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Papa Francesco - Speciale Famiglia Cristiana

In questo dossier un piccolo assaggio dei molti articoli contenuti nel grande speciale di Famiglia Cristiana intitolato "Fratello Francesco"

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1. La maestra diceva: «Salirà in alto»

 

 

Festa grande nel Barrio Flores di Buenos Aires, il quartiere dove Bergoglio è cresciuto: «Es una alegria».

 

tram_2940820.jpgAll’alba del giorno dopo l’elezione di Jorge Mario Bergoglio è festa grande nel Barrio Flores, il quartiere di Buenos Aires dove è cresciuto il Papa. Impazzite dalla gioia sono le suore del collegio Nuestra Señora de la Misericordia, istituto dove il Papa ha fatto le scuole elementari e si è preparato per la Prima comunione. A nome di tutte parla suor Teresa, settant’anni, 20 trascorsi a operare in questo collegio. È tanto allegra ed entusiasta per gli avvenimenti delle ultime ore che la sua voce sembra quella di una ragazzina. «Ogni anno, nel mese di marzo, Bergoglio viene tra noi, per incontrarci. Ci parla di persona, ci chiede se tutto va bene, di cosa abbiamo bisogno. Ama passeggiare nei cortili che lo hanno visto giocare da bambino». La suora continua a ripetere: «Es una alegria», è bellissimo, e sembra ancor più felice di condividere questa gioia con un giornale italiano. Lei che come il Papa viene dalla “fine del mondo”, da un Paese che si trova davvero dall’altra parte della Terra. Sogna di venire a Roma a incontrare il Papa argentino. «Doveva venire qui il 17 marzo, ma la sua agenda è di certo cambiata. Forse, lo dovremo attenderlo a lungo...». Continua: «La nostra consorella Dolores Tortolo, maestra di scuola di papa Francesco, scomparsa alcuni anni fa, diceva sempre: “Lui salirà molto in alto”. Sentiva che a illuminarlo era lo Spirito Santo. Dio a volte è insolito: sono sicura che, con Benedetto XVI, papa Francesco avrà una relazione di grande rispetto e aiuto. Lui lo ammira, noi sorelle lo conosciamo bene e lo sappiamo. Per fortuna il nostro amato Papa emerito è ancora qui tra noi». Sorella Teresa ci lascia un’immagine che ci piace e non ci sorprende. Quella di un arcivescovo che arrivava a bordo di un normale autobus di linea, senza segretario né accompagnatori, e si recava a bere un tranquillo tè pomeridiano con quelle suore che gli vogliono così bene e hanno promesso di ricordarlo ogni giorno nelle preghiere. «Il Papa ne ha bisogno, perché è stato sempre così cagionevole», aggiunge suor Teresa. «In realtà, ha un carattere solido, saprà essere forte».

 

Il Papa del popolo

«I bambini del nostro collegio e di questo quartiere lo incontravano spesso lui è il nostro Papa!”. Devo spiegare loro che è il Papa di tutti, ma proprio non capiscono. Dicono: “Ma suora, è soprattutto nostro!”». Suor Teresa è sicura che Francesco sarà «el Papa del pueblo», il Papa del popolo. Lui lo ha ricordato a tutti fin dalle prime ore di questo pontificato. Dopo le prime preghiere in Santa Maria Maggiore, la mattina dopo l’elezione, è tornato umilmente a prendere le sue cose, rimaste nella Casa curiale di via della Scrofa. E ha pagato il conto della stanza. Esempio come un altro del suo stile di vita, che ha sempre voluto austero e di basso profilo. Passerà alla storia l’immagine di lui in San Pietro, la mattina del Conclave, celato tra la folla in un semplice cappotto scuro, per ripararsi dalla pioggia. Come celebri sono foto e video che lo riprendono sulla Subte, la metropolitana di Buenos Aires, tra la gente. Quelle stesse persone che ora sentono di conoscerlo e lo stimano. A partire dai responsabili dei più importanti sindacati argentini, che hanno da sempre con lui un rapporto di fiducia. Il leader sindacale Hugo Moyano, camionista, in un’intervista al quotidiano Clarìn ha definito papa Francesco «una persona buona, semplice, umile». Ricordando il suo recente incontro, il mese scorso, nella cattedrale di Buenos Aires, ha aggiunto: «Come sempre Bergoglio si è mostrato preoccupato dei problemi sociali, povertà, indigenza, disoccupazione. È un uomo interessato ai grandi temi politici».

Il nipote prete e la “novia”

Dalle curiose interviste sui giornali argentini impariamo poi a conoscere altre persone che sono state vicine al Pontefice. Dal nip-ote Josè Luis, anche lui prete gesuita, alla sorella Maria Elena, l’unica ancora viva dei suoi quattro fratelli, ancora incredula che l’adorato fratello sia diventato Papa. E poi, la fidanzatina d’un tempo, Amalia, allora quasi bambina. Ora è una donna canuta che ricorda con simpatia la lettera d’amore che lui le mandò. C’era disegnata una casetta e diceva: «Se non mi sposo con te, mi faccio prete».

 

2. Un uomo che sa dare del tu a chiunque

 

Monsignor Filippo Santoro ha lavorato con Bergoglio in Brasile, nel 2007. Ricorda le qualità del nuovo Papa: fede, cordialità, fermezza. E la capacità di stare in mezzo alla gente.

 

Chi è papa Francesco? «Un uomo mansueto ma al tempo stesso fermo, che cerca sempre il vero bene del popolo, a partire dalla presenza viva del Cristo». Così risponde alla nostra domanda monsignor Filippo Santoro, 74 anni, arcivescovo metropolita di Taranto. Monsignor Santoro conosce molto bene l’America latina. Dopo gli studi in Italia, ha vissuto in Brasile dal 1974 al 2011 e dopo essere stato vescovo ausiliare di Rio de Janeiro ha esercitato il ministero pastorale a Petropolis.

– Monsignor Santoro, quando ha conosciuto Jorge Mario Bergoglio?
 «Ci siamo conosciuti quando lui era vescovo ausiliare di Buenos Aires e io ausiliare di Rio de Janeiro. L’incontro avvenne a un convegno teologico e il vescovo Jorge Mario Bergoglio mi fece un’impressione straordinaria e positiva. In lui ho subito colto grandi doti di accoglienza e trasparenza, unite a un’intelligenza molto profonda. Ricordo ancora il suo approccio molto diretto. Cominciò a chiamarmi subito per nome: “Felipe, trabajamos juntos”, lavoriamo insieme».

– Nelle sue prime uscite pubbliche dopo l’elezione a Pontefice, Bergoglio ha colpito per la sua semplicità. Anche lei lo ricorda così?
«Sì. La sua è una semplicità evangelica che mette in evidenza una Chiesa disarmata e povera, che ha ben presenti le difficoltà dell’uomo di oggi e che, a partire dalla fede, condivide le situazioni di povertà e difficoltà con un annuncio semplice, attraente e accogliente».

– In quali altre occasioni avete avuto occasione di incontravi?
«Abbiamo lavorato insieme in occasione della V Conferenza generale dell’episcopato latinoamericano che si svolse ad Aparecida, in Brasile, nel maggio del 2007. In quella conferenza il cardinale Bergoglio svolgeva un incarico delicato: era il presidente della commissione di redazione del documento finale. Lui, in quella sede, si è dimostrato sempre molto sereno, capace di valorizzare tutti gli apporti, ma anche con una centratura teologica straordinaria, mettendo sempre l’accento sulla lode e la preghiera. Tutto questo senza mai perdere di vista la capacità di entrare nel merito dei problemi».

– Quindi, il cardinale Bergoglio, oggi papa Francesco, è un pastore al quale non difettano le capacità di governo?
«Certo. In lui ho apprezzato una capacità di governo notevole, improntata a due aspetti: cordialità e fermezza. Cordialità perché è un uomo che sa ascoltare e valorizzare i suoi collaboratori. Ma, al tempo stesso, in lui c’è fermezza, perché, pur non essendo un curiale, riesce a portare avanti e a difendere sino in fondo ciò che ritiene giusto. Nella gestione della Conferenza brasiliana di Aparecida, per esempio, queste sue capacità sono emerse in modo molto chiaro. Lì, standogli vicino, abbiamo imparato a conoscere il suo cuore profondamente evangelico. La fermezza l’ha mostrata anche di recente, penso ai suoi contrasti con il Governo della presidentessa argentina Kirchner».

– Che Papa sarà?
«Da cardinale, non molto tempo fa, l’ho sentito dire ad altri vescovi che è importante una cosa: il Papa sia il segno di Gesù Cristo. Come vescovo è sempre stato vicino ai problemi della gente, soprattutto la povertà (ancora tanto diffusa in molte aree dell’America latina), la disoccupazione, l’ansia di giustizia. La sua presenza accanto a questi problemi parte dalla fede, dall’incontro vivo con Cristo, con una trasparenza che nasce solo dal Vangelo. Un aspetto della sua azione pastorale è anche il valore che attribuisce alla religiosità popolare: Jorge Mario Bergoglio è un uomo che sente la bellezza e l’intensità della fede. Proprio per questo sa stare in mezzo alla gente, vicino ai più poveri e alle persone semplici».

Roberto Zichitella
 
 

3. «E' un uomo del popolo e per il popolo»

 

 

Tanti i giovani e i poveri delle baraccopoli in piazza e nelle strade della capitale: «Francesco è il nostro Papa, cambierà il Paese e lo aiuterà a rinascere».

 

Sorpresi, emozionati, in festa. Mentre le campane di Buenos Aires suonavano e la fumata bianca cambiava il destino del mondo, gli abitanti della capitale hanno cominciato a rendersi conto di quanto era appena accaduto: il nuovo Papa è un argentino. O meglio, un porteño (come sono chiamati gli abitanti della capitale latinoamericana), che viene da un quartiere residenziale di classe media e beve il mate, irrinunciabile per ogni argentino, mentre parla con le persone. L’entusiasmo per le strade del centro è stata subito incontenibile, e poco dopo l’annuncio dell’elezione i primi fedeli hanno cominciato ad arrivare alla cattedrale di Buenos Aires – che meno di un mese fa ha ospitato l’ultima Messa argentina del cardinale Bergoglio, futuro papa Francesco, nella storica Plaza de Mayo e a pochi passi dalla Casa Rosada, il palazzo del Governo – e con un crescendo d’intensità hanno cominciato a cantare. Prima qualche canzoncina, qualche ritornello copiato da successi locali e riadattato per l’occasione, poi, con l’aumentare della folla, la riservatezza non ha più potuto nulla contro lo sfrenato entusiasmo dei fedeli. E così, arrivando alla piazza, si potevano ascoltare cori che sembravano cantati dagli ultrà di una squadra di calcio e non da un gruppo di pacifici sostenitori del Papa appena eletto: «Francisco, querido, el pueblo està contigo!», e cioè «Francesco, amato, il popolo è con te».

Tutt’intorno i tamburi, gli applausi, le grida di giovani e meno giovani. «È un uomo che non va in giro ricoperto d’oro», dice Fernando mentre sventola la bandiera vaticana e partecipa ai festeggiamenti con la famiglia. Celestial, sua figlia, ha appena tre anni e guarda la piazza stando sulle spalle del papà: sorride avvolta nella bandiera argentina e canta battendo le mani. «È stata una sorpresa incredibile, non ci aspettavamo che fosse scelto un argentino. Si parlava di altri Paesi, come il Brasile», afferma Guadalupe, 30 anni, tra le prime ad arrivare in Plaza de Mayo. L’orgoglio per la scelta di un sacerdote argentino come nuovo Pontefice non ha contagiato solo i più devoti, forse anche per la natura di uomo semplice e audace attribuita a papa Bergoglio da chi lo conosce personalmente e apprezza il suo lavoro nella comunità. A cominciare dalla baraccopoli dove Bergoglio è sempre andato senza paura e con la volontà di fare qualcosa per aiutare le realtà più difficili di Buenos Aires. «È un uomo del popolo e per il popolo », aggiunge Sebastian, che da una “Villa” (come sono chiamate le baraccopoli in Argentina) è venuto a Plaza de Mayo per festeggiare. Così come i giovani, visti i tanti ragazzi che ieri erano in piazza per manifestare il loro appoggio al Santo Padre: «Francisco, noi giovani preghiamo e siamo con te», si poteva leggere su un grande cartello giallo tenuto da un ragazzo di vent’anni. «È il nostro Papa, cambierà il Paese e lo aiuterà», gridano tra una canzone e l’altra. E anche chi non è stato in piazza non ha rinunciato a festeggiare l’elezione di Bergoglio, come i tifosi del San Lorenzo – squadra di calcio di un “barrio” di Buenos Aires, fondata da un salesiano e di cui il nuovo Papa è tifosissimo – che hanno dato un caloroso benvenuto al loro tesserato più illustre: «Ora abbiamo D10, Messi e il Papa», dove per “D10”, ovviamente, s’intende Maradona. Poi ci sono le migliaia di persone in strada, che stavano tornando a casa, e hanno commentato con gioia: «Abbiamo formato un uomo che è arrivato a essere Papa», afferma Juan, 50 anni, che non si definisce uomo di fede ma non smette d’essere argentino e orgoglioso del suo popolo. Perché è anche questo il punto: il forte orgoglio nazionale di questo Paese dell’estremo Sud del mondo, che ha sempre avuto un rapporto d’amore e odio con la vecchia Europa, terra d’antenati ma anche di colonizzatori. E il riscatto è una soddisfazione che unisce i cittadini di ogni classe sociale: «Somos argentinos» è il motto ripetuto in continuazione. «E adesso chi li sente gli argentini», dice sorridendo Fabio, un brasiliano che vive da anni a Buenos Aires. «Già prima erano orgogliosi, ora che hanno anche il Papa saranno ancora più insopportabili di prima».

© Famiglia Cristiana, 15 marzo 2013