“E ora vi invito a pregare per la pace in Ucraina, e a farlo spesso nel corso di questa giornata: chiediamo con insistenza al Signore che quella terra possa veder fiorire la fraternità e superare ferite, paure e divisioni”. Così il Papa, al termine dell’udienza di oggi, pronunciata in Aula Paolo VI e dedicata alla figura di San Giuseppe, uomo che sogna. Poco prima, il Papa aveva ricordato la Giornata della memoria, che si celebra domani: “È necessario ricordare lo sterminio di milioni di ebrei, di persone di diverse nazionalità e fedi religiose”, l’invito di Francesco: “Non deve più ripetersi questa indicibile crudeltà”. “Faccio appello a tutti, specialmente agli educatori e alle famiglie – ha proseguito il Papa – perché favoriscano nelle nuove generazioni la consapevolezza dell’orrore di questa pagina nera della storia. Essa non va dimenticata, affinché si possa costruire un futuro dove la dignità umana non sia mai calpestata”.
“Abbiamo parlato prima dell’Olocausto – ha proseguito a braccio durante l’appello per l’Ucraina – ma pensate che più di cinque milioni sono stati annientati durante il tempo dell’ultima guerra. È un popolo che ha sofferto la fame, ha sofferto tanta crudeltà e merita la pace”.
“Le preghiere e le invocazioni che oggi si levano fino al cielo tocchino le menti e i cuori dei responsabili in terra, perché facciano prevalere il dialogo e il bene di tutti sia anteposto agli interessi di parte”,
l’auspicio di Francesco, nella Giornata di preghiera per la pace in Ucraina da lui chiesta ai fedeli di tutto il mondo dopo l’Angelus di domenica scorsa.
“Per favore, mai la guerra!”,
ha esclamato ancora in Papa: “Preghiamo per la pace con il Padre Nostro”, l’invito ai presenti: “è la preghiera dei figli che si rivolgono allo stesso Padre, è la preghiera che ci fa fratelli, è la preghiera dei fratelli che implorano riconciliazione e concordia”. Ancora un fuori programma prima della fine dell’appuntamento del mercoledì:
“Oggi non potrò andare fra voi per salutarvi, perché ho un problema alla gamba destra, si è infiammato un legamento al ginocchio”, ha spiegato Francesco: “È una cosa passeggera, dicono che questo viene ai vecchi, non so perché è arrivato a me”, ha scherzato Francesco prima di congedarsi dai presenti.
“Molte volte la vita ci mette davanti a situazioni che non comprendiamo e sembrano senza soluzione”, ha fatto notare il Papa, nella catechesi dell’udienza di oggi. “Pregare, in quei momenti, significa lasciare che il Signore ci indichi la cosa giusta da fare”, la tesi di Francesco, secondo il quale “molto spesso è la preghiera che fa nascere in noi l’intuizione della via d’uscita”. “Il Signore non permette mai un problema senza darci anche l’aiuto necessario per affrontarlo”, ha assicurato il Papa, che ha rivolto un pensiero alle “tante persone che sono schiacciate dal peso della vita e non riescono più né a sperare né a pregare”. Poi ha proseguito a braccio, elencando diverse situazioni di difficoltà in cui possono trovarsi le famiglie: “E anche penso ai genitori davanti ai problemi figli: figli con tante malattie, i figli ammalati, anche con malattie permanenti, quanto dolore…
Genitori che vedono orientamenti sessuali diversi nei figli: come gestire questo e accompagnare i figli, e non nascondersi in un atteggiamento condannatorio.
Genitori che vedono i figli che se ne vanno nella malattia, e anche, cosa più triste – lo leggiamo tutti i giorni sui giornali – ragazzi che fanno delle ragazzate e finiscono in un incidente con la macchina. Genitori che vedono i figli che non vanno avanti nella scuola…Tanti problemi dei genitori, pensiamoci a come aiutarli”. “Ai genitori dico: non spaventatevi!”, ha detto il Papa ancora a braccio: “C’è dolore, tanto, ma pensate al Signore, a come ha risolto i problemi Giuseppe e chiedete a Giuseppe che vi aiuti”.
“Mai condannare un figlio!”,
l’imperativo sempre fuori testo, a cui ha fatto seguito un racconto del periodo in cui Bergoglio era vescovo a Buenos Aires: “Quando andavo nel bus e passavo davanti al carcere, c’era la coda delle persone che dovevano entrare per visitare i carcerati, e c’erano le mamme lì. Mi faceva tanta tenerezza: questa madre davanti a un figlio che ha sbagliato, non lo lascia solo, ci mette la faccia. Il coraggio del papà e la mamma che accompagnano i figli sempre. Chiediamo il Signore che dia loro il coraggio, come lo ha dato a Giuseppe. Giuseppe pregava, lavorava e amava: che cose belle per i genitori: pregare, lavorare e amare. Giuseppe pregava e amava, e per questo ha ricevuto sempre il necessario per affrontare le prove della vita”.
M. Michela Nicolais
© www.agensir.it, mercoledì 26 gennaio 2022