Arcivescovo

S.E. Giuseppe

Satriano

IN AGENDA

Quella finestra che fa entrare il cielo

Ieri, il Santo Padre ha aperto il ciclo delle catechesi d’Avvento, guardando a Gesù, alla sua preghiera «che attraversa tutta la sua vita, come un canale segreto che irriga l’esistenza»

mani_20preghiera.jpgSin dall’inizio della sua vita pubblica, sulle rive del Giordano, Gesù dopo aver ricevuto il battesimo avvertì l’esigenza di pregare, di entrare in intima comunione col Padre, quasi a rimarcare che nessun gesto sulla terra può avere significato se non è sostenuto dal Cielo. Potrebbe apparire strano che il Figlio di Dio sentisse il bisogno di pregare, eppure, spiega Benedetto XVI, «proprio questo 'stare in preghiera', in dialogo con il Padre illumina l’azione che ha compiuto insieme a tanti del suo popolo, accorsi alla riva del Giordano». È di fatto l’intensa e personale preghiera di Gesù che sacramentalizza quel rito di purificazione a cui si sottoponevano i seguaci del Battista. Non è un caso che solo dopo la preghiera del Maestro, «il cielo si aprì e discese sopra di lui lo Spirito Santo» (Lc 3, 21-22). Certamente, come Figlio dell’Uomo, ricorda il Papa, Gesù «ha imparato a pregare da sua Madre e dalla tradizione ebraica» ma la sua preghiera rivela qualcosa di più, «raccogliendosi in preghiera, Gesù mostra l’intimo legame con il Padre che è nei Cieli, sperimenta la sua paternità, coglie la bellezza esigente del suo amore, e nel colloquio con il Padre riceve la conferma della sua missione». Il richiamo di Benedetto XVI al Gesù orante, che nella preghiera lega la terra al Cielo, suona come una provocazione in questo tempo in cui l’uomo del fare si sente sopraffatto dagli eventi, dalla crisi economica, dai mercati impazziti. In questo nostro mondo «chiuso all’orizzonte divino e alla speranza che porta l’incontro con Dio» il Papa invita i cristiani ad essere testimoni di preghiera per insegnare all’umanità smarrita, in cerca di senso, a ritrovare se stessa nel dialogo con l’Alto. Chiamato a dare speranza in un tempo in cui sembra svanire ogni speranza di futuro, il Vicario di Cristo, sulle orme del Maestro, ritrova nella forza della preghiera il coraggio della fede, il coraggio di guardare avanti con fiducia nell’attesa, propria dell’Avvento, del Signore che viene.

Se Gesù, come narrano i Vangeli, più volte si ritirava in preghiera nel deserto, sul monte, nella notte, in ogni momento in cui la solitudine gli consentiva di ascoltare la voce del Padre, ogni uomo deve saper ritrovare nella propria interiorità la sua vera dimensione. In questo tempo in cui nuovi poveri bussano alle porte delle nostre chiese, certamente siamo tutti chiamati alla solidarietà concreta, all’efficienza, all’operosità per dare riposte a quanti hanno bisogno di aiuto, ma il Papa sente di ricordare alla Chiesa e a tutti gli uomini di buona volontà che solo l’intimo legame con Dio può dare valore al nostro agire. Dalle rive del Giordano a quella terribile notte d’angoscia nell’Orto degli Ulivi, Gesù ci ha insegnato a rifugiarci nella preghiera, a rivolgerci a Dio come al più tenero dei padri, a dire Abbà, Padre, «Padre nostro che sei nei cieli».

La riflessione del Santo Padre sulla preghiera sembra ricordare all’uomo di oggi, pieno di sé, le parole di Gesù: «Senza di me non potete far nulla» (Gv 15,5), perché solo nell’intimo e costante dialogo con Dio «possiamo aprire finestre verso il Cielo».

Gennaro Matino
 
© Avvenire, 1 dicembre 2011