Sahel, dramma annunciato
«La  crisi è già qui», avverte Thomas Yanga, a capo del Programma alimentare  mondiale (Pam) per l’Africa occidentale. «Tutto quello che possiamo  fare – aggiunge – è ridurre l’impatto sulle persone, specialmente quelle  più vulnerabili».
Burkina Faso, Niger, Ciad, Mauritania e Mali  sono tra i Paesi più a rischio. Ma anche alcune aree di Senegal e Gambia  potrebbero essere presto coinvolte dall’emergenza. I sintomi del  fenomeno sono già presenti. Dei circa 11 milioni di civili a rischio di  malnutrizione, tra i cinque e sette milioni stanno affrontando una  gravissima «insicurezza alimentare» e hanno bisogno di «assistenza  immediata». Un urgente comunicato proveniente dall’organizzazione  umanitaria Oxfam, avverte che «sei milioni di persone in Niger e 2.9  milioni in Mali, vivono in aree particolarmente vulnerabili», mentre  700mila mauritani già soffrono di un «serio problema di alimentazione».  Inoltre, secondo stime ufficiali, due milioni di cittadini del Burkina  Faso patiscono la fame, mentre 13 regioni su 22 in Ciad «potrebbero  essere affette» dalla stessa emergenza.
«La situazione sembra  molto preoccupante per milioni di persone non solo nel Sahel, ma  nell’Africa occidentale – spiega un nota di Oxfam – questa volta però  possiamo agire prima della catastrofe». Alti prezzi dei prodotti  alimentari, malnutrizione e conseguenti malattie, sono un miscuglio  fatale che il Sahel conosce bene purtroppo. Le ultime crisi sono  avvenute nel 2005, nel 2009 e nel 2010. Le stesse condizioni potrebbero  ripetersi quest’anno. Le organizzazioni umanitarie avvertono che gli  intervalli tra un’emergenza e l’altra sono sempre più brevi, rendendo  molto difficile l’adozione di misure efficaci per evitare il peggio. 
«La  siccità che ha colpito i Paesi del Sahel ha causato una penuria d’acqua  conservata nelle cisterne», ha reso noto la stampa francese, il cui  governo, quale maggiore ex potenza coloniale nell’area, ha già deciso di  fornire subito 10 milioni di euro al Pam per la crisi. Inoltre, «si è  abbassato drasticamente il livello dell’acqua nei fiumi, una seria  minaccia per la coltivazione e l’allevamento». «Nel mio villaggio non  c’è più niente da mangiare», ha riferito alla stampa Dari Harouna,  proveniente dalla cittadina nigerina di Tillaberi e appena arrivata  nella capitale Niamey per tentare di sopravvivere. «Siamo tutti scappati  via, non solo uomini, ma anche donne e bambini. Nel villaggio sono  rimasti solo i vecchi», ha proseguito.
Uno studio redatto  recentemente dal governo del Niger e da alcune organizzazioni non  governative, stima che «per via della siccità, i pastori del Paese con  piccole mandrie di bestiame hanno perso tra il 2009 e il 2010 il 90% dei  loro animali», un dato che ha costretto molte famiglie a «ridurre la  qualità e quantità del cibo consumato oggi». «Il ritorno degli emigrati  del Niger che hanno lavorato in Libia costituisce un altro problema  significativo che peserà sulla crisi», ha reso noto l’Organizzazione  internazionale per la migrazione (Iom). «La fine del denaro che  ricevevano migliaia di persone grazie alle rimesse sta già spingendo  varie famiglie verso un’incertezza alimentare ancora più grave». 
In  Ciad, invece, le autorità avvisano che ci sarà un diminuzione di  650mila tonnellate di grano, specialmente nell’area occidentale di  Kanem. «La situazione è veramente allarmante», ha dichiarato Ngamaye  Djari, il governatore della regione, aggiungendo che «per via della  guerra in Libia, oltre 10mila connazionali sono recentemente ritornati  nel Paese. Un terzo della popolazione del Ciad è «sotto la soglia della  media nutrizionale», a prescindere dalla caduta delle piogge o  dall’ammontare dei raccolti. 
«Avremo sicuramente un anno  difficile», sostiene Patricia Hoorelbeke, a capo del settore Africa  occidentale per l’organizzazione umanitaria Azione contro la fame (Acf).  «In Ciad una media del 15-20% ha sofferto negli ultimi cinque anni di  malnutrizione acuta, ma presto si potrebbe raggiungere il 25%». Le  agenzie umanitarie sostengono però che alcuni governi africani hanno già  cominciato ad adottare le misure necessarie per ovviare alla  catastrofe. «La comunità internazionale e i Paesi africani si devono  organizzare per proporre progetti d’investimento a lungo termine»,  afferma Stephen Cockburn, esperto di programmi d’emergenza per Oxfam.  «In seguito a quello che abbiamo imparato dalle crisi precedenti, non  abbiamo più scuse per commettere ancora gli stessi errori». 				    
            