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In terra di Polonia contro il disumanesimo

I giovani di tutto il mondo e papa Francesco stanno inviando un messaggio: un nuovo umanesimo è possibile contro il dolore, la tristezza e le tragedie di fatti come quelli accaduti a Parigi, Nizza e Monaco, ma soprattutto davanti all’orrore dell’industria della morte

La terra di Polonia è lo scenario perfetto per lanciare un messaggio di pace. Non solo perché questa terra ha dato i natali a san Giovanni Paolo II ma perché tra le pieghe delle sue drammatiche vicende racconta la storia di tutta l’Europa. Papa Francesco e i ragazzi di nazionalità diverse hanno fatto visita ad Auschwitz-Birkenau e hanno toccato con mano il punto più basso raggiunto dall’umanità: i campi di sterminio nazisti. Qui furono deportati ebrei, zingari, omosessuali, disabili, preti, suore, padri di famiglia, donne e bambini. Milioni di loro non fecero più ritorno.

Altri raccontarono quello che poi emerse durante il processo di Norimberga contro i gerarchi di Hitler. Basta leggere “Il Diario” di Anna Frank, “Se questo è un uomo” di Primo Levi oppure “La banalità del male” di Hanna Arendt e “Disumanesimo” di Igino Giordani per capire in quale orrore può catapultarsi l’umanità. In terra polacca furono imprigionati migliaia di italiani che si rifiutarono dopo l’8 settembre 1943 di combattere a fianco dei nazi-fascisti. Giovannino Guareschi fa comprendere cosa accadde a oltre 600mila Imi (Internati militari italiani) in “Diario clandestino 1943-1945”.

Una “resistenza” pagata con il lavoro coatto, la fame, la fucilazione. In Polonia fu anche siglato il Patto di Varsavia nel 1955 in contrapposizione al Patto Atlantico del 1949 contribuendo ad acuire sempre di più la divisione del mondo in due blocchi contrapposti. Da questa morsa se ne uscì con il crollo del Muro di Berlino nel 1989. Tutto partì dai cantieri navali di Danzica in quella “rivoluzione” non violenta portata avanti da Solidarnosc guidato da Lech Walesa. I polacchi si liberarono dal comunismo sovietico e l’intera Europa si svincolò dalla minaccia nucleare che raggiunse il suo apice negli anni della crisi dei missili di Cuba nel 1962.

La Polonia è anche questo. E se la presenza dei giovani in questi luoghi servirà a riportare alla memoria questa storia, profondamente tragica e tutta europea, la Gmg ancora una volta, come è successo in passato, potrebbe riuscire a toccare le menti e i cuori di quanti coltivano il male e l’odio contro i loro stessi simili, a partire da tutti coloro che pensano che la guerra sia “santa”.

Vincenzo Grienti

© Avvenire, 29 luglio 2016

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