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Speciale vita in Parrocchia: Turisti in parrocchia. Bilancio di fine estate

Non sarebbe male sottoporre le nostre comunità a una di Valutazione Impatto Accoglienza che misuri l’intensità con cui i villeggianti si sono sentiti benvenuti

foto_chiese_019.jpgA giugno, nei sempre più numerosi messaggi rivolti dai vescovi ai turisti (alcuni inutilmente rituali, altri così ricchi da meritare maggior diffusione), l’imperativo ricorrente era “accogliere”.

A fine estate, non sarebbe male sottoporre le nostre comunità ad una sorta di Valutazione Impatto Accoglienza alla stregua della più nota V.I.A. “ambientale”, che punti a misurare l’intensità con cui villeggianti e turisti si sono sentiti benvenuti nelle nostre località: aldilà delle variabili meteo, hanno trovato un clima ecclesiale “caldo” che li ha coinvolti attorno alla Parola e all’Eucaristia? O, al contrario, si sono trovato come  osservatori sulla soglia della chiesa, presenze anonime di liturgie allestite “come se” nessuno fosse arrivato… da fuori?
Per un metro di valutazione può essere utile riferirsi ad esempi virtuosi, probabilmente più diffusi nella pastorale di base di quanto appaia e tali forse da riequilibrare il peso di qualche celebrazione gelida, anche a chiesa stracolma di fedeli ospiti.

Il primo. Un generoso parroco dei lidi ravennati da oltre trent’anni si rivolge all’inizio di ogni Messa domenicale - dai primi di giugno ai primi di settembre -  alla sua cangiante assemblea con un benvenuto esemplare: augura bel tempo e buon riposo, aggiorna sulle iniziative avviate dalla parrocchia, segnala appuntamenti. Chi lo ascolta, si sente sempre a casa.

Così è per le famiglie che hanno scelto anche quest’anno il camping dove i ragazzi sanno che nel pomeriggio del sabato viene il “don” a celebrare la Messa: allora l’arena dei giochi serali si trasforma in un provvisorio presbiterio, s’abbassano i decibel tutt’intorno, e i vicini di camper si scoprono fratelli. L’inedita atmosfera celebrativa -  con tutti i potenziali rischi di queste liturgie “d’ambiente”, soprattutto quando manca un minimo gruppo animatore ed il celebrante appare un factotum sbrigativo -  riesce a destare un richiamo spirituale forte in piazze tradizionalmente distratte. E se vengono valorizzate l’ascolto della Parola e la partecipazione comunitaria, quella Messa fra le tende lascia un ricordo indelebile anche nei figli giovani.  Meglio ancora poi se quel prete indigeno può fermarsi a far due chiacchiere, dare spiegazioni, stringere relazioni con noi turisti sull’improvvisato sagrato a pochi metri dal mare. (E’ forse l’unico caso in cui lo scambio ecclesiale si edifica anche… sulla sabbia invece che sull’evangelica roccia).

Ad altri..livelli, suggestive ed eloquenti sono le celebrazioni  nelle chiesette accanto ai rifugi dove il parroco montanaro (secondo una programmazione annunciata per tempo e coordinata con la comunità parrocchiale) riesce a intercettare l’attenzione dei cristiani saliti in quota.
Ancora un esempio. Sulle sponde del lago di Garda, alcune comunità da anni prevedono all’inizio della Messa alcuni saluti in tedesco, inglese ed olandese per i fedeli velisti, bikers o escursionisti, preoccupandosi che anche il Vangelo possa essere disponibile nella propria lingua su un foglietto stampato ad hoc.

Basta così perché la fantasia pastorale ha messo in evidenza in questi anni altri indicatori della  V.I.A., che molti potrebbero abbondantemente segnalare. A partire dalla capacità relazionale e dalla motivazione spirituale degli autoctoni. Che siano persone veramente  accoglienti, perché sono loro a dare uno stile alla comunità, ben oltre le iniziative messe in cantiere per l’estate.

Diego Andreatta

© www.vinonuovo.it, 2 settembre 2010

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