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Papa, intervista di fine-Giubileo. Risposta ai conservatori: "Non protestantizzo la Chiesa"

Bergoglio in tre anni di pontificato non aveva mai parlato con il giornale dei vescovi. E a chi lo accusa, ribatte citando proprio Lutero e la sua reazione alla "tentazione di costruire una Chiesa autoreferenziale, che porta alla contrapposizione e quindi alla divisione"

Per rispondere alle critiche che arrivano anche da esponenti del collegio cardinalizio, papa Francesco sceglie le colonne di Avvenire. In un'intervista - la prima rilasciata al quotidiano del vescovi italiani nei tre anni del suo pontificato - Bergoglio entra nel merito dei temi che stanno causando malumori nell'ala ecclesiale più conservatrice: "Qualcuno dice che si vuole protestantizzare la Chiesa? Non mi toglie il sonno", afferma rispondendo alle domande di Stefania Falasca. E aggiunge: "Quanto alle opinioni, bisogna sempre distinguere lo spirito col quale vengono dette. Quando non c'è un cattivo spirito, aiutano anche a camminare. Altre volte si vede subito che le critiche prendono qua e là per giustificare una posizione già assunta, non sono oneste, sono fatte con spirito cattivo per fomentare divisione". E "certi rigorismi", in particolare, nascono "da una mancanza, dal voler nascondere dentro un'armatura la propria triste insoddisfazione".

Francesco parla del Giubileo che si conclude domenica: "Non ho fatto un piano. Le cose sono venute. Semplicemente mi sono lasciato andare allo Spirito. La Chiesa è il Vangelo, non è un cammino di idee". Poi cita il concilio come riferimento del suo ministero, spiegando come nasca da quello spirito anche la contestata esortazione apostolica che contiene le conclusioni del sinodo sulla famiglia con l'ipotesi di concedere la comunione ai divorziati risposati: "Alcuni - dice citando esplicitamente gli attacchi alla Amoris Laetitia - continuano a non comprendere, o bianco o nero, anche se è nel flusso della vita che si deve discernere. Il concilio ci ha detto questo, gli storici però dicono che un concilio, per essere assorbito bene dal corpo della chiesa, ha bisogno di un secolo. E siamo a metà". Era stato il cardinale Leo Burke, in un intervista dei giorni scorsi alla testata conservatrice National Catholic Register, a farsi portavoce di un sentimento di disagio post sinodale di parte del mondo ecclesiastico, espresso da una lettera sottoscritta con altri tre porporati in pensione (Caffarra, Brandumueller e Meisner) ed ha poi prospettato addirittura l'ipotesi di un "atto" formale per correggere il Papa.

"La Chiesa - ribatte il pontefice - esiste solo come strumento per comunicare agli uomini il disegno misericordioso di Dio. Al concilio la Chiesa ha sentito la responsabilità di essere nel mondo come segno vivo dell'amore del padre" e questo, fa notare Bergoglio, "sposta l'asse della concezione cristiana da un certo legalismo, che può essere ideologico, alla persona di Dio che si è fatto misericordia nell'incarnazione del figlio". E aggiunge: "Chi scopre di essere molto amato comincia a uscire dalla solitudine cattiva, dalla separazione che porta a odiare gli altri e se stessi". Ma questo ha, secondo Francesco, un fondamento teologico perché "la misericordia è il nome di Dio ed è anche la sua debolezza, il suo punto debole. La sua misericordia lo porta sempre al perdono, a dimenticarsi dei nostri peccati. A me piace pensare - confida Francesco - che l'Onnipotente ha una cattiva memoria. Una volta che ti perdona, si dimentica. Perché è felice di perdonare. Per me questo basta. Come per la donna adultera del vangelo 'che ha molto amato'. 'Perché lui ha molto amato'. Tutto il cristianesimo è qui".

Anche nel percorso ecumenico, che lo ha portato tra l'altro allo storico abbraccio con il primate russo Kirill, al fraterno rapporto con il patriarca di Costantinopoli e all'incontro con i luterani per i 500 anni della Riforma di Lutero, il Papa rivendica di aver seguito le orme dei suoi predecessori: "Questo è il cammino della Chiesa. Non sono io. Non ho dato nessuna accelerazione". E cita proprio Lutero per rievocare la sua reazione alla "tentazione di costruire una Chiesa autoreferenziale, che porta alla contrapposizione e quindi alla divisione". Dice Francesco: "Il cancro nella Chiesa è il darsi gloria l'un l'altro" e se uno "coltiva e alimenta la sua fame di dominio e affermazione di sé", ha una "malattia spirituale", perché "crede che la Chiesa sia una realtà umana autosufficiente, dove tutto si muove secondo logiche di ambizione e potere".

Andrea Gualtieri

© La Repubblica, 18 novembre 2016

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