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L'umiltà di Benedetto che scuote il mondo

Ha usato il latino. La voce ferma. Seduto, con il foglio del discorso saldo nelle mani. Che, ieri, al termine del Concistoro pubblico per la canonizzazione dei martiri di Otranto, di Laura di Santa Caterina da Siena Montoya y Upegui e di Maria Guadalupe García Zavala non è stato quello che ci si aspettava: «Rinuncio al ministero di vescovo di Roma».

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Parole mai udite, in questo modo, dentro le mura vaticane. Ascoltate «con senso di smarrimento», e che hanno colto tutti di sorpresa, «quasi del tutto increduli» come dirà alla fine - a nome dei presenti, ma nei fatti interpretando il pensiero di tutta la Chiesa - il cardinale Angelo Sodano, decano del Sacro Collegio. Il pontificato di Benedetto XVI terminerà il prossimo 28 febbraio del 2013, alle ore 20. Dopo di che avrà inizio il regime in sede vacante, con la decadenza di tutti i capi dicastero, e inizieranno i preparativi per il Conclave chiamato ad eleggere il successore di papa Ratzinger. Il quale, ovviamente, non vi prenderà parte, e assisterà a tutto questo dalla residenza di Castel Gandolfo; si tratterrà fino a quando saranno conclusi i lavori di ristrutturazione del piccolo monastero Mater Ecclesiae, nel cuore del Vaticano, dove si ritirerà definitivamente.

Una decisione che era nell’aria, e che lo stesso Pontefice aveva in varie occasioni, già da cardinale prefetto della Congregazione per la Dottrina della fede e poi ancora come vescovo di Roma, inquadrato in un quadro "possibile", ma non per questo attesa. E che nel momento in cui è arrivata, come detto, ha lasciato tutti senza parole. «Carissimi Fratelli, vi ho convocati a questo Concistoro non solo per le tre canonizzazioni, ma anche per comunicarvi una decisione di grande importanza per la vita della Chiesa». È stato questo l’esordio del discorso di Benedetto XVI a conclusione del Concistoro per la canonizzazione di beati in programma ieri mattina, occasione scelta non a caso - considerata la solennità della cerimonia e la presenza di molti cardinali - per dare l’annuncio della sua rinuncia al ministero di vescovo di Roma.

«Dopo aver ripetutamente esaminato la mia coscienza davanti a Dio – ha proseguito, parlando in latino – sono pervenuto alla certezza che le mie forze, per l’età avanzata, non sono più adatte per esercitare in modo adeguato il ministero petrino. Sono ben consapevole che questo ministero, per la sua essenza spirituale, deve essere compiuto non solo con le opere e con le parole, ma non meno soffrendo e pregando.

Tuttavia, nel mondo di oggi, soggetto a rapidi mutamenti e agitato da questioni di grande rilevanza per la vita della fede, per governare la barca di San Pietro e annunciare il Vangelo, è necessario anche il vigore sia del corpo, sia dell’animo, vigore che, negli ultimi mesi, in me è diminuito in modo tale da dover riconoscere la mia incapacità di amministrare bene il ministero a me affidato. Per questo, ben consapevole della gravità di questo atto, con piena libertà, dichiaro di rinunciare al ministero di vescovo di Roma, successore di San Pietro, a me affidato per mano dei cardinali il 19 aprile 2005, in modo che, dal 28 febbraio 2013, alle ore 20.00, la sede di Roma, la sede di San Pietro, sarà vacante e dovrà essere convocato, da coloro a cui compete, il Conclave per l’elezione del nuovo Sommo Pontefice».

Parole ponderate una per una, in rispetto a quanto previsto dal Codice di Diritto Canonico - come spiegato dal portavoce vaticano padre Federico Lombardi (vedi articolo a pagina 2), per sgombrare ogni ombra su possibili congetture circa le motivazioni di questo gesto inedito. E infine la richiesta di pregare per lui, la richiesta di «perdono per tutti i miei difetti», e una promessa: «Per quanto mi riguarda, anche in futuro, vorrò servire di tutto cuore, con una vita dedicata alla preghiera, la Santa Chiesa di Dio». Cosa di cui, invero, nessuno dubita: «Certo – ha detto Sodano  – le stelle nel cielo continuano sempre a brillare, e così brillerà sempre in mezzo a noi la stella del suo pontificato». Anche su questo, nessun dubbio.

Salvatore Mazza
 
© Avvenire, 12 febbraio 2013
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