Arcivescovo

S.E. Giuseppe

Satriano

IN AGENDA

Il Papa: «Solo nel dono la nostra vita porta frutto»

Papa Francesco ha celebrato ieri sera la Messa del Corpus Domini sul sagrato della Basilica di San Giovanni in Laterano. Nell'omelia riferimenti alla solidarietà: quel poco che siamo, se condiviso, diventa ricchezza. Al termine la processione a piedi verso Santa Maria Maggiore.

In piedi, gli occhi fissi sulla folla, nel silenzio di Piazza San Giovanni – per una sera sottratta al vorticoso traffico romano e trasformata in tempio a cielo aperto – il Papa pone le sue domande sull’Eucaristia. «Come seguo io Gesù? Mi lascio trasformare da Lui? Come vivo l’Eucaristia?». Poi rivolge il suo appello: «Nella Chiesa e nella società non dobbiamo avere paura della solidarietà» e non dobbiamo pensare solo a noi stessi. Domande e affermazioni dirette, quasi come se si trovasse davanti a un ristretto gruppo di fedeli in parrocchia. E invece tutto intorno all’altare ci sono decine di migliaia di persone, arrivate da tutta Roma per la solennità del Corpus Domini. Prima la Messa, celebrata sul sagrato della Cattedrale di Roma, poi la tradizionale processione fino a Santa Maria Maggiore, che il Papa segue a piedi e alla quale prende parte una folla strabocchevole, che si stringe intorno all’Eucaristia in una intensa adorazione itinerante.

«Sequela, comunione, condivisione», sono le parole chiave dell’omelia pronunciata dal Papa. E trovano un puntuale riscontro non solo nel suo discorso, ma anche in tutto lo svolgimento del tradizionale appuntamento, presenti il cardinale vicario, Agostino Vallini, il segretario di Stato, cardinale Tarcisio Bertone, numerosi porporati e vescovi e tanti sacerdoti. Il servizio liturgico viene svolto dai seminaristi dei Legionari di Cristo.

Francesco comincia proprio dalla sequela di Gesù, simboleggiata dalla processione. E paragona i fedeli romani alla folla che beneficiò della moltiplicazione dei pani e dei pesci. Quindi afferma: «Gesù parla in silenzio nel Mistero dell’Eucaristia e ogni volta ci ricorda che seguirlo vuol dire uscire da noi stessi e fare della nostra vita non un nostro possesso, ma un dono a Lui e agli altri». Questa è la logica di Dio. Nel famoso episodio evangelico, invece, i discepoli propongono una soluzione diametralmente opposta. «Ognuno pensi a se stesso; congedare la folla. Quante volte –– sottolinea il Papa – noi cristiani abbiamo questa tentazione. Non ci facciamo carico delle necessità degli altri, congedandoli con un pietoso "Che Dio ti aiuti" o con un non tanto pietoso "Buona Fortuna". E se non ti vedo più...». Gesù dice invece: «Voi stessi date loro da mangiare». «L’Eucaristia – annota il Papa – è il Sacramento della comunione, che ci fa uscire dall’individualismo per vivere insieme la sequela, la fede in Lui. Allora dovremmo chiederci tutti davanti al Signore: come vivo io l’Eucaristia? La vivo in modo anonimo o come momento di vera comunione con il Signore, ma anche con tanti fratelli e sorelle che condividono questa stessa mensa? Come sono le nostre celebrazioni eucaristiche?». E ancora: «Lascio che il Signore che si dona a me, mi guidi a uscire sempre di più dal mio piccolo recinto per uscire e non aver paura di donare, di condividere, di amare Lui e gli altri?».
Infine Francesco mette l’accento sulla distribuzione dei pani e dei pesci alla folla. Operata proprio dai discepoli, che si erano «fidati della parola di Gesù». «Questo ci dice – spiega il Pontefice – che nella Chiesa, ma anche nella società, una parola chiave di cui non dobbiamo avere paura è “solidarietà”, saper mettere, cioè, a disposizione di Dio quello che abbiamo, le nostre umili capacità, perché solo nella condivisione, nel dono, la nostra vita sarà feconda, porterà frutto. Solidarietà: una parola malvista dallo spirito mondano».
Nella festa del Corpus Domini, insomma, «anche noi sperimentiamo la “solidarietà di Dio” con l’uomo, una solidarietà che mai si esaurisce, una solidarietà che non finisce di stupirci». Cristo ci dà «la sua vita, che vince il male, l’egoismo, la morte». E dunque, aggiunge il Papa, proprio «nell’Eucaristia il Signore ci fa percorrere la sua strada, quella del servizio, della condivisione, del dono, e quel poco che abbiamo, quel poco che siamo, se condiviso, diventa ricchezza, perché la potenza di Dio, che è quella dell’amore, scende nella nostra povertà per trasformarla».

Sequela, comunione, condivisione. Quando al termine della Messa, al canto del Pange Lingua parte la processione, il colpo d’occhio concretizza chiaramente le tre parole chiave dell’omelia papale. I fedeli sfilano in silenzio con le fiaccole in mano. Ma tutti gli occhi sono rivolti all’ostensorio con l’Ostia consacrata, posto su un veicolo appositamente predisposto, dietro il quale Francesco si fa pellegrino, insieme con gli altri fedeli. A poco a poco via Merulana diventa un fiume luminoso che sfocia sul Sagrato di Santa Maria Maggiore. La processione ha così il suo culmine e si conclude con un momento di adorazione, prima della benedizione finale. Preludio dell’adorazione in contemporanea mondiale che si svolgerà domenica prossima in San Pietro e in tutte le Cattedrali del mondo.

Mimmo Muolo

© Avvenire, 30 maggio 2013

 

Il testo dell'Omelia

 

 

 

«Quel poco che siamo, se condiviso, diventa ricchezza»​

Cari fratelli e sorelle,
nel Vangelo che abbiamo ascoltato, c’è un’espressione di Gesù che mi colpisce sempre: «Voi stessi date loro da mangiare» (Lc 9,13). Partendo da questa frase, mi lascio guidare da tre parole: sequela, comunione, condivisione.

1. Anzitutto: chi sono coloro a cui dare da mangiare? La risposta la troviamo all’inizio del brano evangelico: è la folla, la moltitudine. Gesù sta in mezzo alla gente, l’accoglie, le parla, la cura, le mostra la misericordia di Dio; in mezzo ad essa sceglie i Dodici Apostoli per stare con Lui e immergersi come Lui nelle situazioni concrete del mondo. E la gente lo segue, lo ascolta, perché Gesù parla e agisce in modo nuovo, con l’autorità di chi è autentico e coerente, di chi parla e agisce con verità, di chi dona la speranza che viene da Dio, di chi è rivelazione del Volto di un Dio che è amore. E la gente, con gioia, benedice Dio. Questa sera noi siamo la folla del Vangelo, anche noi cerchiamo di seguire Gesù per ascoltarlo, per entrare in comunione con Lui nell’Eucaristia, per accompagnarlo e perché ci accompagni. Chiediamoci: come seguo io Gesù? Gesù parla in silenzio nel Mistero dell’Eucaristia e ogni volta ci ricorda che seguirlo vuol dire uscire da noi stessi e fare della nostra vita non un nostro possesso, ma un dono a Lui e agli altri.

2. Facciamo un passo avanti: da dove nasce l’invito che Gesù fa ai discepoli di sfamare essi stessi la moltitudine? Nasce da due elementi: anzitutto dalla folla che, seguendo Gesù, si trova all’aperto, lontano dai luoghi abitati, mentre si fa sera, e poi dalla preoccupazione dei discepoli che chiedono a Gesù di congedare la folla perché vada nei paesi vicini a trovare cibo e alloggio (cfr Lc 9,12). Di fronte alla necessità della folla, ecco la soluzione dei discepoli: ognuno pensi a se stesso; congedare la folla! Quante volte noi cristiani abbiamo questa tentazione! Non ci facciamo carico delle necessità degli altri, congedandoli con un pietoso: “Che Dio ti aiuti”. Ma la soluzione di Gesù va in un’altra direzione, una direzione che sorprende i discepoli: «Voi stessi date loro da mangiare». Ma come è possibile che siamo noi a dare da mangiare ad una moltitudine? «Non abbiamo che cinque pani e due pesci, a meno che non andiamo noi a comprare viveri per tutta questa gente». Ma Gesù non si scoraggia: chiede ai discepoli di far sedere la gente in comunità di cinquanta persone, alza gli occhi al cielo, recita la benedizione, spezza i pani e li dà ai discepoli perché li distribuiscano. È un momento di profonda comunione: la folla dissetata dalla parola del Signore, è ora nutrita dal suo pane di vita. E tutti ne furono saziati, annota l’Evangelista.
Questa sera, anche noi siamo attorno alla mensa del Signore, alla mensa del Sacrificio eucaristico, in cui Egli ci dona ancora una volta il suo corpo, rende presente l’unico sacrificio della Croce. E’ nell’ascoltare la sua Parola, nel nutrirci del suo Corpo e del suo Sangue, che Egli ci fa passare dall’essere moltitudine all’essere comunità, dall’anonimato alla comunione. L’Eucaristia è il Sacramento della comunione, che ci fa uscire dall’individualismo per vivere insieme la sequela, la fede in Lui. Allora dovremmo chiederci tutti davanti al Signore: come vivo io l’Eucaristia? La vivo in modo anonimo o come momento di vera comunione con il Signore, ma anche con tanti fratelli e sorelle che condividono questa stessa mensa? Come sono le nostre celebrazioni eucaristiche?

3. Un ultimo elemento: da dove nasce la moltiplicazione dei pani? La risposta sta nell’invito di Gesù ai discepoli «Voi stessi date…», “dare”, condividere. Che cosa condividono i discepoli? Quel poco che hanno: cinque pani e due pesci. Ma sono proprio quei pani e quei pesci che nelle mani del Signore sfamano tutta la folla. E sono proprio i discepoli smarriti di fronte all’incapacità dei loro mezzi, alla povertà di quello che possono mettere a disposizione, a far accomodare la gente e a distribuire – fidandosi della parola di Gesù - i pani e pesci che sfamano la folla. E questo ci dice che nella Chiesa, ma anche nella società, una parola chiave di cui non dobbiamo avere paura è “solidarietà”, saper mettere, cioè, a disposizione di Dio quello che abbiamo, le nostre umili capacità, perché solo nella condivisione, nel dono, la nostra vita sarà feconda, porterà frutto. Solidarietà: una parola malvista dallo spirito mondano!

Questa sera, ancora una volta, il Signore distribuisce per noi il pane che è il suo Corpo, si fa dono. E anche noi sperimentiamo la “solidarietà di Dio” con l’uomo, una solidarietà che mai si esaurisce, una solidarietà che non finisce di stupirci: Dio si fa vicino a noi, nel sacrificio della Croce si abbassa entrando nel buio della morte per darci la sua vita, che vince il male, l’egoismo, la morte. Gesù anche questa sera si dona a noi nell’Eucaristia, condivide il nostro stesso cammino, anzi si fa cibo, il vero cibo che sostiene la nostra vita anche nei momenti in cui la strada si fa dura, gli ostacoli rallentano i nostri passi. E nell’Eucaristia il Signore ci fa percorrere la sua strada, quella del servizio, della condivisione, del dono, e quel poco che abbiamo, quel poco che siamo, se condiviso, diventa ricchezza, perché la potenza di Dio, che è quella dell’amore, scende nella nostra povertà per trasformarla.

Chiediamoci allora questa sera, adorando il Cristo presente realmente nell’Eucaristia: mi lascio trasformare da Lui? Lascio che il Signore che si dona a me, mi guidi a uscire sempre di più dal mio piccolo recinto per uscire e non aver paura di donare, di condividere, di amare Lui e gli altri?

Sequela, comunione, condivisione. Preghiamo perché la partecipazione all’Eucaristia ci provochi sempre: a seguire il Signore ogni giorno, ad essere strumenti di comunione, a condividere con Lui e con il nostro prossimo quello che siamo. Allora la nostra esistenza sarà veramente feconda. Amen.

Papa Francesco

© Avvenire, 30 maggio 2013

Prossimi eventi