Papa al Sinodo ortodosso: camminiamo insieme per aiutare i fratelli a vedere Gesù
Era l’8 maggio del 1999 quando Giovanni Paolo II varcava la soglia del Palazzo Patriarcale di Bucarest per incontrare il capo della Chiesa ortodossa romena, il Patriarca Teoctist, ai quali i fedeli tutti insieme avrebbero chiesto “unità”. In quella stessa direzione oggi, dopo 20 anni, continuano a camminare insieme Francesco e Daniel e lo fanno dallo stesso luogo nel cuore della Romania.( Ascolta il servizio con la voce del Papa)
Sono venuto fratello, pellegrino fratello
Il Papa che da Roma aveva già detto di “pregustarne la gioia”, incontra il Patriarca, monaco e teologo, successore dello stesso Teoctist, e lo fa a poche ore dal suo arrivo in Romania, dopo il saluto alle Autorità e il pranzo in Nunziatura a Bucarest. All'arrivo al Patriarcato, prima la foto, la presentazione delle delegazioni e il benvenuto del Patriarca quindi un momento di colloquio privato poi, il trasferimento alla sala Conventus alla presenza del Sinodo, massimo organo decisionale della Chiesa ortodossa romena.
“Anch'io oggi sono venuto qui pellegrino, fratello pellegrino - scandisce Francesco nel discorso, citando il predecessore - desideroso di vedere il volto del Signore nel volto dei fratelli”. La fraternità è dunque la cifra del primo incontro ecumenico di questo trentesimo viaggio apostolico, tra i capi di due chiese accumunate dal sangue dei martiri, da quello degli apostoli loro fondatori, Pietro e Andrea, e non solo.
Giovanni Paolo II e Teoctist, infatti, è il Patriarca Daniel a ricordarlo nel suo saluto, condivisero l’esperienza spirituale degli anni duri del regime comunista e gioirono insieme della libertà religiosa. Sono loro oggi - afferma il Patriarca- a chiamarci a promuovere la fede e a difendere la famiglia in una Europa secolarizzata e invecchiata.
La fraternità di sangue precede e sostiene i cristiani
Alle origini del cristianesimo, Pietro e Andrea, ricorda dal canto suo Francesco prendendo la parola, furono fratelli di sangue nella testimonianza di Cristo e oggi ricordano a tutti noi che la “fraternità di sangue" precede e sostiene i cristiani “come una silenziosa corrente vivificante”. Essa ci chiama a “non prendere le distanze dal fratello che la condivide”.Quindi il ricordo va alla spietatezza del regime comunista dopo la Seconda guerra mondiale e alle violenze selvagge che dispiegò indiscriminatamente nelle prigioni:
Qui – come in tanti altri luoghi ai nostri tempi – avete sperimentato la Pasqua di morte e risurrezione: tanti figli e figlie di questo Paese, di varie Chiese e comunità cristiane, hanno subito il venerdì della persecuzione, hanno attraversato il sabato del silenzio, hanno vissuto la domenica della rinascita. Quanti martiri e confessori della fede! Molti, di diverse confessioni, sono stati in tempi recenti l’uno accanto all’altro nelle prigioni sostenendosi a vicenda. Il loro esempio sta oggi davanti a noi e alle nuove generazioni che non hanno conosciuto quelle drammatiche condizioni. Ciò per cui hanno sofferto, fino a offrire la vita, è un’eredità troppo preziosa per essere dimenticata o disonorata. Ed è un’eredità comune, che ci chiama a non prendere le distanze dal fratello che la condivide. Uniti a Cristo nella sofferenza e nel dolore, uniti da Cristo nella Resurrezione affinché "anche noi possiamo camminare in una vita nuova".
Giovanni Paolo II e Teoctis artefici di un nuovo tempo di fraternità
Questa è l'esperienza spirituale che hanno condiviso, 20 anni fa, anche Giovanni Paolo II, primo vescovo di Roma a visitare una nazione a maggioranza ortodossa, e il patriarca Teoctist. Quel viaggio - ricorda Francesco - contribuì non solo alla "rifioritura delle relazioni tra ortodossi e cattolici in Romania, ma anche al dialogo tra cattolici e ortodossi in generale" e, accompagnato dal grido spontaneo "Unitate! Unitate!", che si alzò profetico dal popolo dei fedeli, inaugurò il tempo nuovo di "camminare insieme nella riscoperta e nel risveglio della fraternità che già ci unisce”. E "questo" - aggiunge a braccio "già è unitate".
Memoria delle radici non delle scomuniche è luce nel cammino
Un “camminare insieme" che per Francesco oggi deve avvenire con “la forza della memoria”, nell’ ”ascolto del Signore” e “ verso una nuova Pentecoste”. La memoria però, non è quella sterile dei "torti", dei "giudizi e dei pregiudizi", delle "scomuniche”, ma è la “memoria delle radici” che incoraggia e illumina il cammino, la "memoria dei primi secoli dei martiri", della "santità quotidianamente vissuta da persone semplici che condividono lo stesso Cristo":
Grazie a Dio le nostre radici sono sane, sono sane e salde e, anche se la crescita ha subito le storture e le traversie del tempo, siamo chiamati, come il salmista, a fare memoria grata di quanto il Signore ha operato in noi, a elevare a Lui un inno di lode gli uni per gli altri. Il ricordo dei passi compiuti insieme ci incoraggia a proseguire verso il futuro nella consapevolezza – certamente – delle differenze ma soprattutto nell’azione di grazie di un’atmosfera familiare da riscoprire, nella memoria di comunione da ravvivare, che come lampada getti luce sui passi del nostro cammino.
Insieme in ascolto del Signore e incontro ai fratelli
Camminare insieme – cattolici e ortodossi - seguendo il percorso iniziato 20 anni fa, richiede oggi come allora, anche l’ascolto del Signore. E’ l’ascolto che Francesco paragona a quello dei discepoli sulla via verso Emmaus narrato da Luca nel capitolo 24. Il Signore li affianca nel giorno di Pasqua, dialoga a cuore aperto e li aiuta a comprendere quanto accaduto a Gerusalemme, a placare dubbi, inquietudini e interrogativi, per far loro riprendere l'annuncio e il servizio ai fratelli. Così noi oggi, in tempi di "rapidi cambiamenti sociali e culturali" in cui prevalgono l’esclusione, il "senso dilagante di paura" e la "cultura dell’odio", abbiamo bisogno di "ascoltare insieme il Signore", perchè "il cuore arda e l'annuncio non si affievolisca":
Dello sviluppo tecnologico e del benessere economico hanno beneficiato in molti, ma i più sono rimasti inesorabilmente esclusi, mentre una globalizzazione omologante ha contribuito a sradicare i valori dei popoli, indebolendo l’etica e il vivere comune, inquinato, in anni recenti, da un senso dilagante di paura che, spesso fomentato ad arte, porta ad atteggiamenti di chiusura e di odio. Abbiamo bisogno di aiutarci a non cedere alle seduzioni di una “cultura dell’odio”, di una cultura individualista che, forse non più ideologica come ai tempi della persecuzione ateista, è tuttavia più suadente e non meno materialista. Essa presenta spesso come via di sviluppo ciò che appare immediato e risolutorio, ma in realtà è indifferente e superficiale.
Cattolici e ortodossi: dare Dio prima di dire Dio
Tutto questo, insieme alla "fragilita dei legami" che isola le persone e si ripercuote sulla famiglia, ci chiede lo sforzo - osserva ancora Francesco parlando al Sinodo ortodosso - di andare incontro alle fatiche dei fratelli, specie i più giovani, non scoraggiati come erano i discepoli a Emmaus, ma col desiderio di annunciare la speranza che è Cristo Risorto. E il cammino sarà compiuto grazie alla preghiera insistente che il “Signore resti con noi” : Lui che ci vuole pronti, attivi e collaborativi nel “dare Dio” prima che nel “dire Dio”:
In questo senso, ci sono d’esempio le tante comunità ortodosse romene che ottimamente collaborano con le molte diocesi cattoliche dell’Europa occidentale dove sono presenti. In molti casi si è sviluppato un rapporto di reciproca fiducia e amicizia, perchè fratellanza.... alimentata da gesti concreti di accoglienza, sostegno e solidarietà. Attraverso questa vicendevole frequentazione molti cattolici e ortodossi romeni hanno scoperto di non essere estranei, ma fratelli e amici.
Lo Spirito Santo consumi le differenze e ci renda coraggiosi
Siamo nel cammino tra Pasqua e Pentecoste, tra "l’inizio di un nuovo cammino" e l’atto di nascita della Chiesa missionaria nell'unità saldata dallo Spirito Santo ma in una pluralità e ricchezza di lingue. Da qui, l’ultimo invito del Papa alla Chiesa ortodossa di Romania, riunita la Palazzo del Patriarcato, a camminare insieme verso una nuova Pentecoste:
Da Pasqua a Pentecoste: tempo di raccoglierci in preghiera sotto la protezione della Santa Madre di Dio, di invocare lo Spirito gli uni per gli altri. Ci rinnovi lo Spirito Santo, che disdegna l’uniformità e ama plasmare l’unità nella più bella e armoniosa diversità. Il suo fuoco consumi le nostre diffidenze; il suo vento spazzi via le reticenze che ci impediscono di testimoniare insieme la vita nuova che ci offre. Egli, artefice di fraternità, ci dia la grazia di camminare insieme. Egli, creatore della novità, ci renda coraggiosi nello sperimentare vie inedite di condivisione e di missione. Egli, forza dei martiri, ci aiuti a non rendere infecondo il loro sacrificio.
Dunque il cammino insieme riparte da questo incontro e rilancia le due Chiese nel servizio ai fratelli perché conoscano e vedano Gesù trasparire dall'unità che si va consolidando.
Lo scambio dei doni
Al termine del discorso del Papa, lo scambio dei doni. Francesco dona al Patriarca il Codex Pauli edito in occasione del bimillenario della nascita di san Paolo, un tomo arricchito da fregi, cornici e miniature di manoscritti di datazione diversa, provenenti dall'Abbazia di San Paolo fuori le Mura. Quindi i doni del Patriarca Daniel al Papa, diversi libri e dvd anche sulla visita di Giovanni Paolo II in Romania, e sopratutto una medaglia commemorativa dell'inaugurazione, nel 2018, della nuova Cattedrale ortodossa di Bucarest, che ritrae diversi patriarchi con scritte in lingua armena e ebraica.
Gabriella Ceraso - Città del Vaticano
© www.vaticannews.va, venerdì 31 maggio 2019