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«Oggi è un giorno di pianto», il Papa prega sulla tomba di san Francesco

Papa Francesco in visita pastorale nella città del santo Patrono d'Italia ricorda la tragedia di Lampedusa. «Seguire la via della povertà se vogliamo salvarci tutti dal naufragio». Nella sala della «spogliazione» del Poverello: «La Chiesa si spogli della mondanità che uccide l'anima». Il primo saluto ai bambini disabili e malati dell’istituto Seraphicum. «Le persone svantaggiate siano al centro della politica»

La "mondanità spirituale uccide l'anima, le persone, la Chiesa". Lo ha detto il Papa, parlando a braccio ai poveri ad Assisi. Nella sala della spoliazione di Francesco, Bergoglio ha chiesto al Signore che "dia a tutti noi il coraggio di spogliarci dello spirito del mondo che è la lebbra, il cancro della società, il nemico di Gesù".

"Per tutti, anche per la nostra società che dà segni di stanchezza, se vogliamo salvarci dal naufragio, è necessario seguire la via della povertà, che non è la miseria - questa è da combattere -, ma è il saper condividere, l'essere più solidali con chi è bisognoso, il fidarci più di Dio e meno delle nostre forze umane". ha detto papa Francesco. La Chiesa deve spogliarsi "di ogni mondanità spirituale", della "paura di aprire le porte e di uscire incontro a tutti", della "tranquillità apparente che danno le strutture", ha preseguito il Papa parlando a braccio e saltando il discorso ufficiale.

Rivolgendosi "a braccio" ai poveri assistiti dalla Caritas, tra cui molti stranieri, il Papa ha detto: "tanti di voi siete stati spogliati da questo mondo selvaggio, che non dà lavoro, che non aiuta, a cui non importa se ci sono bambini che muoiono di fame nel mondo, non importa se tante famiglie non hanno da mangiare, non hanno la dignità di portare il pane a casa, non importa - ha aggiunto - di tanta gente che deve fuggire dalla schiavitù, dalla fame e fuggire cercando la libertà". "E con quanto dolore - ha detto ancora il Pontefice - tante
voglie vediamo che trovano la morte come è successo ieri a Lampedusa. Ma oggi è un giorno di pianto".

L'arrivo al "Seraphicum" e l'abbraccio al bambini disabili. Papa Francesco ha iniziato la sua visita pastorale ad Assisi in occasione delle celebrazioni per il Patrono d'Italia. L’elicottero papale è atterrato nel campo sportivo dell’Istituto "Serafico" alle 7.30, in anticipo di un quarto d'ora programma, vista anche l’intensissima giornata fitta di appuntamenti. Ad accogliere il Papa c'erano il presidente del Senato Piero Grasso e quello della Regione Umbria, Catiuscia Marini. Primo incontro del Papa con i bambini disabili e malati, ospiti dell’istituto. Commovente l'abbraccio del Santo Padre con i piccoli.

Sono circa 60 i giovani pluriminorati attualmente assistiti nella casa fondata dal beato Ludovico da Casoria il 17 settembre 1871, in ricordo delle stimmate ricevute da San Francesco, segno della sofferenza di Gesù che si protrae nelle sofferenze dei ragazzi. Al "Seraphicum", Papa Francesco è stato accolto dal nunzio in Italia, monsignor Adriano Bernardini, e dal vescovo di Assisi, monsignor Domenico Sorrentino, che gli è poi rimasto accanto durante tutto il tempo, oltre mezz'ora, dedicato a salutare gli ospiti. Alcuni infermieri, mentre Francesco continuava a intrattenersi con i giovani, hanno srotolato un piccolo striscione con scritto "Francesco ripara la mia casa", che è l'invito che fu rivolto al Poverello dal Crocifisso di San Damiano.

"Noi siamo tra le piaghe di Gesù. Queste piaghe hanno bisogno di essere ascoltate. Di essere riconosciute", ha detto Papa Francesco, all'incontro con i bambini disabili e ammalati ospiti dell'Istituto. "Miì viene in mente -ha proseguito- quando il Signore Gesù andava in cammino con quei due discepoli tristi", ad Emmaus. "Ma alla fine -ha rimarcato Bergoglio- Gesù ha fatto vedere le sue paghe e loro lo hanno riconosciuto. Poi il pane, lui era lì. Gesù è presente e nascosto dietro la semplicità e la mitezza di un pane". "Mettere al centro
dell'attenzione sociale e politica le persone più svantaggiate". Lo ha chiesto Papa Francesco nel discorso ufficiale - consegnato ma non letto - in risposta al sindaco di Assisi, Claudio Ricci. "A volte - ha scritto il Pontefice nel testo - le famiglie si trovano sole nel farsi carico di loro. Che cosa fare? Da questo luogo in cui si vede l'amore concreto, dico a tutti: moltiplichiamo le opere della cultura dell'accoglienza, opere anzitutto animate da un profondo amore cristiano".

Ad Assisi il Papa ha portato con sè, come "un dono di amore di Gesù", la lettera di Nicolas, un ragazzo di 16 anni, disabile fin dalla nascita, che abita a Buenos Aires.

Ancora prima dell'alba Assisi si era affollata di pellegrini. Diversi i pullman e le auto sulle strade di accesso e i fedeli nelle strade, davanti ai maxischermi per seguire il Pontefice.

© Avvenire, 4 ottobre 2013

 

«Queste piaghe devono essere ascoltate»

 

 

 

Papa Francesco alle ore 8.00, ha incontrato nella cappella i bambini disabili e ammalati ospiti dell’Istituto. Dopo le parole di benvenuto del Sindaco di Assisi, Dott. Claudio Ricci, e la presentazione della realtà dell’Istituto Serafico da parte della Presidente, Dott.ssa Francesca di Maolo, il Papa ha rivolto ai presenti un discorso a braccio, dando per letto quello preparato.

Noi siamo fra le piaghe di Gesù, ha detto lei, signora. Ha anche detto che queste piaghe hanno bisogno di essere ascoltate, di essere riconosciute. E mi viene in mente quando il Signore Gesù andava in cammino con quei due discepoli tristi. Il Signore Gesù, alla fine, ha fatto vedere le sue piaghe e loro hanno riconosciuto Lui. Poi il pane, dove Lui era lì. Il mio fratello Domenico mi diceva che qui si fa l’Adorazione. Anche quel pane ha bisogno di essere ascoltato, perché Gesù è presente e nascosto dietro la semplicità e la mitezza di un pane. E qui è Gesù nascosto in questi ragazzi, in questi bambini, in queste persone. Sull’altare adoriamo la Carne di Gesù; in loro troviamo le piaghe di Gesù. Gesù nascosto nell’Eucaristia e Gesù nascosto in queste piaghe. Hanno bisogno di essere ascoltate! Forse non tanto sui giornali, come notizie; quello è un ascolto che dura uno, due, tre giorni, poi viene un altro, un altro… Devono essere ascoltate da quelli che si dicono cristiani. Il cristiano adora Gesù, il cristiano cerca Gesù, il cristiano sa riconoscere le piaghe di Gesù. E oggi, tutti noi, qui, abbiamo la necessità di dire: "Queste piaghe devono essere ascoltate!".

Ma c’è un’altra cosa che ci dà speranza. Gesù è presente nell’Eucaristia, qui è la Carne di Gesù; Gesù è presente fra voi, è la Carne di Gesù: sono le piaghe di Gesù in queste persone. Ma è interessante: Gesù, quando è Risorto era bellissimo. Non aveva nel suo corpo dei lividi, le ferite… niente! Era più bello! Soltanto ha voluto conservare le piaghe e se le è portate in Cielo. Le piaghe di Gesù sono qui e sono in Cielo davanti al Padre. Noi curiamo le piaghe di Gesù qui e Lui, dal Cielo, ci mostra le sue piaghe e dice a tutti noi, a tutti noi: "Ti sto aspettando!". Così sia. Il Signore vi benedica tutti. Che il suo amore scenda su di noi, cammini con noi; che Gesù ci dica che queste piaghe sono di Lui e ci aiuti a dare voce, perché noi cristiani le ascoltiamo.

Di seguito riportiamo le altre parole che Papa Francesco aveva preparato per questa occasione e che ha consegnato dandole per lette:

Cari fratelli e sorelle, voglio iniziare la mia visita ad Assisi con voi, vi saluto tutti! Oggi è la festa di San Francesco, e io ho scelto, come Vescovo di Roma, di portare il suo nome. Ecco perché oggi sono qui: la mia visita è soprattutto un pellegrinaggio di amore, per pregare sulla tomba di un uomo che si è spogliato di se stesso e si è rivestito di Cristo e, sull’esempio di Cristo, ha amato tutti, specialmente i più poveri e abbandonati, ha amato con stupore e semplicità la creazione di Dio. Arrivando qui ad Assisi, alle porte della città, si trova questo Istituto, che si chiama proprio "Serafico", un soprannome di san Francesco. Lo fondò un grande francescano, il Beato Ludovico da Casoria. Ed è giusto partire da qui. San Francesco, nel suo Testamento, dice: «Il Signore dette a me, frate Francesco, di incominciare a fare penitenza così: quando ero nei peccati mi sembrava cosa troppo amara vedere i lebbrosi: e il Signore stesso mi condusse tra loro e usai misericordia. E allontanandomi da essi, ciò che mi sembrava amaro mi fu cambiato in dolcezza d’animo e di corpo» (FF, 110).

La società purtroppo è inquinata dalla cultura dello "scarto", che è opposta alla cultura dell’accoglienza. E le vittime della cultura dello scarto sono proprio le persone più deboli, più fragili. In questa Casa invece vedo in azione la cultura dell’accoglienza. Certo, anche qui non sarà tutto perfetto, ma si collabora insieme per la vita dignitosa di persone con gravi difficoltà. Grazie per questo segno di amore che ci offrite: questo è il segno della vera civiltà, umana e cristiana! Mettere al centro dell’attenzione sociale e politica le persone più svantaggiate! A volte invece le famiglie si trovano sole nel farsi carico di loro. Che cosa fare? Da questo luogo in cui si vede l’amore concreto, dico a tutti: moltiplichiamo le opere della cultura dell’accoglienza, opere anzitutto animate da un profondo amore cristiano, amore a Cristo Crocifisso, alla carne di Cristo, opere in cui si uniscano la professionalità, il lavoro qualificato e giustamente retribuito, con il volontariato, un tesoro prezioso.

Servire con amore e con tenerezza le persone che hanno bisogno di tanto aiuto ci fa crescere in umanità, perché esse sono vere risorse di umanità. San Francesco era un giovane ricco, aveva ideali di gloria, ma Gesù, nella persona di quel lebbroso, gli ha parlato in silenzio, e lo ha cambiato, gli ha fatto capire ciò che vale veramente nella vita: non le ricchezze, la forza delle armi, la gloria terrena, ma l’umiltà, la misericordia, il perdono. Qui, cari fratelli e sorelle, voglio leggervi qualcosa di personale, una delle più belle lettere che ho ricevuto, un dono di amore di Gesù. Me l’ha scritta Nicolás, un ragazzo di 16 anni, disabile fin dalla nascita, che abita a Buenos Aires. Ve la leggo: «Caro Francesco: sono Nicolás ed ho 16 anni; siccome non posso scriverti io (perché ancora non parlo, né cammino), ho chiesto ai miei genitori di farlo al posto mio, perché loro sono le persone che mi conoscono di più. Ti voglio raccontare che quando avevo 6 anni, nel mio Collegio che si chiama Aedin, Padre Pablo mi ha dato la prima Comunione e quest’anno, in novembre, riceverò la Cresima, una cosa che mi dà molta gioia. Tutte le notti, da quando tu me l’hai chiesto, io domando al mio Angelo Custode, che si chiama Eusebio e che ha molta pazienza, di custodirti e di aiutarti. Stai sicuro che lo fa molto bene perché ha cura di me e mi accompagna tutti i giorni!! Ah! E quando non ho sonno… viene a giocare con me!! Mi piacerebbe molto venire a vederti e ricevere la tua benedizione e un bacio: solo questo!! Ti mando tanti saluti e continuo a chiedere ad Eusebio che abbia cura di te e ti dia forza. Baci. NICO». In questa lettera, nel cuore di questo ragazzo c’è la bellezza, l’amore, la poesia di Dio. Dio che si rivela a chi ha il cuore semplice, ai piccoli, agli umili, a chi noi spesso consideriamo ultimi, anche a voi, cari amici: quel ragazzo quando non riesce ad addormentarsi gioca con il suo Angelo Custode; è Dio che scende a giocare con lui. Nella Cappella di questo Istituto, il Vescovo ha voluto che ci sia l’adorazione eucaristica permanente: lo stesso Gesù che adoriamo nel Sacramento, lo incontriamo nel fratello più fragile, dal quale impariamo, senza barriere e complicazioni, che Dio ci ama con la semplicità del cuore. Grazie a tutti di questo incontro. Vi porto con me, nell’affetto e nella preghiera. Ma anche voi pregate per me! Il Signore vi benedica e la Madonna e san Francesco vi proteggano.

Dopo avere lasciato la cappella dell’Istituto Serafico, il Santo Padre, affacciandosi ad una finestra, ha rivolto le seguenti parole alle persone presenti all’esterno dell’edificio:

Buongiorno! Vi saluto. Grazie tante per tutto questo. E pregate per tutti i bambini, i ragazzi, le persone che sono qui, per tutti quelli che lavorano qui. Per loro! Tanto bello! Che il Signore vi benedica! Pregate anche per me! Ma sempre! Pregate a favore, non contro! Il Signore vi benedica.

© Avvenire, 4 ottobre 2013

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