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Lo sgabuzzino del dissenso

Non dico un «pulpito del critico» ma almeno uno «sportello», in cui segnalare con libertà e franchezza ciò che nella Chiesa vedo di storto

pulpito.jpgPiù che un «cortile», mi basterebbe anche un'«anticamera», un «salottino», magari un «ripostiglio» o uno «sgabuzzino».... Ma un luogo in cui poter esprimere le mie perplessità, le mie critiche, il mio dissenso vorrei poterlo avere nella Chiesa, così come ce l'hanno (per fortuna!) persino i fedeli di altre religioni o gli atei.

Perché sì, il paradosso è che si organizzano le «cattedre dei non credenti» e i «cortili dei gentili» per dar voce e ascolto a quanti sono fuori dal cattolicesimo - e la cosa mi sembra molto interessante e utile, lo ripeto -, però se un cattolico apostolico romano fin dall'infanzia, normalmente praticante o finanche «impegnato» in qualche ruolo ecclesiale, avesse mai desiderio di dire la sua sulle questioni della pastorale o della liturgia o di altri settori della vita cristiana: dove, quando e chi troverà che lo ascolti con pari spazio e attenzione?

Sì, vorrei per me non dico un «pulpito del critico» ma almeno uno «sportello del dissenso», in cui segnalare con libertà e franchezza ciò che nella Chiesa vedo di storto - e, siccome ci vivo dentro da parecchio e abbastanza a fondo, forse vedo meglio di altri qualcosa che sarebbe utile correggere. Purtroppo, però, così come risulta gratificante instaurare un dialogo con i «lontani» e spalancare la mente ai punti di vista e alle prospettive di coloro che sono «fuori» (si fa anche la bella figura di chi è «aperto» e missionario...), per chi abbia la presunzione di puntare il dito dall'interno uno spazio non c'è.

Si obietterà: «Vinonuovo» è anche questo! Certo, è vero: per me questo blog è una finestra in cui esporre pubblicamente le opinioni e le osservazioni che altrove non potrei nemmeno pensare di scrivere. E' dunque una boccata di ossigeno che mi è preziosa, se non indispensabile, per continuare a credere nella possibilità di comunicare la Chiesa in cui mi piacerebbe abitare. Una visione che oggi è critica, sì, e anche spesso delusa: ma che cosa ci posso fare se, dopo 50 anni di vita passabilmente cattolica, mi trovo ridotto a questo modo?

Mi piacerebbe poter dire il contrario, ovvero quello che i preti mi hanno sempre insegnato: la Chiesa non teme la verità, quale essa sia; la libertà di coscienza è un valore indispensabile («irrinunciabile»?) alla fede; la comunità si arricchisce dei doni di ognuno, esercitati secondo la sua matura responsabilità e la sua «grazia di stato»; in un gruppo di fratelli c'è spazio per tutti, anche per coloro che esercitano il fastidioso diritto alla critica... Purtroppo non è così, o almeno a me non pare proprio.

Non mi voglio piangere addosso, per carità! Non sono né il primo, né l'ultimo a trovarmi in questa situazione e anzi ringrazio Dio che ci ha regalato «fratello Web» perché anche il singolo più isolato e bastian contrario possa allargare la cerchia del suo pubblico potenzialmente all'infinito. Voglio solo rimarcare che uno spazio analogo, a livello istituzionale, non è previsto; tutti possono parlare nella Chiesa, ovviamente papi e cardinali, vescovi e preti, e poi atei devoti e filosofi non credenti, uomini dubbiosi e persone «in ricerca». Noi criticoni invece no. Per questo vorrei tanto che qualche Pontificio Consiglio istituisse l'«angolino del rompi»; se non a Parigi, magari a Gallarate.

Roberto Beretta

© www.vinonuovo.it, 13 luglio 2011

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