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Trivelle, il vescovo di Taranto: «Ecco perché voterò sì»

«Bisogna difendere le nostre terre già ferite da un ulteriore sfruttamento». Monsignor Filippo Santoro, presidente della Commissione della Cei per i problemi sociali e il lavoro, spiega perché dara il suo sostegno al referendum del 17 aprile contro le trivelle. Sulle orme di papa Francesco

Al referendum voterà sì con convinzione. Monsignor Filippo Santoro, arcivescovo di Taranto e presidente della Commissione Cei per i problemi sociali e il lavoro, la giustizia la pace, auspica che «nelle comunità ecclesiali si discuta dell'argomento proprio partendo dalla traccia che papa Francesco ci ha donato con la Laudato si' così come sta accadendo nelle regioni direttamente toccate dalle trivellazioni».

Monsignor Santoro, nella Laudato si’ c’è la bussola per capire il problema?

«Certo. Voglio ricordare in particolare il numero 86 dell’enciclica, il passo dove il papa ci dice: “L'intervento dell'essere umano sulla natura si è sempre verificato, ma per molto tempo ha avuto la caratteristica di accompagnare, di assecondare le possibilità offerte dalle cose stesse. Si trattava di ricevere quello che la realtà naturale da sé permette, come tendendo la mano. Viceversa, ora ciò che interessa è estrarre tutto quanto è possibile dalle cose attraverso l'imposizione della mano umana, che tende ad ignorare o a dimenticare la realtà stessa di ciò che ha dinanzi. Per questo l'essere umano e le cose hanno cessato di darsi amichevolmente la mano, diventando invece dei contendenti”».

Le estrazioni petrolifere non generano però anche ricchezza per le regioni?

«Le piattaforme petrolifere al largo delle coste dell'Adriatico e dello Ionio sono un'ulteriore aggressione a una realtà già fragile e vanno a intaccare la vocazione legata al mare, al turismo, alla pesca, all'agricoltura e all'artigianato di un territorio già ferito. La tecnologia non può non tenere conto delle conseguenze di un suo abuso che non contempli le possibili ripercussioni. Sono il vescovo di una terra, quella di Taranto, che è simbolo dello sviluppo a cui è stato sacrificato il benessere del creato, una terra che è monito per chiunque voglia perseguire una strada che ha dato frutti avvelenati».

Non è solo un problema del mare, dunque?

«Gli equilibri dell'ecosistema dei mari, Ionio e Adriatico, sono estremamente fragili, e sono prospicienti territori che con fatica tentano di porre riparo ai danni che sono derivati da una discutibile e unilaterale gestione delle risorse».   Cosa occorre fare? «Rifiutare le scelte facili anche in questo campo costituisce una risposta forte alle esigenze di una "ecologia integrale" indispensabile per il nostro territorio e la nostra società. Tutto questo mi offre ragionevole fondamento al Sì al referendum del 17 Aprile. Le ferite della nostra terra sono già molte e non devono aumentare».

Annachiara Valle

© Famiglia Cristiana, 3 aprile 2016

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