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Pandemia, le religiose invitano alla preghiera: “Ascoltiamo i poveri che soffrono"

L'Unione internazionale delle superiore generali (Uisg), i religiosi dell’America latina (Clar), e le consacrate degli Stati Uniti (Lcwr) vivranno questo pomeriggio dalle 15 alle 16.30 ora di Roma, un momento di preghiera mondiale online. Madre Carneiro, ispirandosi al team scelto, ai nostri microfoni commenta: “Siamo senza respiro per l’ingiustizia verso i troppi che nel mondo non hanno accesso alle cure sanitarie”

“I can’t breath – Non posso respirare”: non sono solo le ultime parole dell’afroamericano George Floyd prima di morire soffocato sotto il ginocchio di un poliziotto di Minneapolis. E’ anche il titolo di una poesia, scritta da suor Patrizia, che farà da filo conduttore della preghiera mondiale online proposta per oggi pomeriggio, 23 luglio, dalle 15 alle 16.30 ora di Roma, dall’Unione internazionale delle superiore generali (Uisg) insieme alla Confederazione dei religiosi e delle  religiose dell’America latina (Clar), e alla Conferenza delle leaders religiose degli Stati Uniti (Lcwr).

Preghiera, silenzio e testimonianze 

A questo link di Zoom: https://us02web.zoom.us/j/89788103343 , tutti, ma in primo luogo le religiose e i religiosi di tutto il mondo, sono invitati a pregare insieme, restare in silenzio ed ascoltare tre testimonianze dall’America Latina, dagli Stati Uniti e dall’India, le zone del mondo oggi più colpite dalla pandemia di Covid-19. “Per sentire i sussurri dei poveri che soffrono” è l’invito degli organizzatori.

Non posso respirare quando vedo un fratello soffrire

“Non riesco a respirare quando vedo una sorella o un fratello che soffre” è il primo verso della poesia scritta per l’occasione, nella quale vengono ricordati anche tutti coloro che “muoiono a causa della mancanza di misure adeguate per fermare il virus”, i villaggi “che non hanno accesso alla salute”,  ma anche le donne violentate nella loro capacità generativa e “le ragazze che non possono sbocciare al proprio ritmo”.

Tutte le vite contano

Sentirsi senza respiro per tutte le ingiustizie del mondo, compresa quella terribile subita da George Floyd e che ha dato il via al movimento “Black lives matter” (Le vite dei neri contano). Tutte le vite contano, ricordano le madri superiore dell’Uisg, quelle delle vittime del Covid-19, come quelle delle vittime della tratta di esseri umani, dell'incarcerazione forzata, degli abusi sui minori e della povertà. “Prendiamoci questo tempo per riflettere, per pregare – sarà l’invito di suor Niluka Perera, la religiosa cingalese chiamata all’inizio di questo 2020 a coordinare l’iniziativa Catholic Care for Children International dell’Uisg, che introdurrà la preghiera - e per entrare in contatto con l'umanità sofferente del mondo di oggi”.

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Madre Carneiro: quel grido sentito tante volte in ospedale

“Veramente siamo senza respiro per l’ingiustizia verso i troppi che nel mondo non hanno accesso a cure sanitarie” ci dice madre Anabela Carneiro, superiora generale della Congregazione delle suore ospedaliere del Sacro Cuore di Gesù, portoghese, nel consiglio esecutivo dell’Uisg. Ecco come presenta l’iniziativa di oggi a Vatican News.

Ascolta l'intervista a madre Anabela Carneiro

R.- E’ una iniziativa in comunione con tutte le altre iniziative che sono state realizzate e si realizzano ancora oggi nella Chiesa, nel mondo, chiedendo aiuto per tutte le persone che soffrono in conseguenza di questa pandemia. In particolare ci siamo proposte di unirci agli Stati Uniti e ai Paesi dell’America Latina, che soffrono adesso con tanta forza le conseguenze di questa pandemia. Per questo abbiamo pensato a questa iniziativa di comunione e anche di compassione orante per questa umanità che soffre.

Come si svolgerà concretamente il momento di preghiera online, su Zoom?

R.- Ci sarà un momento di proclamazione della Parola, momenti di musica, di invito alla contemplazione e all'ascolto profondo, per entrare in comunione con questo mondo sofferente, e ci saranno anche alcune testimonianze da parte di diversi componenti di queste conferenze di religiose. E’ anche un modo per noi come vita religiosa di unirci alle iniziative della Chiesa, per fare sentire la nostra voce a sostegno di questa parte dell'umanità che in questo momento è veramente colpita.

Perché avete scelto di chiamare l’iniziativa “Non posso respirare”?

R. - Il Covid-19 è una malattia che colpisce particolarmente i polmoni, il respiro. Ascoltando le testimonianze di tanti operatori sanitari, medici, anche tante religiose che sono state e stanno accanto ai malati,sappiamo che tante volte questo è il grido che si sente da malati, “non posso respirare”. Questa è una parte, la più fondamentale, in questa preghiera. E l'altra parte è veramente un riferimento all'ingiustizia vissuta da George Floyd, ma soprattutto al senso dell' ingiustizia globale. Perché è vero che l'ingiustizia con questo nostro fratello è stata causata dalla discriminazione, ma tante altre persone nel mondo sono discriminate, anche perché non hanno accesso alle cure sanitarie che invece tanti di noi hanno. Veramente c’è nei paesi una differenza così grande tra quelli che possono accedere alle cure sanitarie e quelli che non possono farlo. E forse quelli che non possono accedere sono molti di più. E in questo c'è veramente un’ingiustizia e anche una discriminazione.

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Voi suore ospedaliere siete in contatto ogni giorno con le persone malate, soprattutto di disturbi o disabilità mentali. Come stanno vivendo questa pandemia?

R.- Sorprende come queste persone stiano vivendo questo momento. Farei la differenza tra quelli che sono stati colpiti, perché anche in alcune delle nostre strutture abbiamo avuto dei malati di Covid-19, e quelli che devono obbedire alle misure di confinamento, di distanza sociale, di non poterci salutare, di portare la mascherina, tutte queste misure preventive. E’ una sorpresa molto grande perché anche nella loro debolezza, vulnerabilità, disabilità o malattia, le persone riescono a capire che c'è qualcosa di un po' diverso rispetto a quella che è la nostra relazione normale, il nostro quotidiano modo di comportarci. E veramente, a volte, sorprendono comportamenti, o frasi. Ci dicono: “Adesso non possiamo salutarci”, oppure “Attenzione, stai lontana da me perché non possiamo stare vicino”. Delle cose che sorprendono, in senso positivo, per l'adesione anche di queste persone, che da una parte potremmo pensare che non capiscano. Ma ci sono delle cose che la natura umana capisce veramente e questo è il momento della vulnerabilità, che sperimentiamo tutti noi, malati o non malati, tutti capiamo e ci sentiamo uniti in questa vunerabilità.

In questa preghiera lei chi ricorderà in particolare?

R.- Ricorderò particolarmente una sorella portoghese, suor Lidia Gonclaves, già anziana, che non stava direttamente al servizio dei malati, a causa della sua età e anche dei problemi di salute, ma è stata una delle prime a perdere la vita a causa di questa pandemia. A partire dal suo decesso abbiamo anche scoperto che in una delle nostre strutture c'erano tanti altri casi e ci ha dato l’allarme per poterli identificare. E veramente è stata una sorella che ha offerto la sua vita, non soltanto nei Paesi in cui è stata, ma anche nel mondo, perché ha avuto delle responsabilità a livello della congregazione. E’ stata una vera testimone della compassione di Dio verso i più piccoli e verso i più fragili e la ricorderei particolarmente. E con lei un medico, il dottor Aurelio Capilla, che lavorava con noi in una delle nostre strutture in Spagna e che è stato contagiato nel suo servizio in ospedale e dopo quasi due mesi di lotta è deceduto.

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Alessandro Di Bussolo – Città del Vaticano

© www.vaticannews.va, giovedì 23 luglio 2020

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