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Provocazioni e sfide per i popoli del Mediterraneo: echi dal Sud Europa

Intervento di S.E. mons. Giuseppe Satriano, arcivescovo di Bari-Bitonto, alla tavola rotonda di apertura dei lavori dei vescovi del Mediterraneo di giovedì 21 settembre nell'ambito dell’evento Rencontres méditerranéennes “Mosaïques d’espérance”, tenutosi a Marsiglia dal 17 al 24 settembre 2023

Buongiorno e un augurio di pace e di bene a tutte e a tutti.

Ringrazio il Cardinal Jean-Marc Aveline e tutti gli organizzatori per la preziosa opportunità di partecipare a questo bel momento di Chiesa e tra Chiese.

Grazie Eminenza per quanto ci ha donato ieri con apertura di cuore e di mente. Il Suo parlare ha avuto il profumo del pane appena sfornato. La Sua testimonianza l’autenticità del vero. Sono onorato di essere qui con voi. Grazie.

Accoglienza

La grande sfida che tocca inesorabilmente la sponda mediterranea del sud dell’Europa è la sfida dell’accoglienza. Ogni giorno, decine di barconi stracolmi di migliaia di persone, piagate nel corpo e nello spirito, attraccano nei nostri porti, in particolare nel sud dell’Italia, vero ponte naturale dell’Europa verso il nord dell’Africa e il Medio Oriente.

Questo movimento dal Sud povero del mondo verso il ricco Nord è la tardiva conseguenza delle prime spedizioni compiute da marinai e navigatori europei. Se allora partirono alcune caravelle alla ricerca di territori da conquistare e da dominare, di ricchezze da sfruttare e di prodotti da scambiare, di anime da salvare o di culture da purificare, oggi, a cinque secoli di distanza, quelle stesse caravelle ritornano restituendoci una marea umana che chiede pane e dignità, e ci interpella sulla responsabilità dell’altro e dell’altrove.  

Quella dei migranti, come ci ricordano gli ultimi pontefici, è una realtà che chiede di essere ascoltata, un autentico segno dei tempi da leggere con attenzione, un evento umano complesso e dalle tante sfaccettature, generato dall’attuale colonialismo economico che ancora provoca risultati catastrofici quali le guerre, la povertà, i disastri ambientali e le scandalose disuguaglianze.

Le contraddizioni del Sud Europa

Certamente c’è da considerare che una parte delle coste europee del Mediterraneo appartiene a regioni che possono essere considerate il territorio meno sviluppato e più povero dell’Europa. Il tasso elevato di disoccupazione, soprattutto tra i giovani e le donne, è tra i principali motivi che hanno innescato nuovi e intensi flussi migratori dal Sud Europa verso le regioni più sviluppate dei paesi di appartenenza e verso i paesi ricchi del Nord Europa.

In queste zone – penso soprattutto all’Italia – spesso si registra, per una debole presenza delle strutture dello Stato il permanere di fenomeni preoccupanti quali: il diffondersi della criminalità organizzata (le mafie); i tassi troppo elevati di analfabetismo e di abbandono scolastico da parte dei minori; il degrado ambientale e umano di vasti territori soprattutto nelle periferie delle grandi città.

Questa realtà economica e sociale complessa influenza anche il modo con il quale i nostri concittadini guardano ai popoli della costa Sud del Mediterraneo e ai migranti che arrivano sulle coste del Sud dell’Europa. D’altro canto, è possibile constatare una storia di accoglienza e di tolleranza da secoli radicata nelle popolazioni di questa sponda del Mediterraneo (vedi la presenza congiunta in Sicilia, Malta e Spagna di popolazioni di origine, culture e religioni differenti).

Vorrei richiamare, negli anni novanta, l’accoglienza degli albanesi in Puglia, di cui la nave Vlora, nel porto di Bari, ha rappresentato una sorta di icona della seconda metà del novecento.

Oggi questa storia di tolleranza e accoglienza è in pericolo! Il momento è grave!

La convivialità delle differenze

Come Chiese del Mediterraneo, siamo chiamate a edificare ciò che affermava il Vescovo Tonino Bello, un figlio della terra di Puglia, ovvero una cultura della convivialità delle differenze, l’avventura del vivere insieme senza paura dell’altro.  Solo scelte educative poste in tal senso potranno incoraggiare politiche di accoglienza.

Il fenomeno migratorio interroga le Chiese, le mette alla prova, testa drammaticamente il nostro livello d’indifferenza e di paura.

Coerenti al Vangelo, siamo chiamati a frantumare una rappresentazione mistificante del fenomeno che tende a definire clandestino e pericoloso il migrante, ancor prima di percepirne il grido di sofferenza.

Non dimentichiamo che l’accoglienza è un principio fondatore della socialità umana. Essa trova il suo significato originario nel grembo materno, primo luogo di accoglienza comune a tutti gli esseri umani.  Sin dall’antichità, l’accoglienza/ospitalità riservata allo straniero era considerata sacra.

Papa Francesco, nell’Enciclica Fratelli Tutti, lega direttamente l’azione evangelizzatrice della Chiesa alla promozione di una cultura dell’incontro e dell’accoglienza (cf. FT, n° 215; EG n° 237) resa possibile da un dialogo trasformativo che trascende le culture (cf. FT, n° 211), ricordando agli uomini il loro «desiderio universale di umanità» (FT, n° 8). L’accoglienza non può essere considerata soltanto come un atto di carità, ma soprattutto come un atto di giustizia sociale. Essa ci invita a vedere la terra come luogo regalato da Dio all’umanità in cui fare spazio all’altro e gustare la bellezza della prossimità e della reciprocità.

Non possiamo far finta che la storia piagata e depredata di questi nostri fratelli e sorelle non rientri nelle nostre responsabilità. La mancanza d’amore e di conoscenza, il non volersi mescolare con l’altro, il vivere vicini ma pur tanto lontani, sono alcuni degli aspetti più preoccupanti del rifiuto dell’altro: è un respingere cortese, è una distanza inospitale.

La porta: uno stile per le nostre Chiese

Imparare ad abitare spazi vuoti, liberi dall’ipertrofia dell’io, spazi umili e non prepotenti, è la sfida che siamo chiamati a vivere nelle nostre Chiese e, al contempo, la testimonianza evangelizzante da portare al cuore di una cultura occidentale indifferente a Dio e all’uomo. È proprio vero, ci si sente accolti da uno sguardo umile e ci si apre all’altro grazie ad un ascolto attento che diviene reciproca ospitalità.

Come diceva l’Abbé Pierre: «Bisogna amare le porte perché sono il posto dove nessuno si ferma, il posto dove si passa, da dove si parte, dove avvengono tutti gli incontri».

In tal senso, e anche alla luce di un cammino ecumenico che caratterizza le coste del sud dell’Italia e di Bari in particolare, si avverte la necessità di maturare un pensiero teologico e una lettura sapienziale capaci di offrire, secondo la mistica della speranza, una valorizzazione della millenaria tradizione che il Mediterraneo ci dona.

I discorsi di papa Francesco tenuti a Napoli in occasione del Convegno del 2019 e dell’incontro con i Vescovi del Mediterraneo a Bari nel 2020, insieme al significativo appuntamento di Firenze del 2022, tra i Vescovi e i Sindaci delle sponde del Mediterraneo, hanno offerto opportunità preziose nel cammino di recupero di una dimensione sempre più affettiva, relazionale e agapica dell’umanesimo mediterraneo, ma anche per una tessitura sinodale tra le Chiese del Mare Nostrum.

Bari, definita da papa Francesco, nel nome di san Nicola, “capitale dell’unità della Chiesa”, è stata sede di un incontro che oserei definire profetico. È stato un chiaro invito a costruire la pace e la concordia in una “zona strategica, il cui equilibrio riflette i suoi effetti sulle altre parti del mondo”.

Siamo sempre più consapevoli che solo lavorando insieme è possibile abitare le sfide dei contesti mediterranei. La via del dialogo ecumenico e quella del confronto interreligioso permangono strade impervie ma necessarie per mettersi in ascolto dello Spirito e realizzare legami di vera fratellanza.

Un sogno di speranza…

È necessario alimentare il sogno di una fraternità possibile in cui sperimentare accoglienza e convivialità. Perché il sogno non rimanga idealità, c’è bisogno di conferire potere ai segni mediante una testimonianza evangelica, rinunciando ai segni del potere.

In omaggio alla Francia che ci ospita, desidero concludere con una citazione di un suo autore mediterraneo: Antoine de Saint-Exupery. Essa è tratta da Pilota di guerra (Bompiani, Milano 2008, p. 165), e ci consegna una visione molto vicina a ciò che sperimentiamo, alimentando la speranza:

«Stamattina non c’erano che un esercito sconquassato e una folla in frantumi. Ma una folla in frantumi, se c’è una sola coscienza nella quale essa si ricompone, non è più in frantumi.

Le pietre del cantiere sono un mucchio disordinato solo in apparenza, se c’è, perduto nel cantiere, un uomo, sia pure uno solo, che pensa a una cattedrale. […] Egli propagherà intorno a sé la sua fede tranquilla. Intravedo meglio il principio delle vittorie: colui che si assicura un posto di sagrestano o di seggiolaio nella cattedrale costruita, è già un vinto. Ma chiunque porta nel cuore una cattedrale da costruire è già un vincitore. La vittoria è frutto dell’amore. Solo l’amore riconosce il volto da plasmare. Solo l’amore dirige verso di lui. L’intelligenza vale soltanto a servizio dell’amore».

Siano benedetti i sogni di fraternità e di bene che portiamo nel cuore.

Vi ringrazio per l’attenzione.

✠ Giuseppe Satriano, Arcivescovo di Bari-Bitonto

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