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L'8 dicembre prossimo la beatificazione dei martiri trappisti di Tibhirine

I vescovi della Chiesa in Algeria comunicano con gioia la data e il luogo della Messa di beatificazione dei 19 martiri, sacerdoti, monaci e suore, uccisi in Algeria tra il 1994 e il 1996, vittime della violenza che si era scatenata in quel periodo nel Paese

La Conferenza episcopale algerina ha annunciato che la celebrazione della beatificazione del vescovo Pierre Claverie e di altri 18 martiri, uccisi in circostanze diverse, si svolgerà l'8 dicembre prossimo al Santuario di Notre-Dame de Santa Cruz di Orano, in Algeria. E sarà il card. Angelo Becciu, prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, l’inviato di Papa Francesco per presiedere il Rito.

I trappisti del monastero di Tibhirine

I prossimi Beati furono vittime della guerra civile che attraversò il Paese nord-africano ai tempi del conflitto tra gli islamisti del "Fronte islamico di salvezza" e i militari di Algeri, tra il 1991 e il 2002.
Una violenza che colpì il popolo dell'Algeria e il cui episodio più noto è il martirio vissuto da sette monaci trappisti, rapiti nel loro monastero di Tibhirine nel marzo 1996 con il priore, padre Christian de Chergé, e uccisi in circostanze mai del tutto chiarite. Solo le loro teste furono ritrovate due mesi dopo, mentre il «Gruppo Islamico Armato» rivendicava l’uccisione dei religiosi. Pur consapevoli del concreto pericolo che minacciava la loro vita, i trappisti avevano decisero, non senza averne a lungo riflettuto e discusso insieme,  di restare fino alla fine accanto al popolo algerino a cui erano stati inviati.  

La gioia e la gratitudine dei vescovi 

Nel comunicato i vescovi esprimono la gioia di poter comunicare la buona notizia della prossima beatificazione e la grande riconoscenza al postulatore della Causa, padre Thomas Georgeon, e a quanti hanno lavorato per raggiungere questo obiettivo. "Ci rimangono alcune settimane, scrivono, per preparare la celebrazione, per ricordare l'intera vita e il lavoro dei nostri 19 fratelli e sorelle in Algeria per i piccoli, i malati, gli uomini, le donne e i giovani".

“ Vorrei che la mia comunità, la mia chiesa, la mia famiglia, ricordassero che la mia vita è stata data a Dio e in questo paese. (Dal testamento di padre Christian de Chergé) ”

I nomi dei fratelli e delle sorelle martiri

Mons. Pierre Claverie, Fratel Henri Vergès, Suor Paul-Hélène Saint-Raymond, Suor Esther Paniagua Alonso, Suor Caridad Álvarez Martín, Padre Jean Chevillard, Padre Alain Dieulangard, Padre Charles Deckers, Padre Christian Chessel, Suor Angèle-Marie Littlejohn, Suor Bibiane Leclercq, sorella Odette Prévost, fratello Luc Dochier, fratello Christian de Chergé, fratello Christophe Lebreton, fratello Michel Fleury, fratello Bruno Lemarchand, fratello Célestin Ringeard, fratello Paul Favre-Miville. Questi i nomi dei prossimi Beati.
"Ci sono stati dati - si legge nel comunicato - come intercessori e modelli di vita cristiana, di amicizia e di fraternità, di incontro e di dialogo. Che il loro esempio ci aiuti nella nostra vita oggi. A partire dall’Algeria, la loro beatificazione sarà per la Chiesa e per il mondo - concludono i presuli - un impulso e una chiamata per costruire insieme un mondo di pace e di fraternità”.

La nostra intervista al postulatore, padre Thomas Georgeon

L’annuncio della beatificazione dei martiri algerini a Orano l'8 dicembre, arriva al termine di un lungo percorso: lo conferma il postulatore della Causa di beatificazione, il padre trappista Thomas Georgeon, intervistato da Marine Henriot

R. – In effetti, è un lungo processo che finisce: dall’annuncio da parte della Santa Sede della beatificazione dei 19 beati martiri c’è stato un lungo periodo di attesa e di discernimento che è stato fatto insieme ai vescovi di Algeria, i superiori delle congregazioni religiose coinvolte nella Causa di beatificazione e anche le famiglie dei 19 martiri. Un aspetto bello è che questo discernimento si è fatto in un’atmosfera di pace: potremmo dire che in un certo modo siamo stati “condotti” per arrivare a questa decisione che, al contempo, riflette il desiderio profondo dei vescovi di Algeria di celebrare la beatificazione nella terra in cui i martiri sono vissuti, con la piena approvazione da parte della Santa Sede e del governo algerino.

Questa beatificazione, quale segnale lancia ai cristiani di Algeria, oggi?

R. – E’ in linea con lo stile di vita dei 19 martiri di Algeria, di quello che la Chiesa d’Algeria ha vissuto e vive oggi, una Chiesa dell’incontro, una Chiesa del dialogo e dell’amicizia. Spero che la celebrazione che si svolgerà in Algeria possa rappresentare per la Chiesa e per il mondo un impulso su questa via del dialogo, della conoscenza reciproca e della fratellanza.

Nel vostro comunicato, voi lanciate un appello a un nuovo impulso per costruire insieme un mondo di pace …

R. – Il mondo ne ha veramente bisogno. I 19 sono stati veramente artigiani della pace, uomini e donne delle beatitudini: è questo il messaggio che  la Chiesa porterà all’Algeria, in una celebrazione che non sarà volta al passato, ma che guarderà al futuro e a tutto quello che ancora dobbiamo costruire perché ciascuno possa vivere nella pace e nella fraternità. Non sarà facile per tutti, ma credo che la forte ripercussione di questa beatificazione, offrirà alla Chiesa e all’Algeria la possibilità di trasmettere questo messaggio al mondo.

Che cosa, quindi, ci dicono questi martiri oggi? Cosa rimane del loro messaggio?

R. – Oh, restano molte cose! Credo che la più toccante sia la loro fedeltà alla loro vocazione e poi anche la loro fedeltà al popolo al quale erano stati inviati. Direi anche un certo modo di “fare Chiesa”, oggi, che per le nostre Chiese occidentali può apparire un po’ sconcertante. Questo si ricongiunge un po’ con l’intuizione del cardinale Duval dopo l’indipendenza, quando praticamente tutti i cristiani d’Algeria dicevano “noi dobbiamo essere la Chiesa degli algerini”; questo era ovviamente sorprendente, perché come si può essere la Chiesa di un popolo che non condivide la nostra fede? Il cardinale Duval insisteva molto su questa dimensione essenziale dell’amicizia con un popolo.

Adriana Masotti e Marine Henriot - Città del Vaticano

© www.vaticannews.va, venerdì 14 settembre 2018

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