Roma. Con Sant'Egidio per la pace: un minuto di silenzio per le vittime delle guerre
Si concluderà con un minuto di silenzio in memoria delle vittime di tutte le guerre e con la consegna del messaggio di pace l’incontro internazionale “Popoli fratelli, Terra futura” organizzato a Roma dalla Comunità di Sant’Egidio. Il momento finale si terrà questo pomeriggio al Colosseo alla presenza di papa Francesco. Alle 16.30 è prevista la preghiera ecumenica per la pace presieduta dal Pontefice alla presenza dei rappresentanti delle Chiese e delle comunità cristiane.
Poi alle 17 la cerimonia conclusiva introdotta da Andrea Riccardi con l’intervento della cancelliera tedesca Angela Merkel; quindi i messaggio di pace di Ahmad al-Tayyeb, grande imam di al-Azhar in Egitto, di Bartolomeo I, patriarca ecumenico di Costantinopoli, di Pinchas Goldschmidt, presidente della Conferenza dei rabbini europea, di Shoten Minegishi, monaco buddista Soto Zen in Giappone, di Lakshmi Vyas, presidentessa dello Hindu Forum of Europe, di Jaswant Singh, Gurdwara Shri Kalgidhar Sahib.
Alle 17.45 l’intervento del Papa.
La giornata di oggi è cominciata alle 10 con quattro forum in contemporanea. Il primo, dal titolo “Ritrovare il noi”, ha visto fra i relatori il vescovo Heinrich Bedford-Strohm, presidente del Consiglio della Chiesa evangelica in Germania, il patriarca armeno Karekine II e il cardinale José Tolentino Mendonça. Al secondo panel su “La cura della casa comune” sono intervenuti fra gli altri il direttore di Avvenire, Marco Tarquinio, e il cardinale arcivescovo di Bologna, Matteo Zuppi. Il terzo incontro su “La pace è possibile?” ha visto la partecipazione del cardinale Michael Czerny. E l’ultimo è dedicato al tema “Il futuro che vogliamo. Giovani in dialogo”.
La prima giornata dell'incontro
«Vorrei paragonare il nostro convegno a ciò che la tradizione orientale definisce come Sinodo: il camminare insieme. Non stiamo discutendo questioni dottrinali o dogmatiche, ma più semplicemente del nostro futuro, del futuro dei giovani e del mondo». Marco Impagliazzo spiega così il compito, semplice e ambizioso, dell’incontro internazionale di dialogo tra le religioni “Popoli fratelli, Terra futura”. A ospitare l’assemblea di apertura del convegno – che da 35 anni rinnova lo spirito di Assisi del meeting ideato da Giovanni Paolo II – le architetture modernissime della Nuvola a Roma. Il presidente della Comunità di Sant’Egidio introduce gli ospiti arrivati a rappresentare la tradizione cristiana orientale, l’ebraismo, l’islam, l’anglicanesimo. Piena la sintonia sulla necessità di unirsi per progettare un futuro comune post-pandemico sui binari indicati da papa Francesco nelle encicliche Fratelli tutti e Laudato si’. «C’è bisogno di ricominciare su nuove basi – esorta Impagliazzo – per non sprecare l’occasione di questa crisi mondiale, perché diventi un nuovo inizio e non una storia di degrado o peggio ci separi gli uni dagli altri. Qui c’è la nostra responsabilità, come singoli e come comunità di uomini e donne di fedi diverse. Ricominciamo insieme». Cominciando, per esempio, a farsi carico di chi fugge da guerre e persecuzioni. Proprio dei corridoi umanitari promossi da Sant’Egidio assieme alle Chiese evangeliche (esperienza analoga a quella promossa dalla Cei) parla la ministra dell’Interno, Luciana Lamorgese, che col ministero degli Esteri, collabora al progetto che ha permesso l’accoglienza e l’integrazione di 2mila profughi. Il patriarca ecumenico di Costantinopoli, Bartolomeo I, pone un interrogativo ineludibile: «Dopo questa pandemia vogliamo conoscerci, comprenderci e rispettarci? Vogliamo dare una nuova possibilità ai popoli del mondo di vivere con giustizia e in pace, salvaguardando la creazione? Se no, le conseguenze saranno peggiori di ciò che abbiamo lasciato». È l’arcivescovo di Canterbury e primate della Comunione anglicana a ricordare che «con la pandemia abbiamo percepito il senso della nostra fragilità – dice l’arcivescovo Justin Welby – e gli idoli del nostro tempo, salute ed economia, sono stati rovesciati. Gesù raccomanda di costruire sulla roccia, non sulla sabbia. Se non ripartiremo da un accesso equo ai servizi sanitari e ai vaccini per tutti, pagheremo cara in futuro questa scelta». Pinchas Goldschmidt, presidente della Conferenza dei rabbini europei, ricorda che il conflitto tra religioni affligge l’umanità dall’alba dei tempi: «La Torah ci trasmette la storia dei due fratelli, Caino e Abele, che cercavano di costruire un rapporto esclusivo con Dio, provocando un conflitto culminato nell’assassinio e nell’esilio. E l’epoca delle guerre di religione non si è conclusa». E se c’è una cosa che questo virus ha insegnato al mondo, «è la totale interdipendenza dell’umanità. Anche sei i Paesi ricchi vaccinassero tutti i loro cittadini, ignorando il Terzo mondo, una nuova variante proveniente da lì potrebbe rendere il loro vaccino irrilevante e obsoleto». Lo sheik vicario del grande imam di al-Azhar, Mohamed al-Duwaini, sottolinea come il Covid-19 abbia «colto tutti di sorpresa» dimostrando come «la globalizzazione che divide i popoli è solo un grande inganno, che lo scontro di civiltà è una grande menzogna, che la civiltà non riguarda un popolo ed esclude altri». E allora «noi, figli di questa umanità, abbiamo un’origine comune, anche se le nostre lingue e idee sono diverse, e il dovere di questa umanità universale è che ogni uomo cerchi il bene del mondo intero». Lo testimonia anche il ministro della Tolleranza e della Convivenza degli Emirati Arabi Uniti, sheik Nayan bin Mubarak Al Nayan. «A testimonianza del nostro impegno abbiamo creato il primo, e unico, ministero della Tolleranza e della Coesistenza del mondo. Ci impegniamo a lavorare con tutti gli individui e con tutte le nazioni per garantire il genuino rispetto e la compassione per la dignità di ogni essere umano e per preservare i diritti umani fondamentali per tutti». Una «nobile ricerca della fratellanza umana» sottoscritta «dal Papa, e da sua eminenza, lo sheykh di al-Azhar, quando hanno rilasciato la dichiarazione di Abu Dhabi sulla fratellanza umana nel 2019».