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Relativismo all'inglese: guai a dirsi cristiani

Verso l'anno della Fede. Dossier La sfida di credere 3.

ingfede190.jpgSessant’anni fa alla sua incoronazione la regina Elisabetta II, al pari degli altri sovrani britannici prima di lei, promise di custodire «le leggi di Dio e la vera professione del Vangelo». Ma oggi, ci dice George Hargreaves del Christian Party, «la Gran Bretagna pare scesa in guerra contro il Vangelo, e contro se stessa». I cristiani britannici che mostrano la loro fede sul posto di lavoro rischiano di essere degradati o licenziati. Il governo, prosegue Hargreaves, «continua imperterrito a promuovere l’agenda dei "nuovi diritti civili" finendo per criminalizzare l’espressione pubblica della fede cristiana. Io stesso ho rischiato la sospensione per aver attaccato nel mio ufficio un poster che diceva "La Gran Bretagna è un Paese cristiano". Mi hanno detto di toglierlo perché era offensivo verso gli atei e gli esponenti di altre fedi, e che incitava all’odio religioso. Un’assurdità!».

A poche settimane dall’Anno della Fede, le sfide che la Chiesa in Gran Bretagna (e non solo quella cattolica) si trova ad affrontare sono decisamente impegnative. «Se i cristiani non fanno qualcosa subito – spiega Andrea Minichiello-Williams, direttore del Centro legale Christian Concern for Our Nation – il Paese imboccherà presto la strada della demonizzazione della pratica religiosa». Negli ultimi anni i casi di discriminazione sul posto di lavoro sono cresciuti a vista d’occhio, con episodi di licenziamento o sospensione tra medici, infermieri e impiegati solo perché indossavano una catenina con la croce, o perché avevano osato pregare in pubblico. Sono più di dieci anni ormai, spiega Paul Diamond, avvocato, che «ai cristiani viene chiesto di non menzionare Dio sul posto di lavoro perché questo potrebbe offendere non solo i musulmani ma anche gli atei e persino i gay. L’islam ha acquisito una sorta di status di "religione protetta" mentre quella che da sempre è la religione di Stato oggi è sostanzialmente perseguitata». Lo stesso premier David Cameron ha dovuto riconoscere alcuni eccessi e ha esortato i cristiani a «lottare contro la secolarizzazione della Gran Bretagna».

In un recente discorso ai leader della Chiesa ha detto di credere che «l’insegnamento cristiano può aiutarci ad avere i forti valori di cui abbiamo bisogno» e che «dovremmo celebrare la nostra fede a voce alta». Un concetto che è stato rimarcato pochi giorni fa anche dal suo predecessore Tony Blair, che peraltro non aveva mai parlato di religione nei suoi anni a Downing Street. Durante un dibattito a Westminster sulla fede nella vita pubblica, accanto al leader della Chiesa anglicana Rowan Williams, Blair ha detto di credere nella «salvezza attraverso Gesù Cristo» e ha incoraggiato gli altri cristiani a fare lo stesso. «Penso che le persone che stanno spingendo questo secolarismo aggressivo – ha aggiunto l’ex premier, già anglicano e oggi cattolico – abbiano qualcosa in comune con gli estremisti religiosi. Di fronte all’estremismo è facile per un secolarista dire "sono tutti pazzi, non ascoltateli"». Anche l’ex primate della Chiesa cattolica d’Inghilterra e Galles, Cormac Murphy-O’Connor, ha messo recentemente in guardia contro i pericoli del relativismo affermando che esso «favorisce la violenza e ha aiutato i regimi totalitari che hanno ucciso milioni di persone nel XX secolo». «Nel nome della tolleranza – ha continuato portando come esempio la recente iniziativa del governo Cameron per introdurre il matrimonio tra persone dello stesso sesso – mi sembra che la tolleranza sia stata abolita. Nessuno è obbligato a essere cristiano, ma nessuno dovrebbe essere obbligato a vivere secondo la nuova religione secolare».

La velocità con cui si è imposto il relativismo, scriveva qualche tempo fa il Daily Telegraph citando una ricerca della House of Commons Library, significa che la Gran Bretagna tra soli vent’anni potrebbe non essere più un Paese cristiano. Se il trend dovesse proseguire, entro il 2030 il numero dei non credenti potrebbe superare quello dei cristiani. Attualmente si stima che il cristianesimo nel Regno Unito perda mezzo milione di credenti l’anno, mentre aumentano quanti si dicono atei o agnostici, e altre religioni sono in ascesa: negli ultimi 6 anni i musulmani sono cresciuti del 37% fino a 2milioni 600mila. Ma «nonostante i numeri – ricorda George Hargreaves – la Gran Bretagna rimane un Paese cristiano. Dobbiamo solo riuscire ad alzare di più la voce e farci sentire».

«LA CHIESA? OGGI DA' VOCE ALLA GENTE»
Austen Ivereigh, giornalista inglese, ex portavoce dell’arcivescovo di Westminster e fondatore di «Catholic voices» – un’équipe specializzata nella comunicazione creata in occasione della visita di Benedetto XVI in Gran Bretagna nel 2010 per far conoscere correttamente la dottrina cattolica attraverso i media – spiega le sfide che la Chiesa e i cattolici si trovano ad affrontare in Gran Bretagna. «Un momento determinante – riflette – è stato quando, nel 2006-2007, la Chiesa è stata costretta a chiudere o abbandonare le sue tredici agenzie per l’adozione perché secondo le nuove leggi sull’uguaglianza era diventato illegale rifiutare alle coppie dello stesso sesso il diritto di adottare. In quel momento i vescovi si sono resi conto una volta per tutte che non potevano più contare sullo Stato».
Quanto è avanzata la secolarizzazione in Gran Bretagna?
Siamo al punto in cui ormai esiste una sordità generale nei confronti della fede, mentre l’etica dell’autonomia, l’idea che dovremmo essere tutti liberi di perseguire i nostri obiettivi e che lo Stato debba garantire questa possibilità è diventata la norma. Il dubbio e lo scetticismo sono considerate le sole risposte giuste alla realtà; la fede è rispettata come un anacronismo tribale, qualcosa di ereditato, ma non è tollerata se mostra di voler contribuire alla nostra cultura. Se vuoi spiegare il tuo punto di vista come cattolico si pensa subito che sia "irrazionale".
Che compito spetta oggi alla Chiesa?
Trovare un linguaggio per comunicare a questa che chiamo "cultura dell’autonomia" il valore delle cose. I sostenitori del matrimonio gay, per esempio, non riescono a vedere come la questione non sia tanto quella dell’eguaglianza. Quando diciamo "l’eguaglianza è un valore importante ma non è quello appropriato in questo caso" e poi ci concentriamo sui valori che sono stati ignorati, come l’unicità del matrimonio quale istituzione aperta alla procreazione e garante della stabilità sociale, siamo accolti da sguardi increduli e ci viene detto che "odiamo i gay", che siamo "contro l’omosessualità". La nostra sfida è dimostrare che l’opinione fondata sulle convinzioni religiose non è irrazionale ma, al contrario, è molto ragionevole.
Nel Regno Unito il relativismo morale ha vinto la partita?
Il relativismo morale non può formare la base di una civiltà. Sia nei disordini di piazza dell’estate scorsa sia nello svelarsi dell’avidità e del cinismo delle nostre banche e dei banchieri abbiamo constatato che la nostra società è ormai incapace di crescere e nutrire le virtù e i valori dai quali dipende il futuro di tutti. Ma non credo che l’etica dell’autonomia sia condivisa dalla maggior parte della gente. Basta guardare all’immensa devozione per la regina dimostrata durante il suo giubileo, e confermata anche dalla recente cerimonia d’inaugurazione dei Giochi olimpici: di lei gli inglesi ammirano la dedizione assoluta al Paese, lo spirito di sacrificio e la fede. Credo che quando la Chiesa cattolica alza la voce, per esempio contro il matrimonio gay, rappresenta i veri sentimenti del popolo, anche se dai media questo non risulta. In futuro le Chiese anglicana e cattolica agiranno sempre più come voce dei senza voce: sono le uniche istituzioni della società civile sufficientemente forti per poter affrontare l’egemonia del liberalismo culturale dominante.

QUANDO LA VITA RINASCE IN PARROCCHIA
Siri Abrahamson, una signora londinese di 35 anni, ci racconta come la sua vita e quella del marito siano cambiate per sempre un giorno d’inverno quando la seconda figlia morì poco dopo la nascita. «Eravamo ovviamente sotto choc, quando il cappellano cattolico dell’ospedale ci venne incontro offrendoci di pregare insieme. Non eravamo credenti. Il sacerdote ci offrì il rosario, l’accettammo e quella notte, per la prima volta nella nostra vita, maneggiammo la corona. E ci addormentammo stringendola nelle mani». «Quando in seguito abbiamo dovuto scegliere il luogo del funerale – continua Siri – siamo stati messi di fronte a varie possibilità, ma ci è venuto spontaneo scegliere una chiesa cattolica vicino casa, a Islington, zona nord di Londra». Siri ricorda come tante volte, accompagnando la prima figlia di tre anni all’asilo, ci era passata davanti senza mai entrare. «Forse avevo paura che qualcuno puntasse il dito contro di me dicendomi "che ci fai qui, tu che non sei cattolica?"». Ma non è mai successo: «Quando io e mio marito abbiamo cominciato a frequentare la parrocchia non sapevamo quando pregare, quando inginocchiarci, come comportarci, eppure non ci siamo mai sentiti giudicati. Al contrario, abbiamo sempre ricevuto affetto e comprensione». Siri e il marito – una coppia di professionisti – hanno sempre dato poca importanza alla religione: «Al momento di sposarci l’opzione ovvia per noi fu quella di farlo in Comune, in chiesa ci sembrava un’ipocrisia. Ma quando la nostra seconda figlia è morta ci siamo sentiti come se Dio avesse teso la mano verso di noi. Per noi oggi frequentare la Chiesa cattolica e pregare vuol dire rispondere a una chiamata». Da un anno la coppia va regolarmente in parrocchia e riconosce che «anche se il dolore della perdita di nostra figlia è incolmabile il calore che riceviamo dalla comunità che ci circonda ci permette di superare anche i giorni più cupi». Quest’anno durante la Quaresima, conclude Siri, «abbiamo deciso per la prima volta di non guardare la tv la sera, una piccola rinuncia che ci ha fatti rinascere: senza questa distrazione, abbiamo goduto delle conversazioni migliori da quando ci siamo sposati. Se non avessimo ritrovato la fede cattolica non sarebbe successo».

 

Elisabetta Del Soldato
 
© Avvenire, 5 agosto 2012