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Mons. De Donatis: la nuova Esortazione per incarnare la santità nel contesto attuale

Stamani in Sala Stampa vaticana mons. Angelo De Donatis, Vicario del Papa per la diocesi di Roma, il giornalista Gianni Valente e Paola Bignardi dell'Azione Cattolica, hanno presentato l'Esortazione apostolica Gaudete et exsultate

I punti salienti di Gaudete et exsultate sono stati messi in risalto, stamani, durante la presentazione della stessa Esortazione Apostolica presso la Sala Stampa vaticana.

Mons. De Donatis: tutti chiamati alla santità

Non un trattato sulla santità ma il desiderio di incarnarla nel contesto attuale. Questo l’obiettivo che Papa Francesco si propone con la nuova Esortazione Apostolica. La sfida è quella di proporre a tutti la chiamata alla santità come meta perché  viverla significa avere una vita felice e non annacquata, ha spiegato il Vicario del Papa per la diocesi di Roma, mons. Angelo De Donatis. “È un aiuto a tenere il nostro sguardo ben largo”, spiega mons. De Donatis. “È contro la tentazione di ridurre la visuale o di perdere l’orizzonte. Accontentarci a vivacchiare”, sintetizza. Una sanità, dunque, non appannaggio di chi dedica la sua vita alla preghiera o ad un particolare ministero ma che è possibile nella vita di  ogni giorno. Non a caso Papa Francesco parla della “santità della porta accanto”, cioè ad esempio dei padri e delle madri, che lavorano per portare il pane a casa e crescono con amore i loro figli.

Valente: rischi di pelagianesimo e gnosticismo

“Non si possono fare strategie o piani pastorali per produrre la santità”, sottolinea anche il giornalista Gianni Valente, che ha illustrato il secondo capitolo. Due le falsificazioni della santità che per il Papa possono affacciarsi. Si tratta di due eresie dei primi secoli, pelagianesimo e  gnosticismo, che possono ancora sedurre il cuore dei cristiani. Da una parte per il pelagianesimo Cristo sarebbe venuto per dare il buon esempio, la natura umana non sarebbe ferita dal peccato e quindi tutto dipende dallo sforzo umano. Invece - spiega Valente - è il lavoro della grazia a trasformarci in modo progressivo. L’altro rischio è lo gnosticismo quando si concepisce la fede come cammino di conoscenza di verità. “L’Esortazione apostolica avverte uno spirito gnostico che può insinuarsi oggi nella vita della Chiesa – ribadisce Valente - ogni volta che si vuole in qualche modo prescindere dalle fattezze concrete e gratuite con cui opera la grazia, e si prende la via dell’astrazione, che procede disincarnando il Mistero”. Ma “se il cristianesimo viene ridotto a una serie di messaggi e a una serie di idee – fossero pure l’idea della grazia o l’idea di Cristo – a prescindere però dal suo operare reale, allora inevitabilmente la missione della Chiesa si riduce ad una propaganda, ad un marketing: cioè alla ricerca di metodi per diffondere quelle idee e convincere altri a sostenerle”, spiega il giornalista ricordando anche che Francesco non vuole fare battaglie culturali ma chiedere che sia il Signore a liberare dalle forme di gnosticismo e pelagianesimo.

Bignardi: la misericordia

Su terzo e quarto capitolo , le riflessioni di Paola Bignardi, ex-presidente dell’Azione Cattolica. Carta di identità del cristiano sono le Beatitudini. Soprattutto riguardo alla misericordia, la Bignardi ricorda l’esempio riportato al numero 98 del documento  “che – dice - dà l’idea, in maniera molto concreta, di che cosa questo significhi, e in qualche modo mostra il discrimine tra l’essere cristiani e il non esserlo”: “quando incontro una persona che dorme alle intemperie, in una notte fredda”, posso considerarlo un imprevisto fastidioso o riconoscere in lui un essere umano con la mia stessa dignità, come me infinitamente amato dal Padre.

La comunità cristiana

Infine mons. De Donatis ricorda che nel quinto ed ultimo Capitolo, il Papa parla del demonio non come un mito ma come un essere personale che avvelena con odio e vizi. La strada della santità, poi, non va intrapresa da soli, ma “dentro una trama di relazioni interpersonali che si stabiliscono nella comunità cristiana”. 

Debora Donnini-Città del Vaticano

© www.vaticannews.va, lunedì 9 aprile 2018

 

Senso dell'umorismo e santità secondo Papa Francesco

 

L'Esortazione apostolica Gaudete et exsultate affronta anche il tema dell'umorismo che, dice Francesco, è una grazia da chiedere tutti i giorni

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“Il santo è capace di vivere con gioia e senso dell’umorismo”: è quanto afferma il Papa in un passo dell’Esortazione apostolica Gaudete et exsultate. Francesco ricorda che il cristiano, “senza perdere il realismo, illumina gli altri con uno spirito positivo e ricco di speranza” perché la fede è «gioia nello Spirito Santo» (Rm 14,17).

Il malumore non è un segno di santità

“Ordinariamente - osserva - la gioia cristiana è accompagnata dal senso dell’umorismo, così evidente, ad esempio, in san Tommaso Moro, in san Vincenzo de Paoli o in san Filippo Neri. Il malumore non è un segno di santità: «Caccia la malinconia dal tuo cuore» (Qo 11,10). E’ così tanto quello che riceviamo dal Signore «perché possiamo goderne» (1 Tm 6,17), che a volte la tristezza è legata all’ingratitudine, con lo stare talmente chiusi in sé stessi da diventare incapaci di riconoscere i doni di Dio”.

La preghiera del buon umore di san Tommaso Moro

Francesco raccomanda, in particolare, di recitare la preghiera attribuita a san Tommaso Moro: «Dammi, Signore, una buona digestione, e anche qualcosa da digerire. Dammi la salute del corpo, con il buon umore necessario per mantenerla. Dammi, Signore, un’anima santa che sappia far tesoro di ciò che è buono e puro, e non si spaventi davanti al peccato, ma piuttosto trovi il modo di rimettere le cose a posto. Dammi un’anima che non conosca la noia, i brontolamenti, i sospiri e i lamenti, e non permettere che mi crucci eccessivamente per quella cosa tanto ingombrante che si chiama “io”. Dammi, Signore, il senso dell’umorismo. Fammi la grazia di capire gli scherzi, perché abbia nella vita un po’ di gioia e possa comunicarla agli altri. Così sia».

Uscire dal nostro guscio per scoprire la gioia

“Se lasciamo che il Signore ci faccia uscire dal nostro guscio e ci cambi la vita - scrive il Papa - allora potremo realizzare ciò che chiedeva san Paolo: «Siate sempre lieti nel Signore, ve lo ripeto: siate lieti» (Fil 4,4)”. “Ci sono momenti duri, tempi di croce - sottolinea - ma niente può distruggere la gioia soprannaturale, che «si adatta e si trasforma, e sempre rimane almeno come uno spiraglio di luce che nasce dalla certezza personale di essere infinitamente amato, al di là di tutto».  E’ una sicurezza interiore, una serenità piena di speranza che offre una soddisfazione spirituale incomprensibile secondo i criteri mondani”.

Dio ci vuole positivi, non complicati

Francesco ricorda una delle sue citazioni preferite del Siracide, l’amore paterno di Dio che ci invita: «Figlio, […] trattati bene […]. Non privarti di un giorno felice» (Sir 14,11.14). Il Signore “ci vuole positivi, grati e non troppo complicati: «Nel giorno lieto sta’ allegro […]. Dio ha creato gli esseri umani retti, ma essi vanno in cerca di infinite complicazioni» (Qo 7,14.29). In ogni situazione, occorre mantenere uno spirito flessibile, e fare come san Paolo: «Ho imparato a bastare a me stesso in ogni occasione» (Fil 4,11). E’ quello che viveva san Francesco d’Assisi, capace di commuoversi di gratitudine davanti a un pezzo di pane duro, o di lodare felice Dio solo per la brezza che accarezzava il suo volto”.

Una gioia che nasce dalla fraternità

Il Papa non parla della “gioia consumista e individualista così presente in alcune esperienze culturali di oggi. Il consumismo infatti non fa che appesantire il cuore; può offrire piaceri occasionali e passeggeri, ma non gioia”. Si riferisce invece “a quella gioia che si vive in comunione, che si condivide e si partecipa, perché «si è più beati nel dare che nel ricevere» (At 20,35) e «Dio ama chi dona con gioia» (2 Cor 9,7). L’amore fraterno moltiplica la nostra capacità di gioia, poiché ci rende capaci di gioire del bene degli altri”.

Chiedere la grazia del senso dell’umorismo

“Il senso dell’umorismo è una grazia che io chiedo tutti i giorni” - aveva detto nel novembre 2016 nel corso di una intervista rilasciata a Tv2000 e InBlu Radio – perché “il senso dell’umorismo ti solleva, ti fa vedere il provvisorio della vita e prendere le cose con uno spirito di anima redenta. E’ un atteggiamento umano, ma è il più vicino alla grazia di Dio”. “Io – aveva raccontato il Papa – ho conosciuto un prete, un grande sacerdote, un grande pastore, per citarne uno, che aveva un senso dell’umorismo grande, ma faceva tanto bene anche con quello, perché relativizzava le cose: ‘L’Assoluto è Dio, ma questo si arrangia … stai tranquillo …’. Ma senza dirlo così, sapeva farlo sentire, con il senso dell’umorismo. E di lui si diceva: ‘Ma questo sa ridere degli altri, di se stesso, anche della propria ombra’”.

Benedetto XVI e gli angeli che volano perché si prendono alla leggera

Infine, ricordiamo anche Benedetto XVI quando, in una intervista rilasciata il 5 agosto 2006 a tre TV tedesche e alla Radio Vaticana, ha parlato dell’importanza dell’umorismo, del  “saper vedere anche l’aspetto divertente della vita e la sua dimensione gioiosa e non prendere tutto così tragicamente”. Questo - aveva sottolineato - lo trovava un aspetto molto importante anche per il suo ministero. Benedetto nell’occasione aveva citato lo scrittore inglese Gilbert K. Chesterton che, con una battuta, spiegava che gli angeli possono volare “perché si prendono alla leggera”. “Perché non si prendono troppo sul serio", aveva aggiunto Benedetto XVI, che così concludeva: "E noi forse potremmo anche volare un po’ di più, se non ci dessimo così tanta importanza”.

Sergio Centofanti - Città del Vaticano

© www.vaticannews.va, lunedì 9 aprile 2018