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Il vescovo venuto col barcone

Tre notizie di questi giorni ribaltano tanti luoghi comuni sull'immigrazione. E ci ricordano che fin dall'inizio il Vangelo ha viaggiato coi migranti

barcone.jpgParliamo spesso, anche su questo blog, del tema dell'immigrazione. Ma ho l'impressione che restringere la prospettiva al caso italiano (e - ancora di più - alle polemiche sbracate di questa fine campagna elettorale per le amministrative) non aiuti a cogliere che cosa sia davvero oggi il fenomeno delle migrazioni. E quanto i cristiani stessi siano migranti nel mondo di oggi.

Oggi allora vorrei mettere in fila tre notizie che mi è capitato di leggere in questi ultimi giorni e che vanno precisamente in questa direzione. La prima viene dall'Australia: qualche giorno fa il Papa ha nominato un ex profugo come vescovo ausiliare di Melbourne. Si chiama Vincent Long Van Nguyen, è un frate minore convenutale di origine vietnamita. Nato a Saigon nel 1961, in Australia ci arrivò nel 1981 nella stagione dei boat people, quando i vietnamiti del sud prendevano la via del mare per fuggire dal regime comunista. Ancora oggi gli australiani di origine vietnamita sono circa 170 mila, di cui il trenta per cento sono cattolici. Proprio a Melbourne il giovane Long Van Nguyen, allora ventenne, ha scelto di abbracciare la vita religiosa ed è stato ordinato sacerdote. Un vescovo arrivato sui barconi: credo che sia un'immagine interessante di questi tempi. Testimonianza di come ci possa essere una chiamata di Dio anche dentro quel desiderio di una vita nuova e più dignitosa, che spinge tanti nostri fratelli oggi a lasciarsi tutto alle spalle in mezzo a mille pericoli. Tra l'altro la nomina del vescovo Van Nguyen è un sostegno chiaro anche alle prese di posizione dei vescovi dell'Australia che sono molto chiare rispetto alla tentazione dell'Australia - Paese di immigrati - di chiudersi di fronte alle nuove migrazioni.

La seconda notizia viene invece da Israele ed è legata a un dramma nascosto dell'immigrazione. E anche qui chiama in causa i cristiani. Perché c'è una mamma filippina che per una legge disumana sta rischiando di essere separata da un figlio di un anno perché immigrata clandestina. Evelyn Belseng, 38 anni, ex badante, ha avuto un figlio con un israeliano, che però nel frattempo sfortunatamente è morto: il risultato è che suo figlio è cittadino israeliano; lei, invece, essendo scaduto il suo permesso di soggiorno, è considerata una clandestina. Questo nonostante i nonni paterni stiano facendo di tutto per risolvere la situazione e far sì che possa rimanere in Israele (chi vuole leggere i dettagli può leggere questo articolo). Conosco abbastanza bene la situazione dei 50 mila filippini immigrati per motivo di lavoro in Israele ed è davvero una condizione di nuova schiavitù: la legge postula che la loro presenza sia provvisoria (servono a rimpiazzare la manodopera palestinese, ma non devono andare a intaccare l'ebraicità dello Stato) e in nome di questo arriva a negarne il diritto di famiglia. Secondo me questo è il dramma più nascosto del conflitto israelo-palestinese, il volto di cui non parla mai nessuno. Eppure nel mondo di oggi, in un Paese che ama definirsi l'unica vera democrazia del Medio Oriente, succede anche questo. E mi chiedo allora come mai un fatto così grave, legato a una discriminazione che è in maniera molto evidente di tipo etnico-religioso, non sia citata mai tra le violenze contro i cristiani? Forse che le violenze contro i cristiani migranti contano meno rispetto a tutte le altre?

Infine una notizia positiva, che viene da un altro angolo del Medio Oriente. Domenica 15 maggio il patriarca di Gerusalemme Fouad Twal ha posto la prima pietra di una nuova chiesa nella città di Aqaba in Giordania. Sarà la prima chiesa cattolica che sorgerà in questa città sul Mar Rosso in grande espansione. E anche qui la ragione principale che ha portato a costruire la chiesa sono i migranti: le centinaia di lavoratori cristiani attirate qui dallo sviluppo di questo centro. Non a caso la parrocchia sarà intitolata a Maria Stella Maris. Il che ci ricorda due cose: 1) che quando è un criterio e non una bandiera da sventolare, la reciprocità funziona. E così - al di là di quanto sostiene la vulgata corrente - si riesce a costruire le chiese almeno in alcuni Paesi musulmani (e in questo caso persino con tanto di governanti che intervengono alla cerimonia della posa della prima pietra); 2) che il Vangelo fin dai suoi inizi ha viaggiato insieme ai migranti; nella storia dell'umanità - infatti - le migrazioni sono sempre state un grande "luogo" che ha costruito l'identità dei popoli.

Tre notizie di questi giorni. A cui - uscendo dai luoghi comuni più facili - se ne potrebbero aggiungere anche tante altre. Perché non proviamo a ragionare anche così su questo grande fenomeno che attraversa il mondo di oggi?

Giorgio Bernardelli

© www.vinonuovo.it, 25 maggio 2011