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«Lo studio non è solo per voi stessi, ma è per cambiare il mondo»

Papa Francesco incontra gli studenti dell'Università cattolica e li incoraggia a continuare la ricerca a essere inquieti, a mettersi in gioco per realizzare qualcosa di grande. E denuncia: «L'istruzione è ancora, in troppi Paesi del mondo, un privilegio». Continuano gli incontri e le iniziative della 37a Giornata mondiale della gioventù

img_4448_3298793.jpgResponsabilità, educazione, unità, gratitudine, speranza… Le parole che i giovani universitari della Cattolica di Lisbona usano per spiegare cosa significa la presenza del Papa in questa 37esima Giornata mondiale della gioventù dicono di un entusiasmo e di un impegno che questi studenti vogliono portare nel mondo. Il tabellone scandisce le ore e poi i minuti che mancano all’arrivo del Pontefice, mentre i canti riempiono l’aria e le bandiere, dagli Stati Uniti al Brasile allo stesso Portogallo sventolano festose.

In questo campus, del quale Francesco ha benedetto la prima pietra, il 25 per cento dei ragazzi proviene da 108 Paesi divesi. In particolare, spiega la rettrice, Isabel Capeloa Gil, «ci sta a cuore il lavoro con i giovani in situazione di fragilità sociale ed economica, migranti e rifugiati, sostenuti nell’ambito del Fondo Papa Francesco». Per garantire un diritto alla studio che, come spiega dopo Bergoglio interloquendo con i giovani, «in Portogallo come in tanti Paesi del mondo l'istruzione è ancora un privilegio per le elite».

Con gli studenti il Papa parla di ambiente e di ambiente e di servizio agli altri, di guerra e persecuzione. Risponde alle testimonianze di Tomás Virtuoso, 29 anni, laureato qui e con un master in Economia, attualmente iscritto alla facoltà di Teologia del patriarcato di Lisbona, di Mariana Craveiro, 21 anni, già laureata in psicologia e attualmente iscritta alla laurea magistrale in Psicologia della Giustizia e del Comportamento Deviante, di Beatriz Ataíde, 27 anni, studentessa di Filosofia e membro
dell'hub Economia di Francesco, di Mahoor Kaffashian, 25 anni, fuggita dall'Iran in Ucraina
e da qui, durante la guerra, rifugiatasi in Portogallo dove sta continuando gli studi in odontoiatria.

A loro e tutti i  presenti il Papa ricorda che siamo tutit pellegrini, che vuol dire «lasciare da parte la routine abituale e mettersi in cammino con un’intenzione, muovendosi "attraverso i campi" o "oltre i propri confini", cioè fuori dalla propria zona di comfort verso un orizzonte di senso». Non ci sono risposte semplicistiche, «che sembrano a portata di mano, sfilate dalla manica come carte da gioco truccate; diffidiamo di quelle proposte che sembrano dare tutto senza chiedere nulla». Dobbiamo cercare, essere inquieti, di quella sana insoddisfazione che, in giusta misura, è «un buon antidoto contro la presunzione di autosufficienza e il narcisismo». Dobbiamo essere «desiderosi di senso e di futuro, com saudades do futuro! Non siamo malati, ma vivi! Preoccupiamoci piuttosto quando siamo disposti a sostituire la strada da fare con un qualsiasi punto di ristoro, purché ci dia l’illusione della comodità; quando sostituiamo i volti con gli schermi, il reale con il virtuale; quando, al posto delle domande che lacerano, preferiamo le risposte facili che anestetizzano». Ma in questo periodo storico le sfide sono enormi e il Papa esorta i giovani a cercare e rischiare. «abbracciamo il rischio di pensare che non siamo in un’agonia, bensì in un parto; non alla fine, ma all’inizio di un grande spettacolo. Siate dunque protagonisti di una “nuova coreografia” che metta al centro la persona umana, siate coreografi della danza della vita». Bisogna andare avanti, essere semi e come i semi, ricordare che se essi «preservassero sé stessi, sprecherebbero completamente la loro potenza generativa e ci condannerebbero alla fame».

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Così è anche per la conoscenza che va impegnata, investita. «Sarebbe uno spreco pensare a un’università impegnata a formare le nuove generazioni solo per perpetuare l’attuale sistema elitario e diseguale del mondo, in cui l’istruzione superiore resta un privilegio per pochi. Se la conoscenza non viene accolta come responsabilità, diventa sterile. Se chi ha ricevuto un’istruzione superiore (che oggi, in Portogallo e nel mondo, rimane un privilegio) non si sforza di restituire ciò di cui ha beneficiato, non ha capito fino in fondo cosa gli è stato offerto». Il titolo di studio, continua, «non deve infatti essere visto solo come una licenza per costruire il benessere personale, ma come un mandato per dedicarsi a una società più giusta e inclusiva, cioè più progredita». Ringrazia i ragazzi per le loro testimonianze e riconosce loro che vogliono essere protagonisti del cambiamento. «Questo anziano che vi parla», dice Francesco, «sogna che la vostra generazione divenga una generazione di maestri. Maestri di umanità. Maestri di compassione. Maestri di nuove opportunità per il pianeta e i suoi abitanti. Maestri di speranza». Riconoscendo l'urgenza drammatica di prendersi cura del pianeta, della casa comune ridefinendo «ciò che chiamiamo progresso ed evoluzione. Perché, in nome del progresso, si è fatto strada troppo regresso. Voi siete la generazione che può vincere questa sfida: avete gli strumenti scientifici e tecnologici più avanzati ma, per favore, non cadete nella trappola di visioni parziali. Non dimenticate che abbiamo bisogno di un’ecologia integrale, di ascoltare la sofferenza del pianeta insieme a quella dei poveri; di mettere il dramma della desertificazione in parallelo con quello dei rifugiati; il tema delle migrazioni insieme a quello della denatalità; di occuparci della dimensione materiale della vita all’interno di una dimensione spirituale. Non polarizzazioni, ma visioni d’insieme». E poi bisogna essere lievito per il mondo perché non basta che un cristiano sia convinto, deve essere convincente.

Chiama gli studenti a vivere le Beatitudini plaudendo all'istituzione di una nuova cattedra, quella dedicata all’«Economia di Francesco e di Chiara», perché il contributo «femminile è indispensabile. Del resto, nella Bibbia si vede come l’economia della famiglia è in larga parte in mano alla donna. È lei la vera “reggente” della casa, con una saggezza che non ha per fine esclusivamente il profitto, ma la cura, la convivenza, il benessere fisico e spirituale di tutti, e pure la condivisione con i poveri e i forestieri». Con questo spirito vanno affrontati gli studi di economia per restituirle «la dignità che le spetta, perché non sia preda del mercato selvaggio e della speculazione». In questa ottica «l’iniziativa del Patto Educativo Globale, e i sette principi che ne formano l’architettura, includono molti di questi temi, dalla cura della casa comune alla piena partecipazione delle donne, fino alla necessità di trovare nuove modalità d’intendere l’economia, la politica, la crescita e il progresso». Uno dei punti è quello dell'educazione all'accoglienza. E conclude sottolineando la testimonianza di Mahoor che ha «ritrovato speranza perché qualcuno ha creduto nell’impatto trasformante della cultura dell’incontro. Ogni volta che qualcuno pratica un gesto di ospitalità, provoca una trasformazione». Che è visibile nel campus dove si mescolano lingue e culture diverse e dove ciascuno cerca, come ha sottolineato Francesco, di acquisire «competenze scientifiche» e di maturare «come persone nella conoscenza di sé e nel discernimento della propria strada» puntando sempre in alto per cambiare il mondo.

Annachiara Valle

© www.famigliacristiana.it, giovedì 3 agosto 2023

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