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Papa: difendere dignità dell'uomo dal concepimento a morte naturale

La Chiesa ha il “dovere” di difendere la dignità dell’uomo, perché “solo una società che rispetti e difenda incondizionatamente la dignità di ogni persona, dal concepimento fino alla morte naturale, può dirsi una società umana”.

persona.jpgLo ha detto il Papa, ricevendo in udienza oggi il nuovo ambasciatore della Repubblica federale di Germania presso la Santa Sede, Reinhard Schweppe. “Oggi – la constatazione di partenza di Benedetto XVI – alcuni valori fondamentali dell’esistenza umana sono nuovamente messi in discussione, valori che difendono la dignità dell’uomo come tale. E qui la Chiesa riconosce il dovere, al di là dell’ambito della sua fede, di difendere nell’insieme della nostra società, quella verità noi – ha spiegato infatti il Santo Padre – a poter giudicare se un individuo è ‘già persona’ o ‘ancora persona’, e ancor meno ci compete il diritto di manipolare l’uomo e – per così dire – di volere fare l’uomo. Solo una società e quei valori nei quali la dignità dell’uomo è messa a rischio”. “Non siamo che rispetti e difenda incondizionatamente la dignità di ogni persona, dal concepimento fino alla morte naturale, può dirsi una società umana”.

Se una società, ha affermato il Papa, “volesse decidere di selezionare i suoi membri maggiormente bisognosi di tutela, di voler escludere le persone dall’essere persona, si comporterebbe in modo profondamente inumano e anche non credibile di fronte all’uguaglianza della dignità di tutte le persone in ogni stadio della vita, evidente per ogni persona di buona volontà”. Se la Santa Sede, dunque, “s’inserisce nella legiferazione, su questioni fondamentali che riguardano la dignità dell’uomo, come oggi si pongono in molti ambiti dell’esistenza prenatale dell’uomo, non lo fa per imporre indirettamente la sua fede ad altri, bensì per difendere valori che sono fondamentalmente evidenti per tutti in quanto verità sull’essere persona, anche se interessi di diverso genere sembrano oscurare in molti modi questa evidenza”. “Fortunatamente”, la constatazione di partenza del Papa, “una parte fondamentale di valori umani generali sono diventati diritto positivo nella nostra Costituzione del 1949 e nella Dichiarazione dei diritti dell’uomo dopo la seconda guerra mondiale, perché dopo gli orrori della dittatura gli uomini hanno riconosciuto la valenza generale di questi valori che si fondano sulla verità antropologica e ne hanno fatto un diritto acquisito”, grazie anche all’“influenza” del cristianesimo, “ma anche di altre religioni, nell’imprimere alla società una determinata cultura”.

"Un gruppo di credenti caratterizza, attraverso il proprio comportamento, determinate forme della vita sociale che poi vengono riprese da altre persone e quindi conferiscono alla società un carattere specifico”, ha spiegato Benedetto XVI, precisando però che “questa concezione non è sbagliata, ma non completa”. “È indubbio – le parole del Santo Padre – che la Chiesa rappresenti anche una comunità culturale”, ma “è convinta di non avere soltanto formato comunità culturali, in diverse forme, nei Paesi, ma di essere stata formata, di rimando, anche dalle tradizioni dei singoli Paesi. Inoltre, essa ha la consapevolezza di conoscere – attraverso la sua fede – la verità sull’uomo e di essere, conseguentemente, tenuta ad impegnarsi per quei valori che sono validi per l’uomo in quanto tale, a prescindere dalle singole culture”. In questa prospettiva, la Chiesa cattolica “fa un distinguo tra la specificità della sua fede e le verità della ragione, alle quali la fede apre lo sguardo e che sono accessibili all’uomo in quanto uomo indipendentemente da questa stessa fede”. Tra i “molti aspetti di una lodevole collaborazione positiva tra lo Stato e la Chiesa cattolica in Germania”, il Papa ha citato “la tutela del diritto ecclesiastico al lavoro per mezzo del diritto dello Stato” e il “sostegno alla scuola cattolica e alle istituzioni ecclesiastiche in ambito caritativo”.

“Ogni persona, sia uomo o donna, è destinato ad esserci per l’altro. Un rapporto che non tenga in conto il fatto che l’uomo e la donna hanno la stessa dignità, rappresenta una grave mancanza nei riguardi dell’umanità”. È il forte appello contro la discriminazione di genere, lanciato oggi dal Papa, nel discorso rivolto al nuovo ambasciatore tedesco presso la Santa Sede, Reinhard Schweppe, ricevuto in udienza per la presentazione delle lettere credenziali. Soffermandosi sul “dovere” della Chiesa di difendere la dignità dell’uomo, in un momento in cui viene nuovamente “messa a rischio”, il Santo Padre ha citato “un aspetto critico che, attraverso tendenze materialistiche ed edonistiche, sembra farsi spazio soprattutto nei Paesi del cosiddetto mondo occidentale, e cioè la discriminazione di genere delle donne”. “È giunto il momento – ha affermato il Papa – di fermare energicamente la prostituzione come anche la vasta diffusione di materiale a contenuto erotico e pornografico, anche e proprio tramite internet”. La Santa Sede, da parte sua – ha concluso il Pontefice – si impegnerà affinché il necessario intervento da parte della Chiesa cattolica in Germania contro questo genere di abusi avvenga in maniera più decisa e chiara”.

© Avvenire, 7 novembre 2011