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Papa Francesco: «Il male c'è ma Dio è sempre più forte»

Parlando davanti a una folla di 70 mila fedeli in piazza San Pietro, papa Francesco ha esortato a pregare «per quelli con i quali siamo arrabbiati» e per qualcuno che «noi non consideriamo simpatico». «La Chiesa - ha ribadito - sia il luogo della misericordia e speranza di Dio, dove ognuno possa sentirsi accolto, amato». L'appello contro il lavoro minorile

"Basta aprire un giornale e vediamo che la presenza del male c'è. Ma Dio è più forte, perché è il Signore". Lo ha detto papa Francesco nella catechesi all'udienza generale in piazza San Pietro. "Sui giornali e in tv guardiamo tante guerre tra cristiani. Come può capitare questo? - ha chiesto -. Quante guerre nei quartieri, nei posti di lavoro, per invidie e gelosie" ma anche "nella stessa famiglia". "Dobbiamo chiedere al Signore - ha esortato il Papa - che ci faccia capire bene questa legge dell'amore. Che bello amarci come fratelli veri".

"Vorrei aggiungere - ha detto  - che la realtà a volte buia, segnata dal male, può cambiare" perché "Dio è più forte del male" e sono possibili "la comunione piena col Signore, la gioia piena con il suo Amore". Poi l'esempio concreto, preso dal mondo del calcio: "Se in uno stadio, pensiamo qui a Roma all'Olimpico, o al San Lorenzo a Buenos Aires, in una notte buia, una persona  accende una luce, si intravvede appena, ma se gli oltre settantamila spettatori accendono ciascuno la propria luce, lo stadio si illumina". "Facciamo che la nostra vita sia una luce di Cristo", è stato l'invito del Papa, accolto da un applauso: "Insieme porteremo la luce del Vangelo all'intera umanità".

"Essere Chiesa e popolo di Dio, significa - ha ricordato - essere fermento di Dio in questa umanità". "Dobbiamo pregare che la fede dia speranza e nuovo vigore del cammino, e la Chiesa sia luogo dove ognuno possa sentirsi, accolto, amato, perdonato incoraggiato. Ma deve essere una Chiesa con le porte aperte e noi dobbiamo uscire da quelle porte e annunziare il Vangelo".

Parlando ancora dell'amore, il Papa ha esortato: "Preghiamo per quelli con i quali siamo arrabbiati". "Tra tanti - ha aggiunto - c'è anche qualcuno che noi non consideriamo simpatico, ed è per lui che dobbiamo pregare".

In conclusione, nella Giornata contro il lavoro minorile, il papa ha lanciato un appello contro la "piaga" del lavoro minorile e contro lo "sfruttamento dei bambini nel lavoro domestico", "un deprecabile fenomeno in costante aumento specialmente nei Paesi poveri", e ha auspicato "vivamente" "provvedimenti ancor più efficaci" della comunità internazionale.

© Avvenire, 12 giugno 2013

 

Il testo dell'Udienza

 

 

 

Cari fratelli e sorelle, buon giorno!

Oggi vorrei soffermarmi brevemente su un altro dei termini con cui il Concilio Vaticano II ha definito la Chiesa, quello di "Popolo di Dio" (cfr Cost. dogm. Lumen gentium, 9; Catechismo della Chiesa Cattolica, 782). E lo faccio con alcune domande, sulle quali ognuno potrà riflettere.

1. Che cosa vuol dire essere "Popolo di Dio"? Anzitutto vuol dire che Dio non appartiene in modo proprio ad alcun popolo; perché è Lui che ci chiama, ci convoca, ci invita a fare parte del suo popolo, e questo invito è rivolto a tutti, senza distinzione, perché la misericordia di Dio «vuole la salvezza per tutti» (1Tm 2,4). Gesù non dice agli Apostoli e a noi di formare un gruppo esclusivo, un gruppo di elite. Gesù dice: andate e fate discepoli tutti i popoli (cfr Mt 28,19). San Paolo afferma che nel popolo di Dio, nella Chiesa, «non c’è più giudeo né greco… poiché tutti voi siete uno in Cristo Gesù» (Gal 3,28). Vorrei dire anche a chi si sente lontano da Dio e dalla Chiesa, a chi è timoroso o indifferente, a chi pensa di non poter più cambiare: il Signore chiama anche te a far parte del suo popolo e lo fa con grande rispetto e amore! Lui ci invita a far parte di questo popolo, popolo di Dio.  2. Come si diventa membri di questo popolo? Non è attraverso la nascita fisica, ma attraverso una nuova nascita. Nel Vangelo, Gesù dice a Nicodemo che bisogna nascere dall’alto, dall’acqua e dallo Spirito per entrare nel Regno di Dio (cfr Gv 3,3-5). E’ attraverso il Battesimo che noi siamo introdotti in questo popolo, attraverso la fede in Cristo, dono di Dio che deve essere alimentato e fatto crescere in tutta la nostra vita. Chiediamoci: come faccio crescere la fede che ho ricevuto nel mio Battesimo? Come faccio crescere questa fede che io ho ricevuto e che il popolo di Dio possiede?
3. L’altra domanda. Qual è la legge del Popolo di Dio? E’ la legge dell’amore, amore a Dio e amore al prossimo secondo il comandamento nuovo che ci ha lasciato il Signore (cfr Gv 13,34). Un amore, però, che non è sterile sentimentalismo o qualcosa di vago, ma che è il riconoscere Dio come unico Signore della vita e, allo stesso tempo, l’accogliere l’altro come vero fratello, superando divisioni, rivalità, incomprensioni, egoismi; le due cose vanno insieme. Quanto cammino dobbiamo ancora fare per vivere in concreto questa nuova legge, quella dello Spirito Santo che agisce in noi, quella della carità, dell’amore! Quando noi guardiamo sui giornali o alla televisione tante guerre fra cristiani, ma come può capitare questo? Dentro il popolo di Dio, quante guerre! Nei quartieri, nei posti di lavoro, quante guerre per invidia, gelosie! Anche nella stessa famiglia, quante guerre interne! Noi dobbiamo chiedere al Signore che ci faccia capire bene questa legge dell'amore. Quanto è bello amarci gli uni con gli altri come fratelli veri. Quanto è bello! Facciamo una cosa oggi. Forse tutti abbiamo simpatie e non simpatie; forse tanti di noi sono un po' arrabbiati con qualcuno; allora diciamo al Signore: Signore io sono arrabbiato con questo o con questa; io ti prego per lui e per lei. Pregare per coloro con i quali siamo arrabbiati è un bel passo in questa legge dell'amore. Lo facciamo? Facciamolo oggi!
4. Che missione ha questo popolo? Quella di portare nel mondo la speranza e la salvezza di Dio: essere segno dell’amore di Dio che chiama tutti all’amicizia con Lui; essere lievito che fa fermentare tutta la pasta, sale che dà il sapore e che preserva dalla corruzione, essere una luce che illumina. Attorno a noi, basta aprire un giornale, - l'ho detto - vediamo che la presenza del male c’è, il Diavolo agisce. Ma vorrei dire a voce alta: Dio è più forte! Voi credete questo: che Dio è più forte? Ma lo diciamo insieme, lo diciamo insieme tutti: Dio è più forte! E sapete perché è più forte? Perché Lui è il Signore, l'unico Signore. E vorrei aggiungere che la realtà a volte buia, segnata dal male, può cambiare, se noi per primi vi portiamo la luce del Vangelo soprattutto con la nostra vita. Se in uno stadio, pensiamo qui a Roma all’Olimpico, o a quello di San Lorenzo a Buenos Aires, in una notte buia, una persona accende una luce, si intravvede appena, ma se gli oltre settantamila spettatori accendono ciascuno la propria luce, lo stadio si illumina. Facciamo che la nostra vita sia una luce di Cristo; insieme porteremo la luce del Vangelo all’intera realtà.
5 Qual è il fine di questo popolo? Il fine è il Regno di Dio, iniziato sulla terra da Dio stesso e che deve essere ampliato fino al compimento, quando comparirà Cristo, vita nostra (cfr Lumen gentium, 9). Il fine allora è la comunione piena con il Signore, la familiarità con il Signore, entrare nella sua stessa vita divina, dove vivremo la gioia del suo amore senza misura, una gioia piena. Cari fratelli e sorelle, essere Chiesa, essere Popolo di Dio, secondo il grande disegno di amore del Padre, vuol dire essere il fermento di Dio in questa nostra umanità, vuol dire annunciare e portare la salvezza di Dio in questo nostro mondo, che spesso è smarrito, bisognoso di avere risposte che incoraggino, che diano speranza, che diano nuovo vigore nel cammino. La Chiesa sia luogo della misericordia e della speranza di Dio, dove ognuno possa sentirsi accolto, amato, perdonato, incoraggiato a vivere secondo la vita buona del Vangelo. E per far sentire l’altro accolto, amato, perdonato, incoraggiato la Chiesa deve essere con le porte aperte, perché tutti possano entrare. E noi dobbiamo uscire da quelle porte e annunciare il Vangelo.

© Avvenire, 12 giugno 2013

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