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Supplica alla Madonna di Pompei. Monsignor Caputo: pregare col cuore di figli

L’appuntamento è domani a mezzogiorno con l'atto di devozione alla Vergine del Rosario, la preghiera tradotta in svariate lingue e recitata in ogni parte del mondo, con la quale si chiede a Maria di intercedere per i mali che affliggono l’umanità

Venerdì 8 maggio, "al Santuario di Pompei si eleverà l’intensa preghiera della Supplica alla Madonna del Rosario”. È stato il Papa a ricordarlo ieri al termine dell'udienza generale. Francesco ha esortato “tutti ad unirsi spiritualmente a questo popolare atto di fede e di devozione” che si compie ogni anno, a mezzogiorno, l’8 maggio e la prima domenica di ottobre. La preghiera, scritta nel 1883 da Bartolo Longo con il titolo “Atto d’amore alla Vergine”, è una risposta all’Enciclica Supremi Apostolatus officio con la quale Leone XIII, indicava la recita del Rosario per fronteggiare i mali della società. Papa Francesco invita a recitarla “affinché per intercessione della Vergine Santa, il Signore conceda misericordia e pace alla Chiesa e al mondo intero”.

Quest’anno alla Madonna di Pompei si affida l’intera umanità provata dalla pandemia di Covid-19, dunque,  abbiamo chiesto all’arcivescovo prelato di Pompei, monsignor Tommaso Caputo, con quale atteggiamento porsi in preghiera:

Ascolta l'intervista all'arcivescovo prelato di Pompei Tommaso Caputo

R. - L’atteggiamento è pregare con il cuore dei figli che si rivolgono alla loro mamma. Siamo davvero bisognosi di tutto e tutto dobbiamo chiedere al Signore, sapendo di avere una avvocata in Cielo. Ricordiamo l’episodio delle Nozze di Cana, il primo miracolo di Gesù. Maria, riferendosi agli sposi, dice al Figlio: “Non hanno vino”. E Gesù le risponde: “Donna, che vuoi da me? Non è ancora giunta la mia ora”. Però poi fa quanto sua Madre gli ha chiesto. Pensiamo allora quanto grande sia Maria, quanto potente sia la sua intercessione. È a lei che dobbiamo chiedere, chiedere, chiedere. E con la Supplica –la preghiera di Pompei – in modo speciale noi facciamo proprio questo, lo facciamo tutti insieme. La Supplica è nata dall’ispirazione del beato Bartolo Longo – era un laico, la scrisse nel 1883 – è una preghiera corale. Come nel “Padre nostro” ci rivolgiamo a Dio non come singoli, ma con gli altri, così facciamo nella Supplica. A un certo punto si dice nella Supplica: “Volgi, o Maria, il tuo sguardo pietoso su di noi”, quindi su noi tutti, non solo su me, su noi stessi. E l’atteggiamento con cui porsi in preghiera è quello di comprendere anche gli altri, tutti i fratelli.

Il Papa non manca mai di esortare alla recita del Rosario, alle devozioni mariane, e continuamente invita a chiedere l’intercessione di Maria. Come leggere questi richiami?

R. - Papa Francesco ha un cuore tutto mariano. È innamorato della Madonna e lo si vede da tanti gesti. Il Santo Padre ci ricorda anche che il Rosario è la preghiera degli umili e dei santi. Col Rosario preghiamo la Madre, ma è una Madre che ci accompagna al Figlio, ci fa scoprire che lui è il nostro Salvatore, il Salvatore che nel Rosario, contempliamo con gli occhi della Madre. È il Rosario, anche la catena dolce che ci rannoda a Dio e ci fa fratelli, come ci ha spiegato Bartolo Longo nella Supplica. Così, insieme, col Rosario, sentiamo la presenza di Dio, qui e ora, in questo momento della storia, momento che sembra sovrastarci e inchiodarci ai nostri limiti. E il Rosario è la preghiera che, più di tante altre, porta impressa la memoria dei tempi difficili della storia, fin dall’inizio. E negli ultimi mesi, sulla pagina Facebook del Santuario, è stata lanciata la proposta della “Staffetta del Rosario”. Un'idea semplice: recitare il Rosario a turno, dalle 7 alle 22. Ognuno poteva, può scegliere l’orario in cui pregare, così da formare una lunga catena di preghiera di ben quindici ore. E noi non riusciamo più a contare le persone che hanno aderito con gioia, molti anche da paesi stranieri. Così, se alla Madonna dobbiamo rivolgerci sempre, dobbiamo farlo ancora di più oggi, in questo tempo così difficile per tutta l’umanità.

La Supplica alla Vergine del Rosario oggi rispecchia proprio la realtà che stiamo vivendo. Nelle parole di Bartolo Longo ci sono in effetti quegli affanni e travagli che ci stanno amareggiando, i pericoli nell’anima e nel corpo cui siamo esposti, le calamità e le afflizioni che temiamo; davvero questa preghiera continua ad essere attuale…

R. - Ricordiamo le parole di Sant’Agostino piene di ispirazione, di verità: “Ci hai fatti per Te e inquieto è il nostro cuore finché non riposa in Te”. L’umanità avrà sempre bisogno di Dio. Questa vita ha i suoi affanni e i suoi travagli. E non c'è, nella storia dell’umanità o anche nelle vicende personali dei singoli, un momento in cui si sia davvero liberi da ogni preoccupazione. Ora, credere, pregare con la Supplica alla Vergine del Rosario di Pompei, avere fede, non sono talismani che ci proteggono da tutto, da un virus o da un evento che sconvolge la nostra esistenza, ma credere in Dio sostiene la nostra vita. E la Supplica è una preghiera intrisa di fede, ne è imbevuta. Non eviteremo le amarezze e le difficoltà, ma non avremo paura quando, nel cuore, abbiamo la certezza che il Dio Padre è con noi, ci cammina accanto. E Maria è presente con Lui. Ricordiamo anche quella bella espressione nel Salmo 22: “Se dovessi camminare in una valle oscura, non temerei alcun male, perché tu sei con me. Il tuo bastone e il tuo vincastro mi danno sicurezza”.

La Chiesa di Pompei come sta affrontando questo particolare momento difficile? Come sta vivendo questa cosiddetta “fase 2”?

R. - La Chiesa di Pompei è una Chiesa che è edificata su due pietre saldissime: la pietra della fede e la pietra della carità. Da un lato, in questi giorni, con i mezzi di comunicazione sociale, abbiamo allargato, potremmo dire, le porte della Basilica perché chiunque, anche da casa propria, potesse partecipare alle celebrazioni e alle preghiere, pur non potendo essere fisicamente presente a Pompei. Dall’altro abbiamo continuato a portare avanti le Opere di carità, ancora di più in questi mesi, quando l’emergenza sanitaria è diventata anche crisi economica. Ora, nella fase due, continueremo con la preghiera continua, in attesa di poter riprendere le celebrazioni. La giornata, in Santuario, ha inizio presto, ha inizio alle 6.30 con il “Buongiorno a Maria”, e i nostri sacerdoti, i sacerdoti del clero di Pompei, si alternano proponendo brevi meditazioni quotidiane sul cammino di perfezione cristiana. Ma il modello, per noi, è sempre lei, Maria, la Madre di Dio e Madre nostra, la prima fra i cristiani. E le preghiere, poi, innanzitutto il Rosario e la Novena d’impetrazione di Bartolo Longo, così come le celebrazioni Eucaristiche sono proposte in streaming sulla pagina Facebook del Santuario e sono anche riprese dai media regionali e nazionali. E poi in città le parrocchie continuano a rimanere vicine alle famiglie proponendo continue iniziative, anche dei gruppi ecclesiali presenti, come anche l’impegno nella formazione catechetica e garantendo, nella misura del possibile, la vicinanza. In ogni caso si prega, si prega tanto.

Lei accennava alle opere di carità del Santuario di Pompei che non si sono fermate, pur se le avete riorganizzate, nel rispetto delle misure restrittive disposte dal governo, per evitare la diffusione del coronavirus. Come le avete adattate?

R. - Ognuna delle 16 opere del Santuario ha pensato, in questo periodo, anche ulteriori modi, oltre a quelli ordinari, per continuare ad essere vicino a chi è nel bisogno. I Centri educativi “Beata Vergine del Rosario” – che è affidato alle Domenicane Figlie del Santo Rosario di Pompei – e “Bartolo Longo” – affidato ai Fratelli delle Scuole Cristiane – continuano ad essere punto di riferimento per i bambini e i ragazzi accolti e per le loro famiglie. Si tratta di persone povere che vengono da situazioni di disagio molto gravi e oggi più che mai in difficoltà, e ciò viene fatto non soltanto con la distribuzione di beni di prima necessità, ma ciò che riempie di gioia è anche il forte legame che i nostri ragazzi hanno con i religiosi, le religiose, gli educatori, che quotidianamente, anche al telefono, si occupano di loro. Non passa giorno in cui non si sentano con telefonate, messaggi, videochiamate. Molti hanno anche inviato lettere, foto, raccontano come stanno affrontando questo tempo di quarantena: sono legami che vanno oltre le distanze, questa lontananza forzate. E noi tutti sentiamo il dovere di essere vicini a questi ragazzi e alle loro famiglie che l’emergenza sta mettendo in seria difficoltà, acuendo le situazioni sociali che per loro sono già estremamente difficili. Al di là del cibo e degli altri beni necessari, non viene trascurato, quindi, il nutrimento affettivo e relazionale di cui tutti abbiamo bisogno. Ma poi la Mensa per i Poveri, che è intitolata a Papa Francesco, che è gestita dall’Ordine di Malta, continua regolarmente ad offrire viveri agli ospiti presso un supermercato convenzionato. Come non si fermano anche le nostre sei case famiglia. La casa Emanuel, all’interno dell’area del Santuario, accoglie mamme in difficoltà e i loro bambini, mentre le cinque case famiglia del Centro per il Bambino e la Famiglia “Giovanni Paolo II” continuano ad operare regolarmente; sono presenti neonati, bambini, disabili, mamme con i loro figli, ragazze, anziani, come anche nella fattoria della “Comunità Incontro”, dedicata al recupero degli ex tossicodipendenti, le attività ordinarie proseguono. Quindi, il Santuario della carità – come il beato Bartolo Longo definiva le Opere sociali di Pompei – continua, in questo tempo difficile, a donare ascolto, amore agli altri, seguendo l’esempio del proprio fondatore e gli insegnamenti del Vangelo.

C’è una storia che l’ha particolarmente colpita, fra quelle emerse in questi giorni nelle opere caritative del Santuario?

R. - È una storia che è anche un po' un segno, ed è la storia di Maria (il nome è di fantasia, ndr), una bimba di pochi giorni che, dopo essere stata abbandonata dalla mamma, è stata affidata alla Casa famiglia “Oasi Vergine del Sorriso”, che è guidata dai due coniugi, Roberta e Alfredo, che hanno già 5 figli loro; loro sono collegati con la Fraternità di Emmaus. L’8 marzo, proprio appena iniziava l’emergenza sanitaria, c’era il lockdown, Maria è giunta nella casa del Santuario di Pompei. È stata la Procura ad affidarla, con un’autorizzazione speciale, in quanto, nella stessa Casa famiglia, era già stato superato il numero di bambini massimo da poter avere in affido. E l’eccezione nasce dal fatto che Maria è la sorellina di un bambino accolto nella stessa casa. Insomma un’emergenza nell’emergenza, che ci ha donato grande speranza, e l’abbiamo visto come una carezza della Madonna.

Tiziana Campisi - Città del Vaticano

© www.vaticannews.va, giovedì 7 maggio 2020

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