Arcivescovo

S.E. Giuseppe

Satriano

IN AGENDA

Prime visioni crescono all'ombra dei campanili

I cinema parrocchiali, con cinegiornali d'antan e pellicole piene di acciacchi, sono finiti. Morti, superati. Sostituiti dalle sale della comunità, specializzate in cinema per famiglie e film d'autore, concerti, teatro [...] Le sale della comunità sono una rete viva, variegata, radicata sul territorio, ricca di esperienze professionali e rafforzata da un esercito di 20mila volontari che si occupano di tutto, dalla programmazione alla pulizia, dal servizio di biglietteria alla gestione delle pizze.

 

bambino-nuovo-cinema-paradiso-324.jpg

Ricordate don Adelfio? Tagliava i baci di film come lo "Sceicco bianco", "L'Angelo azzurro", "Casablanca" o "Riso amaro". E nello straordinario "Nuovo cinema Paradiso", di Giuseppe Tornatore, il proiezionista Alfredo montava gli spezzoni per regalarli al suo pupillo Totò.

Dimenticate don Adelfio di Giancaldo, profonda Sicilia, quel mondo non esiste più.

I cinema parrocchiali - più di 6mila negli anni 50, la metà dei 12mila schermi italiani - sono stati travolti dalla televisione, dal disastro del cinema Statuto (nel febbraio '83 morirono a Torino 64 spettatori per un incendio) che impose costosi standard di sicurezza e, per ultimo, dall'inarrestabile avanzata delle multisale, che sta praticamente azzerando i cinema commerciali monoschermo dei centri storici.

I cinema parrocchiali, con cinegiornali d'antan e pellicole piene di acciacchi, sono finiti. Morti, superati. Sostituiti dalle sale della comunità, specializzate in cinema per famiglie e film d'autore, concerti, teatro. E cineforum, introvabili altrove. Da un paio d'anni anche opere liriche in diretta con un sistema satellitare in alta definizione: quest'anno la prima della Scala, la Carmen diretta da Daniel Baremboim, regia di Emma Dante, ha fatto il pienone (con 501 biglietti e rinfresco nelle due pause) al Cristallo di Cesano Boscone, vicino a Milano, e all'Agnelli di Torino (127 posti), mentre al Tiberio di Rimini, ricorda il responsabile, Stefano Tonini, «la prevendita si è esaurita in due ore e dopo i titoli di coda è partita la richiesta di una replica».

Le sale della comunità sono una rete viva, variegata, radicata sul territorio, ricca di esperienze professionali e rafforzata da un esercito di 20mila volontari che si occupano di tutto, dalla programmazione alla pulizia, dal servizio di biglietteria alla gestione delle pizze. Volontari cambiati radicalmente: fino a una ventina di anni fa era relegato al servizio cinema chi non era abbastanza bravo nel fare il catechista o a gestire i giochi dell'oratorio. Ora prevale la passione. E la preparazione, indispensabile per tenere in vita poco più di mille sale in attività, 550 cinecircoli e un andamento in controtendenza rispetto alle chiusure nelle grandi città: negli ultimi tre anni sono state riaperte una trentina di sale, da Latina a Civenna (Como) e Rionero in Vulture, provincia di Potenza. E queste mille sale della comunità hanno staccato, nel 2009, otto milioni di biglietti con un prezzo medio di cinque euro, che salgono a dieci per gli spettacoli lirici, Totale: più di 35 milioni di euro.
«Più di metà delle sale della comunità si trova in paesi con meno di 10mila abitanti - spiega don Davide Milani, responsabile delle sale della Diocesi di Milano e vicepresidente nazionale dell'Acec (l'associazione degli esercenti cattolici) - dove raramente ci sono altri presìdi culturali. La sala, in questi casi, diventa il punto di riferimento dell'intera comunità, non solo quella parrocchiale.

Mantiene viva la cultura locale pur proponendo riflessioni mai banali».

In questi anni sono stati posti al centro dell'attenzione temi come il diritto alla cittadinanza, la salvaguardia dell'ambiente, il diritto alla salute. E anche temi meno facili: l'11 febbraio sarà trasmesso in 135 sale di tutta Italia, con il coinvolgimento delle associazioni di volontariato come l'Unitalsi, "Lourdes", un film difficile perché è poco buonista e non racconta miracoli.

«Probabilmente ci saranno polemiche - ammette don Davide -ma si tratta di una pellicola di grande pregio, che stimola la discussione e permetterà di capire meglio situazione ed evoluzione. Il dibattito non fa mai male».

A Milano 200 sale senza fare prediche

Nella diocesi di Milano sono attive quasi 200 sale: 31 proiettano sistematicamente film di prima visione integrati con proposte, nel corso della settimana, di cinema d'autore o spettacoli teatrali. Con casi di eccellenza, come Brugherio, dove il cinecircolo Bresson ha 3.700 iscritti e la sala San Giuseppe fa un centinaio di serate grazie a 80 volontari.

«È vero, siamo accerchiati dai multiplex - sottolinea don Davide -, ma le nostre sale si caratterizzano per un'offerta che comprende il prima e il dopo, senza fermarsi al solo spettacolo.

Noi poniamo un problema, discutiamo con i ragazzi, trasmettiamo il film e poi organizziamo iniziative. In molte comunità abbiamo parlato di eutanasia, abbiamo visto film e poi, magari, si è andati a visitare una comunità di risveglio». Senza fare prediche, assicura don Davide, perché questo non è compito del cinema: «Abbiamo un approccio completamente diverso dalle multisale, attrezzate in ogni dettaglio per incentivare il consumismo sfrenato. In altre parole: spesso la multisala si sceglie per il parcheggio comodo, i nostri film sulla base di un progetto. Facciamo film di profondità, spesso in contrapposizione con il cinema-botteghino». Lo stesso discorso vale per le prime visioni: «Privilegiamo i film per famiglie, diamo un'occasione per stare insieme ai figli, integrando spesso lo spettacolo con i giochi all'oratorio».

Il braccio cinematografico della Diocesi, Itl cinema, diretto da Angelo Chirico, fornisce, anche tramite una newsletter, consulenze alla programmazione e agli aspetti gestionali e tratta, con una maggiore forza contrattuale di una singola sala, con i distributori. «Ma ogni sala è autonoma nella programmazione, perché solo gestori e volontari sono in grado di capire le reali esigenze locali».

Brescia scommette sulla cultura locale

A Brescia c'è quella che don Adriano Bianchi, delegato della Diocesi e vicepresidente Acec, definisce «una multisala con 50 schermi» sparsi in città, sei nel solo capoluogo, tre a Lumezzane, gli altri nelle vallate o nella Bassa. Brescia si caratterizza per il mensile free press "SdC-Sale della comunità" stampato in 10mila copie, che presenta i film e iniziative locali. Con una particolare attenzione alla cultura locale: «Abbiamo censito - continua don Adriano - più di 50 compagnie teatrali legate agli oratori e un centinaio di filodrammatiche dialettali, e nella tarda primavera 2010 organizzeremo un festival del teatro dialettale». Ma la parte del leone, ovviamente, la fa il cinema: «Quest'anno - aggiunge don Adriano - abbiamo organizzato nelle nostre sale 43 percorsi di cineforum con 134 film d'autore. Il 4 dicembre abbiamo ospitato il regista Samuel Maoz, vincitore del Leone d'oro del Festival di Venezia con il film "Lebanon", intervistato dalla giornalista israeliana Manuela Dviri, che ha perso un figlio nella guerra con il Libano. Un modo molto concreto, ed efficace, per riflettere sui disastri delle guerre». In sintesi: tradizioni locali, film di qualità e momenti di alta cultura.

Premio europeo per MPX di Padova

A Padova c'è MPX, Multisala Pio X, premiata a novembre dal circuito Europa-Cinema (che raggruppa 1.700 sale di tutto il continente) come miglior spazio cinematografico per i giovani: «Abbiamo tre sale, la più grande con 550 posti - spiega Filippo Nalon, direttore di MPX - e lavoriamo molto con l'Università. Abbiamo fatto il tutto esaurito nella serie "Al cinema con il filosofo" con presentazione del tema, proiezione e dibattito». Quella di Padova è l'unica vera multisala degli ex cinema parrocchiali e data la complessità (è in funzione 300 giorni l'anno) è gestita direttamente da dipendenti, «anche se - continua Nalon - abbiamo molti volontari che ci aiutano nella programmazione e nella gestione del cineforum». MPX, inoltre, fa da tutor alle 30 sale della diocesi proponendo percorsi cinematografici e offrendo materiali di approfondimento.

La sfida tecnologica oltre il digitale

Microcinema è un circuito che collega un centinaio di cinema, di cui 61 sale della comunità, mentre le altre fanno capo ad associazioni o a comuni (come Casalpusterlengo) che dal 2007 trasmettono in diretta satellitare grandi eventi e opere liriche. Primo spettacolo: "La Traviata" di Zeffirelli.

«Abbiamo avuto un po' di problemi con gli standard tecnologici - ammette Francesco Giraldo, segretario generale dell'Acec -, perché le major americane hanno adottato il Dci-2K, mentre in Italia eravamo partiti con un sistema sviluppato dalla Rai con il Politecnico di Torino. Ora abbiamo superato questa fase con un sistema che utilizza entrambi gli standard».

Con il satellite è possibile scaricare sul computer, in un sistema blindato per evitare copie o usi impropri, fino a 16 film. «L'eliminazione delle pizze risolverà molti problemi alle sale geograficamente svantaggiate, perché lontane dai grandi centri di distribuzione. E di garantire, al tempo stesso, elevati standard qualitativi».

Lo sviluppo tecnologico è al centro dell'attenzione di volontari e gestori. In ottobre alla sala Cristallo di Cesano Boscone si è svolto il convegno "Sala della comunità: le sfide tecnologiche" nel corso del quale si è parlato di digitale, film 3D e il (temuto-auspicato) superamento delle pellicole, con l'analisi delle esperienze di sale tecnologicamente all'avanguardia, come il Tiberio di Rimini e l'Aquila di Roma.

Più formazione per essere credibili

«Le sale della comunità sono un bene prezioso per tutti - sottolinea don Davide - e per questo vanno tutelate come si tutelano i giacimenti enogastronomici o i beni culturali. Anche perché il 40% delle sale vanta più di 50 anni di attività, alcune sono veri e propri gioielli architettonici. Enti locali e Regioni devono intervenire, ma se vogliamo essere credibili dovremo presentarci con idee, progetti e professionalità».

Per questo, da tempo, è stata avviata un'intensa attività di formazione: a Brescia, spiega don Adriano, sono stati fatti corsi per capire e leggere un film e nei prossimi mesi si faranno incontri per aiutare i volontari a stimolare e gestire le discussioni nei cineforum.

A Milano i corsi stanziali sono stati integrati con formazione e-learning. E si insiste molto anche sulla gestione dell'accoglienza e delle iniziative collaterali agli spettacoli come, per esempio, vendite di libri o degustazioni di prodotti del commercio equo e solidale.

L'obiettivo: gestione con business plan

La formazione è fondamentale, ma Milano ha obiettivi più ambiziosi: «Se vogliamo fare il salto di qualità - spiega Chirico - dobbiamo arrivare a una gestione professionale con l'attenzione a tutti gli aspetti, dalla cassa all'attività delle maschere. Oltre, naturalmente, a una programmazione di elevato livello».

Gestione professionale vuol dire, soprattutto, avere direttori di sala che si occupino a tempo pieno di tutto, compresi i rapporti con gli enti locali, gli inserzionisti e i possibili sponsor. Per crescere ed essere tecnologicamente aggiornati serviranno sempre più investimenti. E quindi fondi. Per questo la Diocesi di Milano vuole arrivare a modelli di business condivisi, pur salvaguardo l'autonomia delle singole sale. C'è il progetto di arrivare a business plan più o meno articolati, a seconda della dimensione delle sale e delle attività svolte: «Spesso i conti delle sale - commenta Chirico - finiscono indistintamente nel calderone dei bilanci parrocchiali. L'ideale sarebbe farne dei centri autonomi di costo o, meglio ancora, enti autonomi in grado di camminare, economicamente parlando, con le proprie gambe».

Il ruolo dei volontari resta fondamentale, ma va inquadrato, questo il messaggio milanese, in un contesto più professionale. Perché il tempo del cinema Paradiso è finito. Quello delle sale di comunità no.

 

Nino Ciravegna

 

© www.ilsole24ore.com

 

Prossimi eventi