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Il ruolo dei padrini. Don Gentili: «Devono aiutare, non sostituire i genitori»

Il direttore dell'Ufficio Cei per la famiglia: rimodulare la funzione di madrine e padrini è un'opportunità per ridefinire il coinvolgimento degli adulti nei cammini di iniziazione ai Sacramenti

Non si tratta di cancellare un ruolo, ma rivederlo alla luce dei tempi e di tornare all’essenzialità del suo significato». Don Paolo Gentili, direttore dell’Ufficio nazionale Cei per la pastorale della famiglia, non si dice sorpreso per la decisione presa dal vescovo di Melfi-Rapolla-Venosa. E neppure per quella che sta per essere varata dall’arcivescovo di Rossano-Cariati. Il problema, incontrando decine e decine di comunità da Nord a Sud – soprattutto in questi mesi che lo vedono impegnato nella presentazione dell’Esortazione post sinodale Amoris laetitia – gli è ben noto. Una riflessione che coinvolge da una parte il ruolo dei genitori e, dall’altra quello di padrini e madrine.

«Non è un mistero che oggi le famiglie siano alle prese con difficoltà crescenti per individuare chi possa accompagnare i figli nella preparazione ai sacramenti, assumendo un ruolo di testimone e di esempio. E non va neppure ignorato – osserva don Gentili – che anche i genitori spesso facciano fatica a cogliere la rilevanza di questo momento, rimanendo talvolta un po’ in disparte». Rivedere allora la funzione dei padrini, soprattutto in occasione di Battesimo e Cresima, può diventare uno spunto per guardare da prospettive nuove i cammini di iniziazione cristiana. E per analizzare come ridare spessore educativo sia alla presenza della famiglia, sia a quello della comunità di cui padrini e madrine dovrebbero essere espressione. Il Catechismo a questo proposito parla chiaro: «Perché la grazia battesimale possa svilupparsi – si legge al n. 1225 – è importante pure il ruolo del padrino e della madrina, che devono essere dei credenti solidi, capaci e pronti a sostenere nel cammino della vita cristiana il neo-battezzato, il loro compito è una vera funzione ecclesiale». Una funzione che si configura come aiuto, affiancamento e sostegno al compito – che rimane primario – di mamme e papà.

«Per questo – riprende il direttore dell’Ufficio famiglia – ha poco senso l’abitudine, purtroppo diffusa, di investire della funzione i nonni. Non perché non ne siano capaci. Anzi, quasi sempre si tratta di persone che dal punto di vista della coerenza nella fede risultano esemplari. Ma i nonni sono già naturalmente e fattivamente i primi collaboratori dei genitori. Padrini e madrine dovrebbero invece andare ad aggiungersi alle risorse di cui già la famiglia dispone». Il problema comincia quando, nella rete di parenti e di amici, queste persone non possono essere individuate e si propongono quindi, più o meno consapevolmente, soluzioni che risultano stridenti con quanto indicato da Catechismo, Codice di diritto canonico e anche dal buon senso. «Giusto allora – conclude don Gentili – che la comunità assolva i suoi compiti, incaricandosi di offrire le opportunità di cui dispone. Meglio dare spazio ai catechisti, piuttosto che vedere nel ruolo di padrini persone che non possono offrire alcun contributo spirituale nella crescita spirituale di bambini e ragazzi».

Luciano Moia

© Avvenire, mercoledì 1 febbraio 2017

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