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«Senza il sale di Gesù diventiamo insipidi, cristiani da museo»

L'esortazione del Pontefice nella messa di stamani a Santa Marta. Il Papa ha detto che l'originalità cristiana "non è una uniformità" e ha messo in guardia dal rischio di diventare "cristiani da museo".

I cristiani diffondano il sale della fede, della speranza e della carità: è questa l'esortazione di Papa Francesco nella messa di stamani a Santa Marta. Il Papa ha detto che l'originalità cristiana "non è una uniformità" e ha messo in guardia dal rischio di diventare insipidi, "cristiani da museo". Alla messa - concelebrata con i cardinali Angelo Sodano e Leonardo Sandri e l'arcivescovo di La Paz, Edmundo Abastoflor Montero - ha preso parte un gruppo di sacerdoti e laici del dicastero per le Chiese orientali.

Che cos'è il sale nella vita di un cristiano, quale sale ci ha donato Gesù? È la domanda che papa Francesco si è posto nell'omelia - di cui riferisce la Radio Vaticana - soffermandosi sul sapore che i cristiani sono chiamati a dare alla propria vita e a quella degli altri. Il sale che ci dà il Signore, ha osservato, è il sale della fede, della speranza e della carità. Ma, ha avvertito, dobbiamo stare attenti che questo sale, che ci è dato dalla certezza che Gesù è morto e risorto per salvarci, "non divenga insipido, che non perda la sua forza". Questo sale, ha proseguito, "non è per conservarlo, perchè se il sale si conserva in una bottiglietta non fa niente, non serve".

Il sale, ha detto ancora il Pontefice, "non si conserva soltanto dandolo nella predicazione" ma "ha bisogno anche dell'altra trascendenza, della preghiera, della adorazione". "E così il sale si conserva, non perde il suo sapore. Con l'adorazione del Signore io trascendo da me stesso al Signore e con l'annunzio evangelico io vado fuori da me stesso per dare il messaggio. Ma se noi non facciamo questo - queste due cose, queste due trascendenze per dare il sale - il sale rimarrà nella bottiglietta e noi diventeremo cristiani da museo", ha sottolineato Bergoglio. ​

© Avvenire, 23 maggio 2013

 

L'omelia

 

I cristiani diffondano il sale della fede, della speranza e della carità: è questa l'esortazione di Papa Francesco nella Messa di stamani alla Casa Santa Marta. Il Papa ha sottolineato che l’originalità cristiana “non è una uniformità” e ha messo in guardia dal rischio di diventare insipidi, “cristiani da museo”. Alla Messa - concelebrata con i cardinali Angelo Sodano e Leonardo Sandri e con l’arcivescovo di La Paz, Edmundo Abastoflor Montero - hanno preso parte un gruppo di sacerdoti e collaboratori laici della Congregazione per le Chiese Orientali.

Che cos’è il sale nella vita di un cristiano, quale sale ci ha donato Gesù? Nella sua omelia, Papa Francesco si è soffermato sul sapore che i cristiani sono chiamati a dare alla propria vita e a quella degli altri. Il sale che ci dà il Signore, ha osservato, è il sale della fede, della speranza e della carità. Ma, ha avvertito, dobbiamo stare attenti che questo sale, che ci è dato dalla certezza che Gesù è morto e risorto per salvarci, “non divenga insipido, che non perda la sua forza”. Questo sale, ha proseguito, “non è per conservarlo, perché se il sale si conserva in una bottiglietta non fa niente, non serve”:

“Il sale ha senso quando si dà per insaporire le cose. Anche penso che il sale conservato nella bottiglietta, con l’umidità, perde forza e non serve. Il sale che noi abbiamo ricevuto è per darlo, è per insaporire, è per offrirlo. Al contrario diventa insipido e non serve. Dobbiamo chiedere al Signore di non diventare cristiani col sale insipido, col sale chiuso nella bottiglietta. Ma il sale ha anche un’altra particolarità: quando il sale si usa bene, non si sente il gusto del sale, il sapore del sale… Non si sente! Si sente il sapore di ogni pasto: il sale aiuta che il sapore di quel pasto sia più buono, sia più conservato ma più buono, più saporito. Questa è la originalità cristiana!”

E ha aggiunto che “quando noi annunziamo la fede, con questo sale”, quelli che “ricevono l’annunzio, lo ricevono secondo la propria peculiarità, come per i pasti”. E così “ciascuno con la propria peculiarità riceve il sale e diventa più buono”:

“La originalità cristiana non è una uniformità! Prende ciascuno come è, con la sua personalità, con le sue caratteristiche, con la sua cultura e lo lascia con quello, perché è una ricchezza. Ma gli dà qualcosa di più: gli dà il sapore! Questa originalità cristiana è tanto bella, perché quando noi vogliamo fare una uniformità - tutti siano salati allo stesso modo - le cose saranno come quando la donna butta troppo sale e si sente soltanto il gusto del sale e non il gusto di quel pasto saporito con il sale. L’originalità cristiana è proprio questo: ciascuno è come è, con i doni che il Signore gli ha dato”.

Questo, ha proseguito il Papa, “è il sale che dobbiamo dare”. Un sale che “non è per conservarlo, è per darlo”. E questo, ha detto, “significa un po’ di trascendenza”: “uscire col messaggio, uscire con questa ricchezza che noi abbiamo del sale e darlo agli altri”. D’altro canto, ha sottolineato, ci sono due “uscite” affinché questo sale non si rovini. Primo: dare il sale “al servizio dei pasti, al servizio degli altri, al servizio delle persone”. Secondo: la “trascendenza verso l’autore del sale, il creatore”. Il sale, ha ribadito, “non si conserva soltanto dandolo nella predicazione” ma “ha bisogno anche dell’altra trascendenza, della preghiera, della adorazione”:

“E così il sale si conserva, non perde il suo sapore. Con l’adorazione del Signore io trascendo da me stesso al Signore e con l’annunzio evangelico io vado fuori da me stesso per dare il messaggio. Ma se noi non facciamo questo - queste due cose, queste due trascendenze per dare il sale - il sale rimarrà nella bottiglietta e noi diventeremo cristiani da museo. Possiamo far vedere il sale: questo è il mio sale. Ma che bello che è! Questo è il sale che ho ricevuto nel Battesimo, questo è quello che ho ricevuto nella Cresima, questo è quello che ho ricevuto nella catechesi… Ma guardate: cristiani da museo! Un sale senza sapore, un sale che non fa niente!”.

Alessandro Gisotti - Radio Vaticana

© Avvenire, 23 maggio 2013