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«La mancanza di lavoro ferisce la dignità»

Il Papa ha ricevuto in udienza oltre 7mila operai e dirigenti delle acciaierie di Terni. La crisi attuale, ha detto, «richiede di essere affrontata con creatività e solidarietà».

"Di fronte al gravissimo problema della disoccupazione che interessa diversi Paesi europei" occorre che le politiche economiche si occupino anche della dignità dell'uomo "ferita" proprio dalla mancanza di occupazione. Questo l'invito fatto oggi da Papa Francesco che, in una affollatissima Aula Paolo VI in Vaticano, ha ricevuto in udienza oltre sette mila operai e dirigenti delle acciaierie di Terni, in occasione dei 130 anni della fondazione delle acciaierie.
Secondo il Pontefice la piaga della disoccupazione "è la conseguenza di un sistema economico che non è più capace di creare lavoro, perché ha messo al centro un idolo, che si chiama denaro". Pertanto, ha aggiunto Papa Bergoglio "i diversi soggetti politici, sociali ed economici sono chiamati a favorire un'impostazione diversa, basata sulla giustizia e sulla solidarietà, per assicurare a tutti la possibilità di svolgere un'attività lavorativa dignitosa".
"Il lavoro è un bene di tutti, che deve essere disponibile per tutti - ha quindi proseguito il Pontefice -. La fase di grave difficoltà e di disoccupazione richiede di essere affrontata con gli strumenti della creatività e della solidarietà. La creatività di imprenditori e artigiani coraggiosi, che guardano al futuro con fiducia e speranza. E la solidarietà - ha concluso - fra tutte le componenti della società, che rinunciano a qualcosa, adottano uno stile di vita più sobrio, per aiutare quanti si trovano in una condizione di necessità".
Il Papa ha concluso l'udienza chiedendo di recitare insieme un'"Ave Maria" per domandare alla "Madonna la grazia di lavorare insieme con creatività, solidarietà e fede" contro le difficoltà del lavoro e la disoccupazione.

Il Papa è stato festeggiato dai presenti, molti dei quali indossavano i caschetti da operaio e fazzolettoni blu, e sventolavano bandierine.
Papa Francesco ha anche inserito diverse frasi a braccio nel discorso che aveva preparato. Tra l'altro ha raccontato di un operaio suo amico e disoccupato che, rivendicava non solo il "bisogno di mangiare" ma anche "il bisogno di avere la dignità di portare il pane a casa". "Se manca il lavoro - ha rimarcato il Papa - questa dignità viene ferita".

© Avvenire, 20 marzo 2014

 

«La dignità dell'uomo è collegata al lavoro»

Il testo del discorso nell'Udienza per gli operai delle acciaierie di Terni

Do il mio cordiale benvenuto a ciascuno di voi! L’occasione che vi ha spinto a venire è il 130° anniversario di fondazione delle Acciaierie di Terni, simbolo di capacità imprenditoriali ed operaie che hanno reso celebre questo nome ben oltre i confini d’Italia. Saluto il vostro Pastore, Mons. Ernesto Vecchi, lo ringrazio per le parole che mi ha rivolto e soprattutto per il servizio che rende alla Chiesa di Terni-Narni-Amelia. È un servizio che fa nel momento della sua vita in cui aveva il diritto di riposare, e invece di riposare continua a lavorare: grazie, Mons. Vecchi, grazie tante! Saluto le Autorità civili, come pure i sacerdoti, le persone consacrate, i fedeli laici, le varie realtà sociali e le diverse componenti della vostra Comunità diocesana.

Questo incontro mi offre la possibilità di rinnovare la vicinanza di tutta la Chiesa, non solo alla società "Acciai Speciali Terni",ma alle aziende del vostro territorio e, più in generale, a tutto il mondo del lavoro. Di fronte all’attuale sviluppo dell’economia e al travaglio che attraversa l’attività lavorativa, occorre riaffermare che il lavoro è una realtà essenziale per la società, per le famiglie e per i singoli. Il lavoro, infatti, riguarda direttamente la persona, la sua vita, la sua libertà e la sua felicità. Il valore primario del lavoro è il bene della persona umana, perché la realizza come tale, con le sue attitudini e le sue capacità intellettive, creative e manuali. Da qui deriva che il lavoro non ha soltanto una finalità economica e di profitto, ma soprattutto una finalità che interessa l’uomo e la sua dignità. La dignità dell’uomo è collegata al lavoro.

Ho sentito alcuni giovani operai che sono senza lavoro, e m’hanno detto questo: "Padre, noi a casa - mia moglie, i miei figli - mangiamo tutti i giorni, perché alla parrocchia, o al club, o alla Croce Rossa ci danno da mangiare. Ma, Padre, io non so cosa significa portare il pane a casa, e io ho bisogno di mangiare, ma ho bisogno di avere la dignità di portare il pane a casa". E questo è il lavoro! E se manca il lavoro questa dignità viene ferita! Chi è disoccupato o sottoccupato rischia, infatti, di essere posto ai margini della società, di diventare una vittima dell’esclusione sociale. Tante volte capita che le persone senza lavoro – penso soprattutto ai tanti giovani oggi disoccupati – scivolano nello scoraggiamento cronico o peggio nell’apatia.

Che cosa possiamo dire di fronte al gravissimo problema della disoccupazione che interessa diversi Paesi europei? È la conseguenza di un sistema economico che non è più capace di creare lavoro, perché ha messo al centro un idolo, che si chiama denaro! Pertanto, i diversi soggetti politici, sociali ed economici sono chiamati a favorire un’impostazione diversa, basata sulla giustizia e sulla solidarietà. Questa parola, in questo momento, rischia di essere esclusa dal dizionario. Solidarietà: sembra come una parolaccia! No! E’ importante la solidarietà, ma questo sistema non le vuole tanto bene, preferisce escluderla. Questa solidarietà umana che assicura a tutti la possibilità di svolgere un’attività lavorativa dignitosa. Il lavoro è un bene di tutti, che deve essere disponibile per tutti. La fase di grave difficoltà e di disoccupazione richiede di essere affrontata con gli strumenti della creatività e della solidarietà. La creatività di imprenditori e artigiani coraggiosi, che guardano al futuro con fiducia e speranza. E la solidarietà fra tutte le componenti della società, che rinunciano a qualcosa, adottano uno stile di vita più sobrio, per aiutare quanti si trovano in una condizione di necessità.

Questa grande sfida interpella tutta la Comunità cristiana. Per questo oggi siete venuti qui insieme: Acciaierie, Vescovo, comunità diocesana. E per questo la storia contemporanea della vostra Chiesa è inseparabilmente legata alla visita del beato Giovanni Paolo II alle Acciaierie! Tutta la Chiesa è impegnata in una conversione pastorale e missionaria, come ha sottolineato il vostro Vescovo. A tale proposito, l’impegno primario è sempre quello di ravvivare le radici della fede e della vostra adesione a Gesù Cristo. Qui sta il principio ispiratore delle scelte di un cristiano: la sua fede. La fede sposta le montagne! La fede cristiana è in grado di arricchire la società grazie alla carica di fraternità concreta che porta in sé stessa. Una fede accolta con gioia, vissuta a fondo e con generosità può conferire alla società una forza umanizzante. Pertanto, siamo tutti chiamati a cercare modi sempre nuovi per testimoniare con coraggio una fede viva e vivificante.

Cari fratelli e sorelle, non smettete mai di sperare in un futuro migliore. Lottate per questo, lottate. Non lasciatevi intrappolare dal vortice del pessimismo! Se ciascuno farà la propria parte, se tutti metteranno sempre al centro la persona umana, non il denaro, con la sua dignità, se si consoliderà un atteggiamento di solidarietà e condivisione fraterna, ispirato al Vangelo, si potrà uscire dalla palude di una stagione economica e lavorativa faticosa e difficile.

Con questa speranza, invoco la materna intercessione della Vergine Maria su di voi e sull’intera Diocesi, specialmente sul mondo del lavoro, sulle famiglie in difficoltà, perché non perdano la dignità che dà il lavoro, sui bambini e i giovani e sugli anziani.

E tutti noi, adesso, seduti come stiamo, preghiamo la Madonna, che è la nostra Madre, perché ci dia la grazia di lavorare insieme con creatività, solidarietà e fede. Ave Maria...

Vi benedica Dio onnipotente, Padre, Figlio e Spirito Santo.
E vi chiedo, per favore, pregate per me! Grazie!

Papa Francesco

© Avvenire, 20 marzo 2014

 

Lavoro, il magistero di Papa Francesco

 

Non è ancora formalmente confluita in un’enciclica o in un altro documento quella parte di magistero che Papa Francesco sta dedicando al tema del lavoro. Ma la forza delle sue parole è tale da ricordare da vicino la Laborem exercens di Giovanni Paolo II o la Caritas in Veritate di Benedetto XVI. Ciò che infatti il Pontefice ha detto oggi agli operai e ai dirigenti delle Accaierie di Terni, approfondendo concetti già espressi il 22 settembre scorso nella visita a Cagliari, è infatti anche letteralmente consonante con il documento pubblicato da Papa Wojtyla nel 1981.

«Il lavoro è un bene dell’uomo. Anche se arduo, è un bene dell’uomo ¬- si legge infatti in un passagio cruciale quell'enciclica ¬-. Ed è non solo un bene utile o da fruire, ma un bene degno, cioè corrispondente alla dignità dell’uomo, un bene che esprime questa dignità e la accresce».

Questa mattina Francesco ha ribadito: «Il valore primario del lavoro è il bene della persona umana, perché la realizza come tale, con le sue attitudini e le sue capacità intellettive, creative e manuali. Da qui deriva che il lavoro non ha soltanto una finalità economica e di profitto, ma soprattutto una finalità che interessa l’uomo e la sua dignità».

Una corrispondenza pressoché totale, che accresce il valore dell’insegnamento di Papa Bergoglio, perché lo colloca nel pieno solco della tradizione della Chiesa e, in particolare, della sua Dottrina sociale. Allo stesso modo, quando Francesco dice che dalla crisi si esce anche e soprattutto con la solidarietà, fa sua e applica all’ora corrente l’intuizione di Benedetto XVI, che nella Caritas in veritate ricordava quanto fosse indispensabile elaborare anche in economia la categoria della gratuità, e cioè del dono, per uscire dalla miope logica del profitto a tutti i costi, che non di rada digrada nell’antica e aberrante dinamica dell’homo homini lupus.

Con i suoi interventi, dunque, Francesco sta scrivendo un nuovo capitolo di quel magistero dei Papi sul lavoro, che dalla Rerum novarum in poi si è progressivamente approfondito e affinato, fino a giungere a gesti di grande valore simbolico, come la Messa celebrata da Paolo VI nell’Italsider di Taranto, la notte di Natale del 1968, o come le numerose visite compiute da Giovanni Paolo (di solito il 19 marzo di ogni anno) a varie realtà produttive, in Italia e all’estero. Siamo all’indomani della festa di San Giuseppe e in un certo senso anche Francesco ha voluto rinverdire questa sequela di appuntamenti.

Rinverdire, appunto. Perché la sua è una voce che, pur inserendosi nel quadro di insegnamenti consolidati, ha la freschezza della novità, in quanto capace di adattare alle esigenze odierne l’eterna verità del Vangelo. Papa Bergoglio, infatti, va alla radice della crisi che genera disoccupazione e intacca quindi la dignità umana dei lavoratori e delle loro famiglie. E quando nella Evangelii Gaudium scrive »Il denaro deve servire e non governare», indica implicitamente ai poteri economici forti come ai ceti imprenditoriali e politici la via di una risalita non solo possibile, ma doverosa.

«Il Papa ama tutti, ricchi e poveri, ma ha l’obbligo, in nome di Cristo, di ricordare che i ricchi devono aiutare i poveri, rispettarli e promuoverli». Parole scritte sempre nella sua prima esortazione apostolica, ma che da oggi chiedono di essere ricopiate anche in quel documento vivente che è il cuore di ogni uomo.

Mimmo Muolo

© Avvenire, 20 marzo 2014