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Il Papa: per vedere Dio bisogna liberare il cuore dai suoi inganni

E’ sulla sesta Beatitudine che si concentra stamani la catechesi del Papa all’udienza generale tenuta nella Biblioteca del Palazzo Apostolico per le misure di contrasto alla pandemia da coronavirus

La battaglia che l’uomo deve affrontare è quella che avviene nel cuore che deve essere liberato dai suoi inganni. Lo ricorda Papa Francesco nella catechesi dell’udienza generale, che dall’11 marzo scorso tiene dalla Biblioteca del Palazzo Apostolico per l’emergenza da coronavirus. Proseguendo il ciclo di catechesi sulle Beatitudini, il Papa si sofferma oggi sulla sesta e quindi sulla purezza del cuore come condizione per vedere Dio. Cercare il volto di Dio signifca infatti desiderare una relazione non meccanica ma personale, come la stessa vicenda di Giobbe manifesta: prima la conoscenza è per sentito dire, poi, alla fine, lo conosciamo direttamente se siamo fedeli.

Come per i discepoli di Emmaus, l’origine della “cecità” è un cuore stolto e lento e quando è così, dice, "si vedono le cose come annuvolate". Il Signore schiuderà poi il loro sguardo al termine di un cammino che culmina con la frazione del pane. “Dio è più intimo di me stesso”, diceva Sant’Agostino, a cui il Papa si richiama per indicare la rotta per poter contemplare Dio: entrare dentro di noi e fargli spazio.

Per vedere Dio non serve cambiare occhiali o punto di osservazione, o cambiare autori teologici che mi insegnino il cammino: bisogna liberare il cuore dai suoi inganni! Questa strada è l’unica. Questa è una maturazione decisiva: quando ci rendiamo conto che il nostro peggior nemico, spesso, è nascosto nel nostro cuore. La battaglia più nobile è quella contro gli inganni interiori che generano i nostri peccati. Perché i peccati cambiano la visione interiore, cambiano la valutazione delle cose, ti fanno vedere cose che non sono vere, o almeno che non sono così vere.

Per capire quindi cosa sia la “purezza del cuore” il Papa si rifà alla concezione biblica del cuore che non consiste solo nei sentimenti ma nel “luogo più intimo dell’essere umano”. Il puro di cuore è quindi una persona alla presenza del Signore e possiede una vita “unificata”, non tortuosa. E questo è frutto di un processo che implica “una liberazione e una rinuncia”. Il puro di cuore, quindi, “non nasce tale” ma ha imparato a “rinnegare in sé il male”, un processo che nella Bibbia si chiama “circoncisione del cuore”. Si tratta di una purificazione interiore che implica il riconoscimento di quella parte del cuore che è sotto l’influsso del male per imparare invece a farsi condurre dallo Spirito Santo e attraverso questo cammino del cuore arrivare a “vedere Dio”.

Il cammino, la strada dal cuore malato, dal cuore peccatore, dal cuore che non può vedere bene le cose perché è messo nei peccati, tante cose, alla pienezza della luce del cuore è opera dello Spirito Santo. E’ lui che ci guida a fare questo cammino.

In questa visione beatifica c'è una dimensione futura, la gioia del Regno dei cieli, ma anche un'altra:

Vedere Dio vuol dire intendere i disegni della Provvidenza in quel che ci accade, riconoscere la sua presenza nei Sacramenti, nei fratelli, soprattutto poveri e sofferenti, e riconoscerlo dove Lui si manifesta.

Così, nel solco delle Beatitudini, inizia un camino di liberazione che dura tutta la vita, un lavoro serio che fa lo Spirito Santo se gli diamo spazio, un’opera di Dio in noi anche nelle prove e nelle purificazioni. "Non abbiamo paura - conclude - apriamo le porte del nostro cuore allo Spirito Santo perché ci purifichi e ci porti avanti in questo cammino verso la gioia piena". 

Debora Donnini – Città del Vaticano

© www.vaticannews.va, mercoledì 1 aprile 2020