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Roma. Il poster contestato contro l'aborto, se fa scandalo dire (quasi) tutta la verità

Nel quartiere Aurelio un cartellone di 7 metri per 11 ricorda cosa avviene a 11 settimane di gravidanza. E solleva le proteste delle consigliere del Pd al Campidoglio

Il cartellone campeggia su un palazzo di via Gregorio VII, nel quartiere Aurelio, non troppo lontano dal Vaticano. Sette metri per undici di altezza: una lente di ingrandimento inaspettata per ciò che nella pancia di una donna, a 11 settimane di gravidanza, misura appena 5 centimetri. È un bambino. Niente di speciale, o di spaventoso. Siamo fatti così, a quell’età gestazionale: la testolina ancora allungata, e sproporzionata rispetto al corpicino, mani e piedi già perfette nei particolari, il cordone ombelicale che fluttua nella placenta.

L’associazione Provita ha scelto l’immagine per una campagna di sensibilizzazione a 40 anni dalla legge 194 sull’aborto: «Tu eri così» si legge sul cartellone, «i tuoi organi erano presenti», «il tuo cuore batteva già», «ti succhiavi il pollice». Più sotto uno slogan, forte nei toni: «E ora sei qui perché tua mamma non ti ha abortito».

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Troppo, per chi crede che l’aborto sia invece una sorta di fondamentale diritto delle donne, da garantire a tutti i costi (e da silenziare, poi, perché della sofferenza che quella scelta drammatica comporta non parla mai nessuno): «Si tratta di immagini che offendono la sensibilità di tutti – hanno tuonato unite le consigliere del Pd al Campidoglio, Michela Di Biase, Valeria Baglio, Ilaria Piccolo, Giulia Tempesta e quella di Lista Civica Svetlana Celli –. Difendere la vita con messaggi così crudi e violenti non appartiene alla storia delle donne, né della città».

Sono pronte a una mozione per chiedere al Campidoglio la rimozione immediata del manifesto, sostenute sui social da un hashtag lanciato dalla senatrice Pd Monica Cirinnà (#rimozionesubito). E il Comune, manco a dirlo, ha prontamente avviato indagini: un Regolamento in materia di Pubbliche affissioni di Roma Capitale vieta espressamente «Esposizioni pubblicitarie dal contenuto lesivo del rispetto di diritti e libertà individuali». In questo caso, la verità biologica di un bambino nel grembo materno. E quella crudele dell’aborto, che non è un diritto ma è una tragedia, in cui purtroppo le mamme sono quasi sempre sole: senza uomini degni di questo nome al proprio fianco, senza famiglie, senza l’aiuto delle istituzioni, dei consultori, dei medici. E dei politici.

Viviana Daloiso

© Avvenire, giovedì 5 aprile 2018

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