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Maria, Madre della tenerezza, modello di una Chiesa che cura e si prende cura

Approfondimento sulla XXVI Giornata mondiale del malato di domenica 11 febbraio 2017
  1. Per il terzo anno consecutivo…

Per il terzo anno consecutivo papa Francesco sceglie un tema mariano per la Giornata mondiale del malato. Dopo aver proposto l’affidamento a Gesù misericordioso come Maria nel 2016 (Gv 2,5) e quello dell’anno successivo lo stupore per quanto Dio compie (Lc 1,49), per il 2018 il papa continua a guardare alla “Figlia del tuo Figlio” come modello di riferimento esemplare per ogni cristiano (Gv 19,26-27).

Non possiamo meravigliarcene, perché l’appuntamento dell’11 febbraio è sempre collegato alle apparizioni di Lourdes, meta di continui pellegrinaggi di malati e di sofferenti nel corpo e nello spirito, luogo di preghiera incessante per chiedere e ottenere la guarigione del corpo e dello spirito, spazio privilegiato di testimonianza di amore della Madre di Dio, sempre sollecita e premurosa per la sorte dei suoi figli.

 Sono ormai 26 gli anni di vita di questa iniziativa pastorale presa da Giovanni Paolo II nel 1992, che ha permesso di allargare gli orizzonti dell’attenzione della comunità ecclesiale ai bisogni del malato e che è stata occasione di numerosissime iniziative di catechesi sul mistero salvifico del dolore, di celebrazioni liturgiche affollate e coinvolgenti, di promozione di opere di carità sviluppate in ciascuna chiesa locale e in ogni angolo del mondo.

  1. I luoghi evangelici mariani

Tre sono i luoghi evangelici che sono stati scelti come icone delle ultime Giornate mondiali del malato: la casa di un piccolo villaggio della Palestina, Nazareth; la sala del banchetto nuziale di due giovani sposi, nella comunità di Cana; la collina della periferia di Gerusalemme dove una Madre vede morire in croce il suo giovane Figlio Gesù, in modo scandaloso, “scomunicato” dalla religione ufficiale.  

Nazareth è lo spazio e il luogo della vita familiare di Maria, ove svolge la sua attività ordinaria di donna, di sposa e di madre; ma è anche il luogo e lo spazio dove Gesù vive gli anni della sua fanciullezza e della sua giovinezza nel nascondimento e nella “banalità” quotidiana. È il luogo e lo spazio del silenzio e della preghiera di una ragazza che si apre al mistero di Dio attraverso l’accettazione della proposta di diventare madre, pur restando vergine, nel completo abbandono al progetto divino. È il luogo e lo spazio del primo “sì” mariano, foriero di altri numerosi “sì” alle esigenze del mistero della redenzione, fino al “sì” finale, più doloroso e più glorioso di tutti.

Cana è lo spazio e il luogo della festa di matrimonio che coinvolge un intero paese per la celebrazione dell’amore umano, benedetto dalla presenza di Gesù e di Maria e segnato dal primo grande miracolo del cambiamento dell’acqua in vino, segno di messianicità del frutto del suo grembo. È lo spazio e il luogo della gioia dell’amore che fa nuove tutte le cose, è l’occasione per inaugurare i tempi messianici per liberare l’uomo e gli uomini dalla tristezza, dalla solitudine e dall’aridità che portano alla morte.

Monte del Cranio è lo spazio e il luogo della conclusione drammatica di una vita innocente, accompagnata dalla presenza di una “madre” e di un “figlio”, che sono affidati da Gesù morente alle cure reciproche di ciascuno. Circondato da un silenzio assordante in uno spettacolo di folla di curiosi, con la presenza di forestieri presenti nella capitale per le feste di Pasqua, Egli porta a compimento la sua opera di redenzione dell’intera umanità. 

  1. La vocazione materna di Maria

Sin dalle prime riga, il papa sottolinea la vocazione materna di Maria, madre di Gesù e dell’intera umanità. La sua maternità si allarga quasi a cerchi concentrici: è madre dei discepoli del suo Figlio, è madre del discepolo amato, è madre della prima comunità cristiana nei giorni della Pentecoste, è madre della Chiesa di tutti i tempi.

Tale vocazione materna passa alla Chiesa intera: “La comunità tutta dei discepoli è coinvolta nella vocazione materna di Maria”. Il suo ruolo si realizza nel “contemplare in lei il modello del discepolato”, nel generare “figli capaci di amare secondo il comando di Gesù”, nella “cura dei suoi figli”, nella condivisione dell’impegno del Maestro che “vuole condurre tutti gli uomini all’incontro con il Padre”.

La vocazione materna della Vergine per volontà di Gesù è stata assunta dai suoi discepoli e dalla Chiesa: “Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo ad ogni creatura…Questi saranno i segni che accompagneranno quelli che credono: …imporranno le mani ai malati e questi guariranno” (Mc 16,17-18). L’ impegno principale perciò è quello di “prendersi cura gli uni degli altri”, di aprirsi “a tutti, senza esclusioni” annunciando il Vangelo del Regno; in una parola: “a tutti coloro che sono nel bisogno deve indirizzarsi la carità dei cristiani, semplicemente perché sono persone, figli di Dio”.

Il modello esemplare di Maria e della comunità cristiana resta sempre Gesù, che nella sua vita terrena “ha incontrato molte persone malate nello spirito, perché piene di orgoglio (cfr Gv 8,31-39) e malate nel corpo (cfr Gv 5,6). A tutti Egli ha donato misericordia e perdono, e ai malati anche guarigione fisica, segno della vita abbondante del Regno, dove ogni lacrima sarà asciugata”.

  1. Uno sguardo al passato: memoria di una lunga storia di servizio

In un secondo passaggio papa Bergoglio volge il suo sguardo alla storia di duemila anni della Chiesa nel compimento della sua missione: attenzione e servizio ai malati, ai poveri e agli esclusi della società.

Proprio facendo memoria della storia della carità nel mondo della sanità, sia nelle strutture sanitarie e ospedaliere che a domicilio, egli fa scorrere davanti ai nostri occhi una lunga processione di santi e di sante che si sono prodigati per la cura delle ferite del corpo e delle piaghe dello spirito: “una ricchissima serie di iniziative a favore dei malati”. Sin dai primissimi anni della sua storia, la comunità cristiana ha rivolto uno sguardo particolare ai malati: la guarigione dello storpio alle porte del tempio di Gerusalemme da parte di Pietro (cfr Atti 3,1-10) diventa il paradigma della sollecitudine materna della Chiesa: la nascita degli ospizi, degli xenodochi, delle città di cura degli infermi di san Basilio, seguite da mille altre iniziative di assistenza e di opere di carità.

Tale storia non si è mai conclusa, ma rinverdisce in ogni secolo, sino ai nostri giorni: da Francesco di Assisi a Giovanni di Dio, da Camillo de’ Lellis a Vincenzo de’ Paoli, da Luisa Marillac a Federico Ozanam, da don Gnocchi a madre Speranza, da madre Teresa di Calcutta a padre Pio da Pietrelcina,… L’elenco è troppo lungo per continuare; l’importante è che il filo non si spezzi.  

Dal ricordo del passato il papa fa scaturire tre conseguenze:

- anzitutto è doveroso gioire per quanto operato lungo i secoli da tanti nostri fratelli e sorelle nella fede, sentirsi coinvolti nel fiume di amore che ha generato tanto bene a favore degli ultimi;

- inoltre bisogna lasciarsi arricchire da questa onda di carità e di bene che è stata compiuta dai molteplici soggetti del popolo di Dio: laici e laiche, consacrati e consacrate, diaconi e sacerdoti, vescovi e pontefici; proprio loro hanno confermato nella vita la verità della vocazione universale alla santità;

- infine progettare il futuro che propone sfide sempre nuove dinanzi ai bisogni sempre diversi delle nuove povertà; la santità in tal modo diventa il riflesso della ricchezza della santità di Dio. Lo Spirito Santo suscita sempre vocazioni originali per rispondere alle invocazioni di aiuto che si innalza dalla terra al cielo.

  1. Uno sguardo al presente: missione di guarigione di una Chiesa in uscita

Il terzo passaggio della proposta del messaggio papale è lo sguardo rivolto ai nostri giorni, ricordando sia l’ambito della sanità pubblica che quella delle istituzioni private. Viene affermato con estrema chiarezza: “La pastorale della salute resta e resterà sempre un compito necessario ed essenziale (il corsivo è mio), da vivere con rinnovato slancio”. A questo punto sono ricordati i suoi principali luoghi operativi:

- le comunità parrocchiali, chiamate ad essere le cellule territoriali della Chiesa, che vuole vivere e camminare accanto alle case degli uomini, secondo la definizione etimologica del termine (“parà oikòs”); perciò sono state definite negli anni passati comunità sanate dall’amore di Cristo e sananti di tutti coloro che le avvicinano; 

- i centri di cura, intesi nella più ampia accezione: ospedali, strutture sanitarie, residenze assistenziali sociosanitarie; essi diventano campi di azione dei parroci, dei religiosi e delle religiose, dei ministri straordinari della Comunione, dei volontari qualificati nel settore, delle associazioni di ispirazione evangelica e cristiana;

- le famiglie, primi soggetti chiamati a continuare nella storia di ogni giorno l’incarnazione e l’attualizzazione della parabola del “Samaritano che si fa prossimo di coloro che cadono nelle mani della sofferenza e della malattia”;

- i professionisti della salute, che possono essere chiamati col loro nome specifico: medici e infermieri, psicologi e psichiatri, assistenti sociali e tutti coloro che in qualsiasi modo si ritrovano accanto al letto dei pazienti, ricoverati o assistiti a domicilio;

- gli operatori pastorali sanitari, che prendono il volto del cappellano ospedaliero o del sacerdote, l’opera dei consacrati qualificati col carisma del servizio delle cure delle disabilità, delle nuove malattie (per esempio: la depressione, l’anoressia, l’obesità, …), gli interventi della figura femminile giustamente rivalutata per le sue originali e innegabili qualità che contraddistinguono la loro persona.

Giustamente il papa conclude: “È una responsabilità condivisa che arricchisce il valore del servizio quotidiano di ciascuno”.

  1. In preghiera con Maria

Come in tutti i documenti ecclesiali, il messaggio di papa Francesco si conclude con l’affidamento di tutti i malati a Mara, definita “Madre della tenerezza”, perché siano sostenuti nella speranza che apre al futuro, siano accolti a braccia aperte dai discepoli di Cristo, abbiano un posto centrale e un ruolo attivo in seno alle proprie comunità.

 

Leonardo Nunzio Di Taranto

frate cappuccino, Direttore Diocesano Ufficio Pastorale della Salute

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