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La partecipazione dei Pastori delle Chiese di Bari e di Lecce al pellegrinaggio in Cappadocia

La partecipazione dei Pastori delle Chiese di Bari e di Lecce al pellegrinaggio in Cappadocia è certamente legata alla visita del Patriarca Bartolomeo I in Puglia, ma allo stesso tempo si colloca nell’alveo delle antiche e mai cessate relazioni tra la nostra terra e l’oriente cristiano

Seguendo una tradizione avviata già da alcuni anni, anche quest’anno, dal 17 al 19 maggio scorso, il Patriarca Ecumenico Sua Santità Bartolomeo I si è recato in pellegrinaggio in Cappadocia. Ubicata nell’attuale Turchia centrale, la Cappadocia è una regione caratterizzata da un’antichissima presenza cristiana risalente all’età apostolica (cfr. 1 Pt 1,1), nella quale sono vissuti grandi santi quali Basilio di Cesarea, Gregorio di Nazianzo, Gregorio di Nissa e Amfilochio di Iconio, ma dove oggi, a seguito delle vicissitudini storiche e politiche dello scorso secolo, non esiste più alcuna presenza cristiana.

Quest’anno il Patriarca Bartolomeo I ha voluto invitare ad unirsi al pellegrinaggio anche l’Arcivescovo di Bari-Bitonto Mons. Francesco Cacucci e l’Arcivescovo di Lecce Mons. Domenico Umberto D’Ambrosio, dai quali era stato accolto durante il suo viaggio in Puglia del dicembre 2016. Tra gli altri, al pellegrinaggio in Cappadocia hanno partecipato il Patriarca greco ortodosso di Gerusalemme Sua Beatitudine Thephilos III ed il Metropolita di Constantia Sua Eminenza Basilios, della Chiesa ortodossa di Cipro.

Arrivati ad Istanbul un giorno  e mezzo prima della partenza per la Cappadocia, Mons. Cacucci e Mons. D’Ambrosio hanno potuto subito sperimentare la calorosa ospitalità offerta dal Patriarca Bartolomeo I, il quale ha voluto riceverli in udienza privata nel Fanar, sede del Patriarcato Ecumenico, e ha organizzato per loro la visita di alcune chiese di epoca bizantina, come Santa Sofia, Sant’Irene ed il monastero di Chora, che, sebbene oggi siano state trasformate in museo o in sala per eventi culturali, non cessano di suscitare forti emozioni non solo per la bellezza dell’architettura e dei mosaici che le decorano, ma soprattutto per i ricordi che esse evocano in coloro che conoscono la storia della Chiesa. È sufficiente infatti menzionare che nella chiesa di Sant’Irene fu celebrato il secondo concilio ecumenico, il Costantinopolitano I (381), nel quale venne canonizzata la forma finale del Simbolo di fede che recitiamo ogni domenica nella liturgia domenicale, il Simbolo niceno-costantinopolitano.

La mattina di sabato 17 maggio, Sua Santità Bartolomeo I ed il gruppo di pellegrini che lo accompagnava si sono trasferiti in aereo da Istanbul a Kayseri. Da lì si sono diretti a Göreme, dove hanno visitato le chiese di san Basilio e di santa Caterina, la Karanlik Kilise (la chiesa oscura) e la Tokali Kilise (la chiesa della fibbia). Queste chiese rupestri fanno parte di una vera e propria cittadella monastica, che oggi è parte di un museo a cielo aperto. La cittadella monastica di Göreme porta le tracce dell’esperienza avviata nel quarto secolo da san Basilio, il quale all’eremo, tipico del primo monachesimo orientale, preferì il cenobio basato su celle o romitori autonomi, ma con luoghi di preghiera e di lavoro in comune, dando una dimensione familiare alle piccole comunità e favorendo così lo scambio e l’aiuto reciproco. Le chiese, scavate all’interno di piramidi rocciose, sono arricchite da affreschi degni di grande interesse.

Nel pomeriggio, il Patriarca Ecumenico ha presieduto il vespro nella chiesa di san Demetrio in Aravissos (Gülşehir). Diverse ragioni hanno contribuito a far sì che quella celebrazione risultasse particolarmente commovente. Innanzitutto, il villaggio dove il vespro era officiato era uno dei luoghi nei quali il grande padre della Chiesa e patriarca di Costantinopoli san Giovanni Crisostomo aveva soggiornato durante il tempo del suo esilio. Inoltre, la celebrazione si è svolta in un edificio maestoso costruito dall’allora numerosa comunità ortodossa nel diciannovesimo secolo, ma oggi quasi completamente in rovina a causa dell’abbandono e dell’incuria dopo che nel 1924 gli abitanti ortodossi del villaggio avevano dovuto abbondonare le loro case. Attualmente, l’edificio appartiene alle autorità civili locali che solo per l’occasione hanno dato al Patriarca la possibilità di celebrare il vespro. Molto toccanti sono state le parole che Sua Santità Bartolomeo I ha pronunciato al termine del vespro, quando ha sottolineato che, anche se oggi in quel luogo non si elevano più le lodi del Signore da parte dei fedeli ortodossi, nulla potrà mai impedire al sole, al vento e a tutto il creato, così bello e suggestivo in quella regione, di rendere continuamente gloria a Dio con la loro stessa esistenza.

Domenica 18 maggio, la Divina liturgia è stata presieduta da Sua Beatitudine Theophilos III, alla presenza del Patriarca Ecumenico Bartolomeo I, nella chiesa dei santi Costantino ed Elena nel villaggio di Sinassos nei pressi dell’attuale Ūrgüp. Anche in questo caso la celebrazione si è svolta in una chiesa ormai abbondonata, grazie al permesso concesso dalle autorità locali. Al termine della Divina liturgia, Sua Santità Bartolomeo I ha pregato per tutti i fedeli defunti della comunità ortodossa di Sinassos, che un tempo era molto numerosa. Nel pomeriggio, il Patriarca Ecumenico e gli altri pellegrini hanno fatto visita al monastero di san Nicola, che durante il precedente inverno aveva subito ingenti danni a causa del maltempo, e alle chiese di san Basilio e della Santa Croce, che si trovano sempre nella zona di Ūrgüp.

La mattina del 19 maggio, i partecipanti al pellegrinaggio hanno visitato altre due chiese edificate nel diciannovesimo secolo dalla comunità ortodossa ed ora in stato di abbandono: la chiesa della Dormizione della Madre di Dio in Neapoli (Nevşehir) e la chiesa dell’Ingresso della Madre di Dio in Kermira (Kermir), villaggio natale del famoso regista Elia Kazan (all’anagrafe Elias Kazancioğlu).

Nel pomeriggio, il pellegrinaggio si è concluso con il ritorno ad Istanbul.

La partecipazione dei Pastori delle Chiese di Bari e di Lecce al pellegrinaggio in Cappadocia è certamente legata alla sopramenzionata visita del Patriarca Bartolomeo I in Puglia, ma allo stesso tempo si colloca nell’alveo delle antiche e mai cessate relazioni tra la nostra terra e l’oriente cristiano.

Sin dai primi secoli dell’era cristiana la vita di fede e la religiosità delle nostre comunità sono profondamente debitrici nei confronti delle Chiese d’Oriente. In tempi più recenti, man mano che si sviluppava il dialogo tra la Chiesa cattolica e la Chiesa ortodossa, la Chiesa in Puglia, in virtù della sua vocazione di ponte tra Oriente e Occidente, ha giocato un ruolo di primo piano nella tessitura delle relazioni tra cattolici e ortodossi. Non è un caso che quando, alla vigilia della conclusione del Concilio Vaticano II, il 7 dicembre 1965, la Chiesa di Roma e la Chiesa di Costantinopoli decisero di cancellare dalla memoria delle Chiese le scomuniche che si erano reciprocamente scambiate nel 1054, fosse presente nella delegazione cattolica recatasi al Fanar per quella storica occasione anche l’allora Arcivescovo di Bari. Mons. Enrico Nicodemo. Similmente, non può essere considerata casuale nel 1986 – 1987 la scelta di Bari come sede della sessione plenaria della Commissione mista internazionale per il Dialogo teologico tra la Chiesa cattolica e la Chiesa ortodossa, della quale l’Arcivescovo di Bari Mons. Mariano Magrassi era membro.

La pima visita del Patriarca Ecumenico Sua Santità Bartolomeo I a Lecce e a Bari e la partecipazione di Mons. D’Ambrosio e di Mons. Cacucci al pellegrinaggio in Cappadocia rappresentano una nuova tappa di questo cammino del quale tutte la Chiesa di Bari e tutte le Chiese di Puglia devono sentirsi partecipi.

 

Mons. Andrea Palmieri

Sottosegretario del Pontificio Consiglio per la promozione dell’unità dei Cristiani

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