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L’Esaltazione della Croce, festa della vita

Oggi la Chiesa festeggia l’Esaltazione della Croce, presenza viva, preziosa e vivificante per il cristiano. Come scrive oggi Francesco in un tweet, “Pur essendo Dio, Cristo umiliò se stesso facendosi servo. Questa è la gloria della Croce di Gesù!”. Non una celebrazione della morte, dunque, ma della vita che ha sconfitto la morte, della salvezza che ha sconfitto il peccato

È una festa antica e densa di significati, quella dell’Esaltazione della Croce, in cui la Chiesa rende grazie al sacrificio estremo di Gesù che morendo su di essa ha salvato tutti noi. Le sue origini risalgono all’epoca in cui nella città di Gerusalemme, sul luogo che nel 335 era già indicato come sepolcro del Signore, viene dedicata una basilica, a “incarnare” nella pietra la vittoria della Resurrezione sulla morte; ma è anche legata al legno santo della reliquia della croce di Cristo ritrovata dall’imperatrice Elena e dal vescovo Macario.

La Croce: luogo di vittoria

Non c’è definizione migliore di questa: la Croce – secondo la nostra fede – è luogo di vittoria: vittoria sulla morte attraverso la Resurrezione, vittoria sulla finitudine e la limitatezza umane, ma soprattutto vittoria sul peccato. Ci troviamo al centro della storia della salvezza, davanti al simbolo della redenzione dell’uomo resa possibile solo dalla morte del Figlio. Tanta strada è stata fatta da quel primo albero sotto al quale Adamo tradì Dio gettando la sua stirpe – tutti noi – nel buio abisso del peccato: sulla Croce e attraverso la Croce l’albero della vita torna a fiorire e costituisce una specie di chiave per riaprire la porta del paradiso perduto. La Croce, dunque, perde la sua connotazione di luogo di condanna, ma diventa luogo di conversione, come per il ladrone che patisce accanto a Gesù. La sua luce irradia tutti coloro che la toccano: sia fisicamente, come Maria e Giovanni che stanno lì ai suoi piedi perché tutto si compia, ma anche con la preghiera e la devozione, cioè tutti noi salvati dal Signore che sceglie di farsi uccidere come il peggiore dei delinquenti.

Storia e origini della festa

Come anticipato, questa festa riguarda l’universale esaltazione della Croce preziosa e vivificante, segno della signoria di Cristo che configura a lui nella morte e nella gloria tutti i battezzati, ma anche segno della sua seconda futura venuta. In Oriente, inoltre, è paragonata alla Pasqua. Storicamente parlando, si collega a due eventi spesso raffigurati nelle icone: la dedicazione della basilica della Resurrezione a Gerusalemme il 13 settembre del 335 e il recupero della reliquia della croce. Trafugata dal re persiano durante la conquista della Città Santa, poi riconquistata dall’imperatore Eraclio nel 631, se ne perdono definitivamente le tracce nel 1187. Ma quello di cui parliamo qui è il leggendario ritrovamento da parte di Elena, la madre dell’imperatore Costantino, sotto la supervisione del vescovo Macario. Aiutata negli scavi da un uomo di nome Giuda, che poi si farà chiamare Ciriaco, questi trova le tre croci e in seguito anche i chiodi, che Elena manderà a Costantinopoli in dono a suo figlio. Il riconoscimento di quale delle tre fosse la croce di Gesù, avviene attraverso la guarigione miracolosa di una matrona. La data del 14 settembre, si deve a Papa Sergio I che trasferisce una reliquia della Croce dal Vaticano al Laterano e la festeggia per la prima volta con una solenne processione. 

Perché la Croce?

Tutte le chiese antiche hanno la forma della Croce; il segno della croce, inoltre, racchiude in sé il potere di proteggere dal maligno. Ma perché proprio una croce? Ovviamente quando parliamo di Croce non veneriamo l’oggetto, bensì Colui che morendoci sopra ha salvato il mondo: ma Gesù non poteva morire in un modo diverso? Questo era il modo in cui moriva chi si macchiava delle colpe peggiori, quindi potremmo ritenere necessaria una morte tanto crudele per redimere tutto il peso dei peccati dell’umanità, ma la risposta sta soprattutto nell’umiltà di Dio che si fa uomo e sceglie di morire nel peggiore dei modi. Sulla croce Cristo distende le braccia per accoglierci tutti e le quattro braccia distese vogliono anche ricordare le quattro dimensioni dell’universo. L’evangelizzazione stessa, in fin dei conti, non è altro che la manifestazione del mistero della Croce. Così San Paolo, grande predicatore di Cristo Crocifisso, chiarisce che Gesù sulla croce abbraccia cielo, mare, terra e abisso, perché la potenza e la provvidenza di colui che è steso lì penetrano la totalità della creazione.

Roberta Barbi - Città del Vaticano

© www.vaticannews.va, sabato 14 settembre 2019

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