccole. Dopo che Dio si è fatto storia, ogni storia umana è, in un certo senso, storia divina. Nella storia di ogni uomo il Padre rivede la storia del suo Figlio sceso in terra. Ogni storia umana ha una dignità insopprimibile. Perciò l’umanità merita racconti che siano alla sua altezza, a quell’altezza vertiginosa e affascinante alla quale Gesù l’ha elevata.
«Voi – scriveva San Paolo – siete una lettera di Cristo scritta non con inchiostro, ma con lo Spirito del Dio vivente, non su tavole di pietra, ma su tavole di cuori umani» (2 Cor 3,3). Lo Spirito Santo, l’amore di Dio, scrive in noi. E scrivendoci dentro fissa in noi il bene, ce lo ricorda. Ri-cordare significa infatti portare al cuore, “scrivere” sul cuore. Per opera dello Spirito Santo ogni storia, anche quella più dimenticata, anche quella che sembra scritta sulle righe più storte, può diventare ispirata, può rinascere come capolavoro, diventando un’appendice di Vangelo. Come le Confessioni di Agostino. Come il Racconto del Pellegrino di Ignazio. Come la Storia di un’anima di Teresina di Gesù Bambino. Come i Promessi Sposi, come I fratelli Karamazov. Come innumerevoli altre storie, che hanno mirabilmente sceneggiato l’incontro tra la libertà di Dio e quella dell’uomo. Ciascuno di noi conosce diverse storie che profumano di Vangelo, che hanno testimoniato l’Amore che trasforma la vita. Queste storie reclamano di essere condivise, raccontate, fatte vivere in ogni tempo, con ogni linguaggio, con ogni mezzo.

5. Una storia che ci rinnova
In ogni grande racconto entra in gioco il nostro racconto. Mentre leggiamo la Scrittura, le storie dei santi, e anche quei testi che hanno saputo leggere l’anima dell’uomo e portarne alla luce la bellezza, lo Spirito Santo è libero di scrivere nel nostro cuore, rinnovando in noi la memoria di quello che siamo agli occhi di Dio. Quando facciamo memoria dell’amore che ci ha creati e salvati, quando immettiamo amore nelle nostre storie quotidiane, quando tessiamo di misericordia le trame dei nostri giorni, allora voltiamo pagina. Non rimaniamo più annodati ai rimpianti e alle tristezze, legati a una memoria malata che ci imprigiona il cuore ma, aprendoci agli altri, ci apriamo alla visione stessa del Narratore. Raccontare a Dio la nostra storia non è mai inutile: anche se la cronaca degli eventi rimane invariata, cambiano il senso e la prospettiva. Raccontarsi al Signore è entrare nel suo sguardo di amore compassionevole verso di noi e verso gli altri. A Lui possiamo narrare le storie che viviamo, portare le persone, affidare le situazioni. Con Lui possiamo riannodare il tessuto della vita, ricucendo le rotture e gli strappi. Quanto ne abbiamo bisogno, tutti!
Con lo sguardo del Narratore – l’unico che ha il punto di vista finale – ci avviciniamo poi ai protagonisti, ai nostri fratelli e sorelle, attori accanto a noi della storia di oggi. Sì, perché nessuno è una comparsa nella scena del mondo e la storia di ognuno è aperta a un possibile cambiamento. Anche quando raccontiamo il male, possiamo imparare a lasciare lo spazio alla redenzione, possiamo riconoscere in mezzo al male anche il dinamismo del bene e dargli spazio.
Non si tratta perciò di inseguire le logiche dello storytelling, né di fare o farsi pubblicità, ma di fare memoria di ciò che siamo agli occhi di Dio, di testimoniare ciò che lo Spirito scrive nei cuori, di rivelare a ciascuno che la sua storia contiene meraviglie stupende. Per poterlo fare, affidiamoci a una donna che ha tessuto l’umanità di Dio nel grembo e, dice il Vangelo, ha tessuto insieme tutto quanto le avveniva. La Vergine Maria tutto infatti ha custodito, meditandolo nel cuore (cfr Lc 2,19). Chiediamo aiuto a lei, che ha saputo sciogliere i nodi della vita con la forza mite dell’amore:
O Maria, donna e madre, tu hai tessuto nel grembo la Parola divina, tu hai narrato con la tua vita le opere magnifiche di Dio. Ascolta le nostre storie, custodiscile nel tuo cuore e fai tue anche quelle storie che nessuno vuole ascoltare. Insegnaci a riconoscere il filo buono che guida la storia. Guarda il cumulo di nodi in cui si è aggrovigliata la nostra vita, paralizzando la nostra memoria. Dalle tue mani delicate ogni nodo può essere sciolto. Donna dello Spirito, madre della fiducia, ispira anche noi. Aiutaci a costruire storie di pace, storie di futuro. E indicaci la via per percorrerle insieme.

 

Roma, presso San Giovanni in Laterano, 24 gennaio 2020,
Memoria di San Francesco di Sales
Franciscus
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