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Social network sì, ma occhio ai rischi

Comunicare attraverso i social media genera una sorta di inconscio che connette gli utenti della Rete. Una risorsa straordinaria ma anche una potenziale fonte di rischi molto seri.

sn_2918596.jpgInconscio connettivo? È un’ipotesi sostenuta da tempo dal noto massmediologo canadese Derrick De Kerckhove in relazione ai moderni mezzi elettronici, probabilmente ricalcando la teoria proposta dallo psichiatra svizzero Jung secondo la quale esiste un inconscio collettivo che genera gli archetipi di ogni cultura.
Per dirla in termini comprensibili, esistono nelle varie culture e popoli del mondo alcune immagini psichiche innate che incontriamo indipendentemente dalla collocazione geografica e dalla storia specifica di quella etnia: l’idea del “vecchio saggio”, ad esempio, o dell’anima.
In maniera analoga, sostiene De Kerckhove, comunicare attraverso i social media genera una sorta di inconscio che connette gli utenti della Rete. Una risorsa straordinaria ma anche una potenziale fonte di rischi molto seri.

È quanto si evince anche dal messaggio del Papa per la 47ª Giornata mondiale delle comunicazioni sociali, dal titolo “Reti Sociali: porte di verità e di fede; nuovi spazi di evangelizzazione” (leggi il messaggio).
Ancora prima di essere spazio per evangelizzare le reti sociali sono un tessuto che aiuta a sviluppare la relazione tra uomini e questa non può perdere le caratteristiche di autenticità e di rispetto della verità che ciascuno porta con sé, come sottolinea anche Benedetto XVI nel suo messaggio. È importante essere consapevoli che oggi anche i web contribuisce a formare la personalità e l’inconscio delle nuove generazioni.

De Kerckhove ha provato a spiegare nel passato questa esigenza di autenticità e di umanizzazione con la storia di Pinocchio. Ai tempi di Collodi vi era un esodo consistente di lavoratori che dalla Toscana si spostavano nel Nord Italia per andare a lavorare in fabbrica dove, spesso, si disumanizzavano.
Una volta tornati a casa faticavano a ricuperare la loro identità. Ma a questo punto entrava in gioco la trasformazione, la metafora del ventre delle balena, e l’uomo tornava ad essere pienamente uomo superando l’influenza della macchina. Oggi il rapporto non è solo con le macchine ma con l’intera Rete che spesso dà alle persone la percezione di esistere solo quando si sentono connesse.

don Marco Sanavio

© Famiglia Cristiana, 28 gennaio 2013

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