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Papa Francesco. «L'efficienza è il vitello d'oro dei nostri tempi»

Il Pontefice all'Accademia delle Scienze Sociali: diseguaglianza e sfruttamento non sono una fatalità, occorre svincolarsi dalle pressioni delle lobbies pubbliche e private

Non sacrificare «sull’altare dell’efficienza, il “vitello d’oro” dei nostri tempi, valori fondamentali come la democrazia, la giustizia, la libertà, la famiglia, il creato». È il monito lanciato da papa Francesco parlando stamani ai partecipanti all'incontro promosso dalla Pontificia Accademia delle Scienze Sociali ricevuti in udienza in Sala Clementina.

Le due cause che alimentano l'esclusione

Papa Francesco ha indicato «due cause specifiche che alimentano l’esclusione e le periferie esistenziali». La prima, ha detto, «è l’aumento endemico e sistemico delle diseguaglianze e dello sfruttamento del pianeta, che è maggiore rispetto all’aumento del reddito e della ricchezza». La seconda è «il lavoro non degno della persona umana».

L'aumento di disuguaglianze e sfruttamento

La diseguaglianza e lo sfruttamento «non sono una fatalità e neppure una costante storica», ha osservato il Pontefice. Esse «dipendono, oltre che dai diversi comportamenti individuali, anche dalle regole economiche che una società decide di darsi». Il Papa ha fatto gli esempi della produzione dell’energia, del mercato del lavoro, del sistema bancario, del welfare, del sistema fiscale, della scuola. A seconda di come vengono progettati, cambia la ripartizione di reddito e ricchezza. «Se prevale come fine il profitto, la democrazia tende a diventare una plutocrazia in cui crescono le diseguaglianze e anche lo sfruttamento del pianeta. Ripeto: questo non è una necessità; si riscontrano periodi in cui, in taluni Paesi, le diseguaglianze diminuiscono e l’ambiente è meglio tutelato».

Il lavoro non degno della persona umana

All’epoca della Rerum novarum (1891), ha ricordato il Papa, «si reclamava la “giusta mercede all’operaio”». Oggi, «oltre a questa sacrosanta esigenza, ci chiediamo anche perché non si è ancora riusciti a tradurre in pratica quanto è scritto nella Costituzione Gaudium et spes: "Occorre adattare tutto il processo produttivo alle esigenze della persona e alle sue forme di vita" (n. 67) e – possiamo aggiungere con l’Enciclica Laudato si’ – nel rispetto del creato, nostra casa comune».

Papa Francesco ha quindi fornito la giusta "ricetta" per la creazione di nuovo lavoro. Occorrono, ha detto, «persone aperte e intraprendenti, relazioni fraterne, ricerca e investimenti nello sviluppo di energia pulita per risolvere le sfide del cambiamento climatico». Ma non basta. Per miscelare bene questi ingredienti servono due accorgimenti: «svincolarsi dalle pressioni delle lobbies pubbliche e private che difendono interessi settoriali» e «superare le forme di pigrizia spirituale». È realistico tutto questo? Il Papa non ha dubbi: si può fare.

«Civilizzare il mercato»

Qual è dunque la sfida da raccogliere? Quella di «"civilizzare il mercato", nella prospettiva di un'etica amica dell'uomo e del suo ambiente». «Dobbiamo chiedere al mercato - ha ribadito Francesco - non solo di essere efficiente nella produzione di ricchezza e nell’assicurare una crescita sostenibile, ma anche di porsi al servizio dello sviluppo umano integrale». Il Papa ha sottolineato: «Non possiamo sacrificare sull’altare dell’efficienza – il “vitello d’oro” dei nostri tempi – valori fondamentali come la democrazia, la giustizia, la libertà, la famiglia, il creato».

Ripensare lo Stato-nazione

Nel nuovo contesto della globalizzazione occorre ripensare la figura e il ruolo dello Stato-nazione. «Lo Stato - ha spiegato Francesco - non può concepirsi come l’unico ed esclusivo titolare del bene comune non consentendo ai corpi intermedi della società civile di esprimere, in libertà, tutto il loro potenziale». Sarebbe, questa, «una violazione del principio di sussidiarietà». L'obiettivo è dunque quello di «raccordare i diritti individuali con il bene comune».

Il ruolo della società civile

Papa Francesco ha quindi paragonato il ruolo della società civile «a quello che Charles Péguy ha attribuito alla virtù della speranza: come una sorella minore sta in mezzo alle altre due virtù – fede e carità – tenendole per mano e tirandole in avanti». Compito della società civile è dunque quello di «“tirare” in avanti lo Stato e il mercato affinché ripensino la loro ragion d’essere e il loro modo di operare».

A.M.B.

© Avvenire, venerdì 20 ottobre 2017

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