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L’imprevedibile richiamo del confessionale

È domenica. La giornata si preannuncia calda e luminosa. È ancora presto, sono da solo in chiesa. Tra poco, allegri, chiassosi arriveranno i bambini per la Messa.

confessionale.jpgNon l’ho vista entrare, sbuca all’improvviso una donna giovane e bella. Chiede gentilmente di confessarsi. Si inginocchia ma, per lungo tempo, rimane silenziosa. Poi, lentamente, inizia a piangere senza singhiozzare. Abbasso la testa, rispettoso. Sento che il mistero avvolge entrambi quando la signora inizia a balbettare: «Sono una prostituta... mi stavo recando a lavorare. Il mio posto è al di là della strada provinciale. Siamo in tante, per lo più straniere. Io sono italiana.

Non so perché mi sono fermata... forse la campana. Lei non può immaginare il dramma che si nasconde dietro quelle donnine falsamente allegre...». Ancora lacrime. Tante. Un fiume da riempire un calice. C’è in ogni uomo e in ogni donna una dignità, che nemmeno il peccato più oscuro riesce a cancellare. Gli rimane appiccicata addosso come la sua stessa pelle. Don Mazzolari scrive che «basta essere uomo per essere un povero uomo».

È vero anche il contrario: basta essere uomo per essere un grande uomo. La signora mi racconta la sua storia. La vita con lei è stata ingiusta e prepotente, le ha presentato un conto salatissimo per debiti mai contratti. La via di Emmaus è affollata di gente delusa e amareggiata. Occorre, però, tenere gli occhi bene aperti, perché il Risorto, discreto, silenzioso, si aggira nei paraggi. Con passo silenzioso ti viene accanto, ti tende la mano, ti tiene compagnia.

Ti svela il mistero della vita e spezza con te il pane del coraggio e della gioia. Sulla strada che scende verso Gerico, invece, insidiosi, si nascondono i briganti. Col tempo cambiano il vestito e il nome, ma il loro intento è sempre quello di poterti derubare. Anche qui, però, non mancano mai samaritani buoni e misericordiosi pronti a risollevarti dalla polvere. Una donna provata e scoraggiata è inginocchiata davanti a un prete. Una giovane che tanti hanno cercato per strappare alla sua carne un piacere avvilente e proibito. Essa piange il suo peccato sperando solo di uscire dall’inferno che la imprigiona e che qualche ingenuo – o furbo? – vorrebbe legalizzare. Nessuna donna – tranne casi di tutt’altra natura – sceglie di umiliarsi ai bordi di una strada, alla mercé di sconosciuti viziosi che bramano il suo corpo e ammazzano la sua anima. Forse tutte, inconsciamente, aspettano qualcuno che venga a liberarle dalla infernale bolgia. Il tempo scorre.

La chiesa comincia a riempirsi di ragazzi. Sono tanti e fanno confusione. La signora ne approfitta per asciugar le lacrime e prendere congedo. La benedico. Rimane per la Messa. Ripenso al sacramento della confessione, un vero tesoro, a volte non compreso. È, invece, il momento di un incontro unico e misterioso tra un cuore che si mette a nudo di fronte a un altro cuore. Cor ad cor loquitor, il cuore parla al cuore. Al cuore del Maestro certamente, ma anche a quello di chi, indegnamente, lo rappresenta. È, molte volte, il momento che vede ritornare a galla fratelli e sorelle sprofondati negli abissi del peccato e della disperazione. Si confessano gli sposi felici alla vigilia delle nozze e i moribondi prima di inabissarsi nel Mistero. Si confessavano i nostri soldati nelle trincee fetide e ghiacciate. Si sono confessati i santi. Si confessa il Papa.

Una sorella, triste e scoraggiata, domenica si è gettata ai piedi del suo Signore. Forse temeva di essere giudicata, allontanata. Come alla donna del Vangelo, invece, Gesù, fissandola negli occhi, le ha sussurrato dolcemente: «Figlia, i tuoi peccati sono stati perdonati. Va e non peccare più!».

Maurizio Patriciello
© Avvenire, 22 luglio 2011
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