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Quelli del cristianesimo consolatorio

La tentazione di una fede "fai da te" è un pericolo che corrono in molti. Fino ad arrivare ai paradossi di chi vuole sentirsi dire solo quello che vuole...

00505acd3d0c336ec3d2a1259c50f718.jpegAh io vado solo a messa dai fratonzoli dell'eremo disperso sulla montagna incantata accessibile solo d'estate da un sentiero di ciottoli e sabbia. Come? Non li conoscete?

Beh, a me hanno salvato la fede! Grazie a loro ho scoperto l'essenza delle scritture, la verità del Vangelo, la bellezza della Parola. Solo loro me l'hanno fatta capire con una intensità e capacità, che, francamente, non mi va di mischiarmi con quelle testoline grigie e poco pensanti che ogni domenica si muovono come corpi automatizzati verso le chiese di città per la messa festiva.

Io sto bene solo lì, nel mio luogo isolato, dove davvero mi sento dire quello che penso: la mia certezza di essere nella verità, a differenza di chi viene mandato in crisi troppo facilmente dalle domande e le questioni che affliggono il mondo di oggi.

Oh ma che credete, mica sono un tradizionalista io! Mica sono di quelli granitici, apologetici, che impongono la loro visione delle cose a tutti gli altri e che vorrebbero che tutti fossero come loro.

Io sono io e non mi importa come sono gli altri, mi basta il mio eremo, i miei frati e quelli che la pensano come me.

Siamo in pochi? Chi se ne importa, perlomeno abbiamo la consolazione di esserci.

Già, perché abbiamo bisogno di essere consolati. A noi, moderni custodi della verità evangelica il mondo non ci capisce. Perché nel mondo la Parola non viene più spiegata, letta, meditata.

Frate Giovanni, ce lo dice sempre, durante i lauti pranzetti che consumiamo nei nostri incontri eremitici. Siamo al massimo venti, che venti è già un numero alto, troppo alto per assaporare il gusto dei piatti di portata mischiati all'esegesi.

Quando parliamo troviamo ogni risposta alle domande che gli altri, poveretti, si affliggono e litigano e si confrontano, mamma mia che perdita di tempo.

Noi abbiamo quel paio di libretti che leggiamo e da lì spesso traiamo anche qualche massima per affrontare la realtà.

Qui zappiamo la terra, a casa magari non laviamo neanche i piatti. Meglio la lavastoviglie no, che cosa vuoi fare quando torni a casa dal lavoro alle dieci di sera.

E anche certi amici: che noia! Loro non capiscono i discorsi che faccio, mi capiscono solo quelli come me.

Certe volte arrivo a pensare una cosa: che il Figlio di Dio non è venuto per tutti. Ma solo per chi lo può comprendere.
In questo, francamente, sono orgoglioso di sentirmi un privilegiato.

Francesca Lozito

© www.vinonuovo.it, 27 luglio 2011

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