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L'America che si fa giustizia da sé

Nessun processo per Osama Bin Laden, nessuna Norimberga per Al Qaeda. Obama si trasforma in Ispettore Callaghan

obama_1487675.jpgDunque il mostro Osama Bin Laden, il mandante dell'attentato terroristico più mostruoso della storia dell'umanità, è stato ucciso con un colpo alla testa, senza pietà, in un blitz della Cia che pare non abbia fatto prigionieri. Il suo corpo è finito in fondo al mare. E' la faccia giustiziera dell'America. Incarnata per l'occasione, singolare coincidenza della storia, dal democratico Barack Obama, il raffinato professore di diritto, lo studioso di dottrine umanitarie appassionato di Lincoln, del pensatore radicale garantista Alinsky e del filosofo liberaldemocratico John Rawis. Dal presidente che ha fatto smantellare la prigione-canile di Guantanamo e che ha puntato il dito contro le torture in Iraq.

A ben vedere, l'umanista Obama ha fatto peggio del suo predecessore, il falco George W. Bush, che almeno un processo, al feroce dittatore Saddam Hussein e ai suoi accoliti, lo aveva concesso, istituendo l'Iraqui Special Tribunal. Certo, Bush, aveva evitato che a giudicare fosse un tribunale del  Consiglio di sicurezza della Nazioni Unite, sul modello delle corti di giustizia internazionale che avevano giudicato i criminali della Jugoslavia e del Rwanda. Ma almeno un processo c'era stato. Per Osama Bin Laden, che con la sua morte chiude il decennio iniziato l'11 settembre 2001, nessuna pietà. Né per lui né per le persone che si trovavano vicino a lui, donne comprese, al momento del blitz delle forze speciali dell'intelligence Usa.

Si parlerà a lungo di questo Obama trasformato nell'ispettore Callaghan, anche se a ben vedere non ci sono molte novità sotto il cielo a stelle e strisce. L'America, come aveva teorizzato la dottrina Monroe, non concepisce il limite della sovranità, tranne che per sé stessa, si riserva il diritto di intervenire dove vuole in nome della sua "crusade for freedom" (anche oggi che la Guerra Fredda è finita) e si sente legittimata a fare ciò che vuole nel suo interesse nazionale. Restano le considerazioni di un eventuale processo esemplare, che in linea di principio in una delle culle della democrazia, baluardo dei diritti civili, andrebbe garantito anche al diavolo e che forse sarebbe servito come monito all'umanità e per rendere ancor più noti i suoi aberranti crimini. Oltre che, in fase istruttoria, a smantellare la rete di Al Qaeda e di rivelarne molti segreti. Un processo ci dà l'occasione di penetrare dentro gli abissi del male. Ma forse, tra i segreti dell'aguzzino Bin Laden, ce n'era qualcuno scomodo anche per una forza tranquilla come l'America, fin dai tempi in cui la Cia lo finanziava durante la guerriglia in Afghanistan contro l'l'Unione sovietica. 

Anche per questo Obama ha preferito parlare alla pancia dell'America e al suo desiderio di vendetta e tirare fuori la Colt. "Giustizia è fatta", ha detto. Ma è una giustizia che sa più di vendetta, avrebbe forse commentato un po' sconsolato il grande cacciatore di nazisti Simon Wiesenthal. Quando gli israeliani andarono a prendersi Eichman, in Argentina, se lo portarono a Tel Aviv per processarlo. Se lo avessero ammazzato sul posto, tra le altre cose, il mondo non avrebbe conosciuto il suo orrore e non avremmo avuto un libro fondamentale come "La banalità del male" di Hannah Arendt. E a proposito: non ci sarà una Norimberga di Al Qaeda. Avremmo visto sul banco degli imputati il totalitarismo del nostro secolo: il terrorismo. Forse abbiamo perso una occasione. Storica.

Francesco Anfossi
© Famiglia Cristiana, 4 maggio 2011
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