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Non abbandoniamoli al gioco

Nel gioco si concentra una parte non piccola dell’impegno familiare dove tutti i membri “mettono in gioco”, appunto, sé stessi, il loro desiderio sincero di conoscersi meglio

img_1530_2388498.jpgBuon anno. Un anno che comincia denso di incognite ma con una certezza: la famiglia è più che mai il rifugio che può proteggere ed educare in un mondo in cui qualsiasi sicurezza sociale ed economica sembra esposto a una crisi di sistema che è anche crisi di valori.

     In questo contesto tornare a parlare di giochi è tutt’altro che banale, posto che nel gioco si concentra una parte non piccola dell’impegno familiare dove tutti i membri “mettono in gioco”, appunto, sé stessi, il loro desiderio sincero di conoscersi meglio e – pur con le ovvie e importanti differenze di età, di maturità e di ruolo – procedere insieme.

Non mi sembra inutile da questo punto di vista insistere sul fatto che è invece negativo disinteressarsi del gioco dei figli. Specie se si tratta di giochi interattivi e digitali, che a fronte di una grande semplicità di approccio e di un’altrettanto notevole capacità di coinvolgere, investono bambini e ragazzi con una enorme forza d’impatto emozionale, razionale ed etico. Davvero non c’è niente di banale nei videogiochi.

Interessarsene, per genitori e nonni, non può d’altra parte significare – di fatto sarebbe impossibile farlo sempre o anche spesso – che l’adulto s’immerga nel gioco quanto il giovane, o che ne sorvegli ogni mossa. Sarebbe anche controproducente. A mio parere conviene comportarsi come si fa – o sarebbe opportuno fare – con qualsiasi libro o film che entri in casa: sapere che c’è, di che parla, con quale tono.

    Più in generale, credo che sia essenziale mostrare interesse al di là dell’incompetenza che quasi tutti gli adulti possiedono nei confronti di questo mondo. Il messaggio è: non sei solo, m’importa quello che fai, lo ritengo interessante e positivo, perciò non sentirti solo. Invece è molto negativo far passare messaggi del tipo “basta che stai tranquillo e non rompi le scatole puoi fare quello che vuoi”.

     È questo l’abbandono pericoloso, quello che induce insicurezza e che trasforma il gioco in fuga ed evasione: ovvero nella forma più dolente ed autolesionistica di ribellione familiare, quella silenziosa e solitaria.

Giuseppe Romano

© Famiglia Cristiana, 4 gennaio 2012

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