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L'incontro. Il Papa: i pastori siano servi saggi e fedeli

Nel discorso all'Unione apostolica del clero (Uac) il richiamo al dovere di servire la Chiesa locale, in spirito di comunione e fraternità, senza voler anteporre i propri interessi particolari

Chiamati a essere «servi saggi e fedeli». È questa la vocazione di vescovi, sacerdoti e diaconi che, se vogliono imitare il Signore, «cingono il grembiule del servizio e si chinano sul vissuto delle proprie comunità, a comprenderne la storia e a vivere le gioie e i dolori, le attese e le speranze del gregge loro affidato».

"Nella", "con" e "per" la diocesi

Nel discorso all’Unione apostolica del clero (Uac) il Papa si è soffermato sul ruolo del "ministero ordinato" «nella», «per» e «con» la comunità diocesana. «Una Chiesa particolare ha un volto, ritmi e scelte concrete; va servita con dedizione ogni giorno – ha sottolineato Francesco –, testimoniando la sintonia e l’unità che viene vissuta e sviluppata con il vescovo». Ecco allora il riferimento imprescindibile al piano pastorale della diocesi, «che va anteposto ai programmi delle associazioni, dei movimenti e di qualsiasi gruppo particolare». Detto in altro modo, lo stile da seguire è quello della comunità, dove ciascuno con le proprie caratteristiche si cammina insieme, seguendo un itinerario e puntando a un obiettivo condiviso.
Al tempo stesso il servizio alla Chiesa particolare va sintonizzato con la consapevolezza «di essere parte della Chiesa universale, che varca i confini della propria diocesi e del proprio Paese. Se la missionarietà, infatti, è una proprietà essenziale della Chiesa, lo è soprattutto per colui che, ordinato, è chiamato a esercitare il ministero in una comunità per sua natura missionaria, e ad essere educatore alla mondialità». La missione – ha insistito il Papa – «non è infatti una scelta individuale, dovuta a generosità individuale o magari a delusioni pastorali, ma è una scelta della Chiesa particolare che si rende protagonista nella comunicazione del Vangelo a tutte le genti».

Uac, 35mila iscritti, presente in 72 Paesi

L'Unione apostolica del clero nacque in Francia, a Parigi, il 26 agosto 1862, nel Seminario delle Missioni Estere, per opera di 11 preti diocesani, rappresentanti di rispettive associazioni di clero locali. Si definirono: «Una società o Associazione di preti diocesani che si mettono a disposizione del loro vescovo per qualsiasi servizio e che rimangono tra loro uniti con alcune norme comuni e s'impegnano a praticare i consigli evangelici sotto la guida di un superiore da loro scelto». Oggi la Uac è presente in 72 Paesi e conta circa 35mila iscritti. Nel tempo si è costituita in confederazione di gruppi diocesani con fisionomie e inculturazioni diversificate; ciò aiuta l'apertura, l'accoglienza e la creatività missionaria. A livello italiano sue note caratteristiche sono la fraternità e la diocesanità, come si legge nello Statuto al n. 1: «L'Unione apostolica del clero (Uac) è un'associazione aperta a ministri ordinati, vescovi, presbiteri e diaconi, che si impegnano nell'aiuto vicendevole per realizzare in pienezza la vita secondo lo Spirito, mediante l'esercizio del ministero». L’udienza dal Papa è stata il momento centrale dell’Assemblea internazionale apertasi lunedì scorso a Roma.

Riccardo Maccioni

© Avvenire, giovedì 16 novembre 2017

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