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Monsignor Satriano: «Abbandoniamo il disumano ragionevole»

L'arcivescovo di Bari Bitonto, aprendo il XVI forum sul creato organizzato da Greenaccord, ricorda all'informazione, alla società e alla Chiesa che bisogna tornare a "tessere il noi sociale ed ecclesiale abbandonando la logica del prodotto e del profitto"

«Uno spazio per riflettere insieme rimettendo al centro la necessità di ritessere il “noi” sociale ed ecclesiale che abbiamo perso. La vita ha bisogno di essere presa in carico, mentr ein questi anni abbiamo sposato più la logica del prodotto e del profitto». Monsignor Giuseppe Satriano, arcivescovo di Bari Bitonto apre i lavori del XVI Forum dell’informazione cattolica per la custodia del creato organizzato da Greenaccord sul tema "Nessuno si salva da solo". Lo fa ricordando che «questo incontro che si svolge dal primo al tre ottobre nella nostra bella città, è un’occasione importante anche per prepararsi alle prossime settimane sociali che si svolgeranno a Taranto dal 21 al 24 ottobre».

Cosa si aspetta da questi eventi?

«Questo incontro e le settimane sociali non sono la panacea per delle problematiche, come quella ambientale, delle disuguaglianze, dello sviluppo sostenibile, che sono planetarie però sono spazi che dobbiamo tornare a coltivare con maggiore attenzione. Credo che il mondo della comunicazione, se si fa riflessivo e capace di dare spessore alle notizie, potrà aiutare meglio la popolazione e il pubblico dei lettori. Abbiamo bisogno di scendere in profondità e di non consumare le notizie in maniera vorace come consumiamo anche il cibo, come consumiamo le relazioni e tutto quello che ci sta intorno».

Il tema è Nessuno si salva da solo. Cosa ne pensa?

«Che è necessario riflettere insieme, ma sul serio. Questi sono spazi importanti da cui ripartire con maggiore determinazione e volontà, ma anche con una maggiore chiarezza. Perché quando quando ci si confronta e si riesce a mettere in campo la capacitò di ascolto reale, tutto questo diventa fruttuoso e capace di consegnarci profezie significative e autorevoli. Ne abbiamo ascoltate alcune e ne vediamo ogni giorno. Ci sono giovani, per esempio, che si sono messi in ascolto della realtà e hanno saputo mettersi in gioco destabilizzando alcune concezioni del vivere che questa società aveva radicato in sé. Chi fa scelte umili e povere oggi ha capito con quale stile affrontare la vita».

Lei ha parlato di un disumano ragionevole che si è insinuato anche nella vita della Chiesa. Ci spiega meglio?

«Non rivelo niente di nuovo nel dire che gli ultimi anni abbiamo sentito uomini politici e di cultura inoculare, in nome di una ragionevolezza del vivere, atteggiamenti disumani. Quello slogan molto frequentato che dice “prima io e poi gli altri”, per esempio, è un disumano ragionevole. L’aver osservato alcune situazioni della vita dell’uomo soltanto in maniera settoriale e preconcetta, pregiudiziale, con un atteggiamento non attento al tutto, ha fatto sì che, di fronte alle questioni anche forti della vita, l’uomo si ponga più in un atteggiamento di ciò che mi piace, di ciò che mi conviene e non di ciò che è giusto, di ciò che ha valore. Quindi lentamente il disumano si annida come una scelta possibile, ragionevole, per poter ottenere ciò che mi necessita per vivere, anche se questo costa il far fuori, lo scartare, l’eliminare la vita di qualcun altro».

E questo anche all’interno della Chiesa?

«Purtroppo è un atteggiamento che abbiamo acquisito lentamente, che si è sedimentato giorno dopo giorno, momento dopo momento anche nella vita della Chiesa. Quando Giovanni Paolo II, alla vigilia della sua morte, parlava del materialismo pratico come minaccia per la vita della Chiesa e della società umana io credo che facesse riferimento a questo discorso. Il materialismo pratico è il disumano ragionevole».

Come tornare indietro?

«Occorre avviare, come farà il Sinodo, una dinamica che rimetta la Chiesa in reale ascolto. Pensiamo a come il discorso dei poveri posti al centro dal Papa, come lente evangelica con cui leggere la vita della Chiesa, sia stata anche ostracizzata con giustificazioni molto qualunquiste e spesso pretestuose, con logiche appunto di un disumano ragionevole. Il Papa è stato tacciato di pauperismo, ma il Pontefice non fa pauperismo. Sta rimettendo al centro una discriminante che è prettamente evangelica: Gesù nasce reietto, emarginato, abbandonato, in una stalla tra gli animali ed è il segno di una umanità che va rimessa al centro. La storia va letta a partire dai poveri, non dai potenti e dai successi. La Chiesa questo un po’ lo aveva dimenticato. Anche se il magistero dei Papi è stato sempre molto attento ai poveri, di fatto la vita ecclesiale si era assestata su logiche e comportamenti non prettamente evangelici».   

Annachiara Valle

© www.famigliacristiana.it, sabato 2 ottobre 2021