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Un anno di guerra in Ucraina. Il dolore di Francesco, gli appelli, le preghiere

Ripercorriamo i dodici mesi dall’invasione del Paese est europeo attraverso le parole del Papa, che ha sempre chiesto di non dimenticare il popolo ucraino, martoriato a causa di un conflitto “assurdo e crudele”, e di non abituarsi alla barbarie delle armi

È il 24 febbraio del 2022: mentre il mondo comincia ad uscire dalla tempesta della pandemia, in Ucraina scatta l'offensiva militare delle Forze armate della Federazione Russa. Il giorno precedente, all’udienza generale, Papa Francesco lancia un appello con “un grande dolore nel cuore per il peggioramento della situazione”: “Vorrei appellarmi a quanti hanno responsabilità politiche, perché facciano un serio esame di coscienza davanti a Dio, che è Dio della pace e non della guerra”. Ma prevale la logica contraria, quella delle armi. All’alba del 24 febbraio viene dato alle truppe russe l’ordine di invadere l’Ucraina. La decisione arriva poco dopo il riconoscimento delle repubbliche separatiste del Donbass situate in territorio ucraino, Donetsk e Lugansk. In questi dodici mesi scossi dalla guerra, il cardinale segretario di Stato Pietro Parolin più volte ribadisce la disponibilità, da parte della Santa Sede, a mediare e di fare tutto il possibile per favorire un percorso di dialogo e cooperazione.

Aprire confini, cuori e porte agli ucraini in fuga

Dopo lo scoppio del conflitto, gli appelli del Papa diventano suppliche incessanti: “Più volte abbiamo pregato - afferma Francesco all’Angelus del 27 febbraio - perché non venisse imboccata questa strada. E non smettiamo di pregare, anzi, supplichiamo Dio più intensamente”. Il 2 marzo è la giornata di preghiera e digiuno, promossa da Francesco, per la pace in Ucraina. Alla forza della preghiera si aggiunge fin dai primi giorni del conflitto un altro volto rincuorante: quello della solidarietà. All’udienza generale, il 2 marzo, il Pontefice salutando i polacchi, ricorda che per primi i cittadini della Polonia hanno sostenuto l’Ucraina aprendo confini, cuori e porte delle case “agli ucraini che scappano dalla guerra”.

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Fiumi di sangue e lacrime

Il Papa chiede che si aprano i corridoi umanitari, che sia “garantito e facilitato l’accesso degli aiuti alle zone assediate”. Il 6 marzo all’Angelus Francesco fotografa il conflitto, nella sua cruda realtà, con queste parole: “In Ucraina scorrono fiumi di sangue e di lacrime. Non si tratta solo di un’operazione militare, ma di guerra, che semina morte, distruzione e miseria.  Le vittime sono sempre più numerose, così come le persone in fuga, specialmente mamme e bambini”. Sempre all’Angelus del 6 marzo il Pontefice ricorda anche che nel Paese martoriato dalla guerra si sono recati due porporati “per servire il popolo, per aiutare”. Sono i cardinali Konrad Krajewski e Michael Czerny.  

In missione a nome del Papa

I due porporati vengono inviati direttamente dal Papa come suoi rappresentanti per portare solidarietà e vicinanza ai profughi e alle vittime della guerra. La loro presenza, afferma il Pontefice all’Angelus del 6 marzo, è quella “non solo del Papa, ma di tutto il popolo cristiano che vuole avvicinarsi e dire: La guerra è una pazzia! Fermatevi, per favore! Guardate questa crudeltà". Il cardinale Czerny incontra, in centri di accoglienza in Ungheria, i profughi in fuga e varca il confine recandosi nel villaggio ucraino di Beregove.

Durante questo anno di guerra sono diverse, in particolare, le missioni del cardinale Krajewski. In una di queste, nel mese di settembre, l’elemosiniere pontificio è coinvolto in una sparatoria. Ma la missione non si ferma e il porporato continua a portare aiuti, viveri, rosari e la benedizione di Francesco perché nessuno si senta solo. Prega davanti ai tanti corpi sepolti nelle fosse comuni a Izyum. In Ucraina, Krajewski porta generatori e magliette termiche e consegna due ambulanze donate dal Papa. Nel mese di maggio si reca in Ucraina anche il segretario per i Rapporti con gli Stati e le Organizzazioni Internazionali, monsignor Paul Richard Gallagher, che visita le città martiri di Vorzel, Irpin e Bucha, dove prega davanti la alla fossa comune nei pressi della chiesa ortodossa di Sant'Andrea.

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In nome di Dio, si fermi il massacro

Porre fine alla guerra. È questa l’incessante richiesta che accompagna le parole del Papa dall’inizio del conflitto. All’Angelus del 13 marzo Papa Francesco chiede di fermare, in nome di Dio, il massacro in questo martoriato Paese. E ricorda che la città di “Mariupol è diventata una città martire della guerra straziante”. Il 14 marzo Francesco rivolgendosi ad una Associazione con una finalità di promozione etica e sociale invita a riflettere su come l’uomo possa ignorare gli insegnamenti della storia: “diverse guerre regionali e specialmente la guerra in corso in Ucraina dimostrano che chi governa le sorti dei popoli non ha ancora recepito la lezione delle tragedie del XX secolo”.

Videochiamata con Kirill

Il 16 marzo è il giorno della videochiamata tra il Papa e il patriarca di Mosca Kirill. Il direttore della Sala Stampa vaticana, Matteo Bruni, riferisce che il colloquio ha avuto come “centro la guerra in Ucraina e il ruolo dei cristiani e dei loro pastori nel fare di tutto perché prevalga la pace”. Francesco ha convenuto con il Patriarca che “la Chiesa non deve usare la lingua della politica, ma il linguaggio di Gesù". "Chi paga il conto della guerra - ha aggiunto il Papa - è la gente, sono i soldati russi ed è la gente che viene bombardata e muore”. "Le guerre - ha concluso - sono sempre ingiuste. Perché chi paga è il popolo di Dio”.

La guerra è disumana e sacrilega

I giorni passano e “non si arresta, purtroppo, la violenta aggressione contro l’Ucraina”. “Un massacro insensato dove ogni giorno si ripetono scempi e atrocità”, ricorda ancora il Papa all’Angelus del 20 marzo. “Tanti nonni, ammalati e poveri, separati dai propri familiari, tanti bambini e persone fragili restano a morire sotto le bombe, senza poter ricevere aiuto”. “Tutto questo è disumano! Anzi, è anche sacrilego, perché va contro la sacralità della vita umana, soprattutto contro la vita umana indifesa, che va rispettata e protetta, non eliminata, e che viene prima di qualsiasi strategia! Non dimentichiamo: è una crudeltà, disumana e sacrilega!”.

Il conflitto minaccia il mondo intero

È insopportabile “vedere quello che è successo e sta succedendo in Ucraina”. Rivolgendosi il 24 marzo ai partecipanti all’incontro promosso dal Centro femminile italiano il Pontefice spiega che la tragedia nel Paese dell’Europa dell’Est è “il frutto della vecchia logica di potere che ancora domina la cosiddetta geopolitica”. “La storia degli ultimi settant’anni lo dimostra: guerre regionali non sono mai mancate; per questo io ho detto che eravamo nella terza guerra mondiale a pezzetti, un po’ dappertutto; fino ad arrivare a questa, che ha una dimensione maggiore e minaccia il mondo intero”.

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Atto di Consacrazione al cuore Immacolato di Maria

Il 25 marzo del Francesco presiede la celebrazione penitenziale nella Basilica di San Pietro e al termine recita la preghiera di Consacrazione al Cuore Immacolato di Maria dell'umanità e in particolare dei popoli di Russia e Ucraina. "Liberaci dalla guerra, preserva il mondo dalla minaccia nucleare... Fa’ che cessi la guerra, provvedi al mondo la pace”. In unione con i vescovi e i fedeli del mondo, il Papa porta al Cuore immacolato di Maria tutto ciò che l’umanità sta vivendo: “Non si tratta di una formula magica, no, non è questo; ma si tratta di un atto spirituale. È il gesto - spiega il Papa nell’omelia durante la celebrazione della Penitenza - del pieno affidamento dei figli che, nella tribolazione di questa guerra crudele e questa guerra insensata che minaccia il mondo, ricorrono alla Madre”.

Si distrugge il futuro

Dopo poco più di un mese dall’inizio della guerra, che il Papa definisce “crudele e insensata”, un bambino su due è stato sfollato dall’Ucraina.  “Questo vuol dire distruggere il futuro”, sottolinea Francesco all’Angelus del 27 marzo. Nell’udienza generale del 6 aprile, ripercorrendo il viaggio apostolico a Malta, il Papa sottolinea invece che “dopo la Seconda Guerra mondiale si è tentato di porre le basi di una nuova storia di pace, ma purtroppo - non impariamo - è andata avanti la vecchia storia di grandi potenze concorrenti”. E nell’attuale scenario in Ucraina si assiste “all’impotenza della Organizzazione delle Nazioni Unite”. Le notizie sulla guerra, “anziché portare sollievo e speranza, attestano invece nuove atrocità, come il massacro di Bucha, ricorda il Pontefice riferendosi a “crudeltà sempre più orrende” compiute anche contro “civili, donne e bambini inermi”.

Una bandiera che viene dalla guerra

Il Papa al termine dell'udienza generale del 6 aprile mostra una bandiera arrivata proprio dalla città martire di Bucha e accoglie sul palco dell'Aula Paolo VI un gruppo di bambini giunti dall'Ucraina. I colori blu e giallo sono così sbiaditi da sembrare verdi. Sopra è disegnata una croce e intorno delle scritte in ucraino che ricordano la resistenza durante la rivoluzione di Maidan nel 2014: “Proprio da Bucha - afferma il Papa - mi hanno portato questa bandiera. Questa bandiera viene dalla guerra”. "Questi bambini - aggiunge - sono dovuti fuggire e arrivare a una terra straniera: questo è uno dei frutti della guerra".

Pace per la martoriata Ucraina

Nel Messaggio Urbi et Orbi per la Pasqua dello scorso anno Francesco esorta a lasciare “entrare la pace di Cristo nelle nostre vite, nelle nostre case, nei nostri Paesi”. “Sia pace per la martoriata Ucraina, così duramente provata dalla violenza e dalla distruzione della guerra”. Il Pontefice chiede di impegnarsi a chiedere a gran voce la pace: “Per favore, per favore: non abituiamoci alla guerra”. E ricorda le terribili sofferenze che subisce il popolo ucraino: “Porto nel cuore tutte le numerose vittime, i milioni di rifugiati e di sfollati interni, le famiglie divise, gli anziani rimasti soli, le vite spezzate e le città rase al suolo”.

A Maria le lacrime del popolo ucraino

L’8 maggio tanti fedeli si stringono intorno alla venerata Immagine di Maria nel Santuario di Pompei, per rivolgerle la Supplica. “Spiritualmente inginocchiato davanti alla Vergine - afferma il Papa, dopo il Regina Caeli - Le affido l’ardente desiderio di pace di tante popolazioni che in varie parti del mondo soffrono l’insensata sciagura della guerra. Alla Vergine Santa presento in particolare le sofferenze e le lacrime del popolo ucraino”. Francesco esorta poi, nuovamente, ad affidarsi alla preghiera: “Di fronte alla pazzia della guerra, continuiamo, per favore, a pregare ogni giorno il Rosario per la pace”. Il 13 maggio, incontrando i dirigenti e il personale dell’ente nazionale per l’aviazione civile, Francesco esprime una speranza: “Che i cieli siano sempre e soltanto cieli di pace, che si possa volare in pace per stringere e consolidare rapporti di amicizia e di pace”.

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Non si usi il grano come un’arma

Nel mese di giugno del 2022 la prima udienza generale è scandita da un appello: “Desta grande preoccupazione il blocco dell’esportazione del grano dall’Ucraina, da cui dipende la vita di milioni di persone, specialmente nei Paesi più poveri. Rivolgo un accorato appello affinché si faccia ogni sforzo per risolvere tale questione e per garantire il diritto umano universale a nutrirsi. Per favore, non si usi il grano, alimento di base, come arma di guerra”.

Il desiderio di andare in Ucraina

Papa Francesco, durante questi 12 mesi dilaniati dal conflitto, più volte esprime il desiderio di recarsi in Ucraina. Il 4 giugno incontra i partecipanti al “Treno dei bambini” del Cortile dei Gentili. Ad uno di loro, un bambino ucraino, rivolge queste parole: "Io avrei voglia di andare in Ucraina; soltanto, devo aspettare il momento per farlo, sai? Perché non è facile prendere una decisione che può fare più del male a tutto il mondo che del bene. Devo cercare il momento giusto per farlo". Il 5 giugno, solennità di Pentecoste e “a cento giorni dall’inizio dell’aggressione armata all’Ucraina”, il Papa al Regina Caeli sottolinea che la guerra “è la negazione del sogno di Dio: popoli che si scontrano, popoli che si uccidono, gente che, anziché avvicinarsi, viene allontanata dalle proprie case”. E rinnova l’appello ai responsabili delle Nazioni per non portare “l’umanità alla rovina”.

Si soffoca la voce dell’umanità che invoca la pace

Una settimana dopo, il 12 giugno, il pensiero di Francesco, ancora all’Angelus, è rivolto “alla popolazione ucraina, afflitta dalla guerra”. “Il tempo che passa non raffreddi il nostro dolore e la nostra preoccupazione per quella gente martoriata. Per favore, non abituiamoci a questa tragica realtà! Abbiamola sempre nel cuore. Preghiamo e lottiamo per la pace”. Nel messaggio per la VI Giornata mondiale dei poveri , che riporta la data del 13 giugno, il Pontefice sottolinea che “la guerra in Ucraina è venuta ad aggiungersi alle guerre regionali che in questi anni stanno mietendo morte e distruzione. Ma qui il quadro si presenta più complesso per il diretto intervento di una ‘superpotenza’, che intende imporre la sua volontà contro il principio dell’autodeterminazione dei popoli. Si ripetono scene di tragica memoria e ancora una volta i ricatti reciproci di alcuni potenti coprono la voce dell’umanità che invoca la pace”.

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Cosa faccio per il popolo ucraino?

Jorge Mario Bergoglio pone anche delle domande alle quali ciascuno può rispondere nel proprio cuore. All’Angelus del 19 giugno chiede in particolare di porsi questi interrogativi: “Cosa faccio io oggi per il popolo ucraino? Prego? Mi do da fare? Cerco di capire?”. Il 23 giugno incontrando i partecipanti all’Assemblea plenaria della Riunione delle Opere per l’aiuto alle Chiese Orientali (ROACO), il Pontefice sottolinea che in Ucraina “si è tornati al dramma di Caino e Abele”; è stata scatenata “una violenza che distrugge la vita, una violenza luciferina, diabolica, alla quale noi credenti siamo chiamati a reagire con la forza della preghiera, con l’aiuto concreto della carità, con ogni mezzo cristiano perché le armi lascino il posto ai negoziati”.

Segni di speranza

All’Angelus del 3 luglio Francesco sottolinea ancora una volta che il mondo ha bisogno di pace: “Non una pace basata sull’equilibrio degli armamenti, sulla paura reciproca. No, questo non va. Questo vuol dire far tornare indietro la storia di settant’anni. La crisi ucraina avrebbe dovuto essere, ma – se lo si vuole – può ancora diventare, una sfida per statisti saggi, capaci di costruire nel dialogo un mondo migliore per le nuove generazioni”. Poco più di un mese dopo, all’Angelus del 7 agosto, Papa Francesco saluta con soddisfazione la partenza dai porti dell’Ucraina delle prime navi cariche di cereali: “questo passo dimostra che è possibile dialogare e raggiungere risultati concreti, che giovano a tutti. Pertanto, tale avvenimento si presenta anche come un segno di speranza”.

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Colloqui telefonici con il presidente Zelensky

Il 12 agosto è il giorno di una nuova conversazione telefonica tra il Papa e il presidente Volodymyr Zelensky. A darne notizia è lo stesso capo di Stato ucraino, che in un tweet parla degli orrori nel suo Paese ed esprime gratitudine al Pontefice per le sue preghiere. Lo stesso Zelensky, intervenuto il 22 marzo in hang-out con il Parlamento italiano, aveva aperto il videocollegamento dicendo di aver parlato con il Papa: "Lui ha pronunciato parole molto importanti”. Un'altra conversazione telefonica tra Francesco e Zelensky risale al 26 febbraio, due giorni dopo l'attacco russo. In quell'occasione il Pontefice ha espresso al presidente ucraino “il suo più profondo dolore per i tragici eventi" in Ucraina.

La guerra è una pazzia

Sei mesi dopo l’inizio del conflitto, all’udienza generale del 24 agosto, il Papa ribadisce che la guerra è una pazzia: “Penso a tanta crudeltà, a tanti innocenti che stanno pagando la pazzia, la pazzia di tutte le parti, perché la guerra è una pazzia”. “E coloro che guadagnano con la guerra e con il commercio delle armi sono dei delinquenti che ammazzano l’umanità”. Durante il viaggio apostolico in Kazakhstan , dal 13 al 15 settembre, risuona in particolare una domanda: “Che cosa deve accadere ancora, quanti morti bisognerà attendere prima che le contrapposizioni cedano il passo al dialogo per il bene della gente, dei popoli e dell’umanità?”. Un interrogativo al quale deve seguire un solo orizzonte: “L’unica via di uscita è la pace e la sola strada per arrivarci è il dialogo”. 

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L’eredità di un mondo in rovina

La speranza del Papa è riposta in particolare nei giovani. Il 24 settembre, durante la visita ad Assisi in occasione dell’evento ‘Economy of Francesco’, il Pontefice pronuncia queste parole: “State vivendo la vostra giovinezza in un’epoca non facile: la crisi ambientale, poi la pandemia e ora la guerra in Ucraina e le altre guerre che continuano da anni in diversi Paesi, stanno segnando la nostra vita. La nostra generazione vi ha lasciato in eredità molte ricchezze, ma non abbiamo saputo custodire il pianeta e non stiamo custodendo la pace”. “Voi siete chiamati a diventare artigiani e costruttori della casa comune, una casa comune che sta andando in rovina”. 

L’appello ai presidenti di Russia e Ucraina

Il 2 ottobre il Papa all’Angelus non pronuncia la sua catechesi ma legge un lungo appello in cui afferma che “l’andamento della guerra in Ucraina è diventato talmente grave, devastante e minaccioso, da suscitare grande preoccupazione”. “Mi affliggono i fiumi di sangue e di lacrime versati in questi mesi”. Ed è angosciante, aggiunge, che “il mondo stia imparando la geografia dell’Ucraina attraverso nomi come Bucha, Irpin, Mariupol, Izium, Zaporizhzhia e altre località, che sono diventate luoghi di sofferenze e paure indescrivibili”. “E che dire del fatto che l’umanità si trova nuovamente davanti alla minaccia atomica?”. Poi il Papa si rivolge innanzitutto al “presidente della Federazione Russa, supplicandolo di fermare, anche per amore del suo popolo, questa spirale di violenza e di morte”. Francesco rivolge un altrettanto fiducioso appello al presidente dell’Ucraina affinché sia “aperto a serie proposte di pace”.

La Chiesa soffre davanti alle guerre

Il 24 ottobre il Papa incontra seminaristi e sacerdoti che studiano a Roma. Un prete ucraino rivolge questa domanda al Pontefice: "Qual è il ruolo che deve svolgere la Chiesa cattolica nei confronti dei territori colpiti dalle guerre?". “La Chiesa cattolica – risponde Francesco – è madre, madre di tutti i popoli. E una madre, quando i figli sono in litigio, soffre. La Chiesa deve soffrire davanti alle guerre, perché le guerre sono la distruzione dei figli. Come una mamma soffre quando i figli non vanno d’accordo o litigano e non si parlano – le piccole guerre domestiche – la Chiesa, la madre Chiesa davanti a una guerra come questa nel tuo Paese, deve soffrire. Deve soffrire, piangere, pregare”.

Sui bambini il peso del conflitto

Il 2 novembre nel giorno della commemorazione di tutti i fedeli defunti, nella Messa, Papa Francesco ripercorre alcuni passaggi di un testo giunto dall’Ucraina: “Questa mattina ho ricevuto una lettera da un cappellano di una casa di bambini, un cappellano protestante, luterano, in una casa di bambini. Bambini orfani di guerra, bambini soli, abbandonati. E lui diceva: ‘Questo è il mio servizio: accompagnare questi scartati, perché hanno perso i genitori, la guerra crudele li ha fatti rimanere soli’. Quest’uomo fa quello che Gesù gli chiede: curare i più piccoli della tragedia. E quando ho letto quella lettera, scritta con tanto dolore, mi sono commosso, perché ho detto: Signore, si vede che tu continui a ispirare i veri valori del Regno”.

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Il grande affetto per il popolo russo e per quello ucraino

Durante la conferenza stampa in aereo al termine del viaggio apostolico in Bahrein, il 6 novembre, il Papa sottolinea che “la crudeltà non è del popolo russo, perché il popolo russo è un popolo grande, ma è dei mercenari, dei soldati che vanno a fare la guerra come fare un’avventura: i mercenari”. “Preferisco pensarla così, perché ho un’alta stima del popolo russo, dell’umanesimo russo. Basta pensare a Dostoevskij che ancora oggi ci ispira, ispira i cristiani a pensare il cristianesimo. Ho un grande affetto per il popolo russo. E ho un grande affetto anche per il popolo ucraino. Quando avevo undici anni, c’era vicino un prete ucraino che celebrava e non aveva chierichetto, e ha insegnato a me a servire la Messa in ucraino”. “Tutti questi canti ucraini – aggiunge il Papa - io li so nella lingua loro, perché li ho imparati da bambino, per cui ho un affetto molto grande per la liturgia ucraina. Sono in mezzo a due popoli a cui voglio bene”.

Una sconfitta per l’umanità

Il 22 novembre Papa Francesco incontra i rappresentanti del World Jewish Congress: “in tante regioni del mondo, la pace è minacciata”. “Riconosciamo insieme - afferma il Pontefice - che la guerra, ogni guerra, è sempre, comunque e dovunque una sconfitta per tutta l’umanità! Penso a quella in Ucraina, una guerra grande e sacrilega che minaccia ebrei e cristiani allo stesso modo, privandoli dei loro affetti, delle loro case, dei loro beni, della loro stessa vita! Solo nella volontà seria di avvicinarsi gli uni agli altri e nel dialogo fraterno è possibile preparare il terreno della pace. Come ebrei e cristiani, cerchiamo di fare tutto ciò che è umanamente possibile per arrestare la guerra e aprire vie di pace”.

La sofferenza di un popolo, il dolore del Papa

Nove mesi dopo lo scoppio della guerra in Ucraina, Francesco in una lettera, datata 24 novembre e rivolta al popolo ucraino, esprime il proprio dolore per “l’assurda follia della guerra”: “Il vostro dolore è il mio dolore. Nella croce di Gesù oggi vedo voi, voi che soffrite il terrore scatenato da questa aggressione”. Nella mia mente ritornano molte storie tragiche di cui vengo a conoscenza. Anzitutto quelle dei piccoli: quanti bambini uccisi, feriti o rimasti orfani, strappati alle loro madri! Piango con voi per ogni piccolo che, a causa di questa guerra, ha perso la vita, come Kira a Odessa, come Lisa a Vinnytsia, e come centinaia di altri bimbi: in ciascuno di loro è sconfitta l’umanità intera. Ora essi sono nel grembo di Dio, vedono i vostri affanni e pregano perché abbiano fine”.

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Le ripercussioni della guerra

Nel messaggio del primo dicembre ai partecipanti della VIII Conferenza Rome MED Dialogues il Papa ricorda altri drammatici effetti del “drammatico conflitto bellico in corso all’interno dell’Europa”: “Oltre ai danni incalcolabili di ogni guerra in termini di vittime, civili e militari, conseguono la crisi energetica, la crisi finanziaria, la crisi umanitaria per tanta gente innocente costretta a lasciare la propria casa e a perdere i beni più cari e, la crisi alimentare, che colpisce un numero crescente di persone in tutto il mondo, soprattutto nei Paesi più poveri. Il conflitto ucraino sta infatti producendo enormi ripercussioni nei Paesi nordafricani, che dipendono per l’80% dal grano proveniente dall’Ucraina o dalla Russia”.

Intrappolati nel conflitto

Nel messaggio del 3 dicembre in occasione della Giornata internazionale delle persone disabili, Francesco “ricorda poi la sofferenza di tutte le donne e di tutti gli uomini con disabilità che vivono in situazione di guerra, o di coloro che si trovano a portare una disabilità a causa dei combattimenti. Quante persone - in Ucraina e negli altri teatri di guerra - rimangono imprigionate nei luoghi dove si combatte e non hanno nemmeno la possibilità di fuggire? È necessario prestare loro speciale attenzione e facilitare in ogni modo il loro accesso agli aiuti umanitari”.

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Il pianto del Papa per l’Ucraina

L’8 dicembre, solennità dell’Immacolata Concezione della Beata Vergine, è il giorno della preghiera del Papa a Maria Immacolata. Il Pontefice, commosso fino alle lacrime durante il tradizionale omaggio e preghiera al monumento alla Vergine in piazza di Spagna, pronuncia queste parole: “Vergine Immacolata, avrei voluto oggi portarti il ringraziamento del popolo ucraino, per la pace che da tempo chiediamo al Signore. Invece devo ancora presentarti la supplica dei bambini, degli anziani, dei padri e delle madri, dei giovani
di quella terra martoriata, che soffre tanto”.

Un Natale con gli ucraini nel cuore

Pochi giorni prima del Natale Francesco all’udienza generale del 14 dicembre invita tutti a vivere questo tempo non dimenticando chi soffre a causa della guerra: “Facciamo un Natale più umile, con regali più umili. Inviamo quello che risparmiamo al popolo ucraino, che ha bisogno, soffre tanto; fanno la fame, sentono il freddo e tanti muoiono perché non ci sono medici, infermieri a portata di mano. Non dimentichiamo: un Natale, sì; in pace con il Signore, sì, ma con gli ucraini nel cuore”. “Il nostro sguardo – afferma poi Francesco il 25 dicembre nel messaggio Urbi et Orbi - si riempia dei volti dei fratelli e delle sorelle ucraini, che vivono questo Natale al buio, al freddo o lontano dalle proprie case, a causa della distruzione causata da dieci mesi di guerra”. 

Non perdere la speranza

Il 2023 si apre con le stesse, drammatiche ferite. Nel primo giorno del nuovo anno, che San Paolo VI ha voluto dedicare alla preghiera e alla riflessione per la pace nel mondo, si sente “ancora più forte, intollerabile il contrasto della guerra, che in Ucraina e in altre regioni semina morte e distruzione”. “Tuttavia - afferma all’Angelus - non perdiamo la speranza, perché abbiamo fede in Dio, che in Gesù Cristo ci ha aperto la via della pace”.

Madri che hanno perso i figli

L’8 gennaio, festa del Battesimo del Signore, il pensiero all’Angelus è rivolto in particolare alle mamme: “Oggi, vedendo la Madonna che porta il bambino nel Presepio, che lo allatta, penso alle mamme delle vittima della guerra, dei soldati che sono caduti in questa guerra in Ucraina. Le mamme ucraine e le mamme russe, le une e le altre hanno perso i figli. Questo è il prezzo della guerra. Preghiamo per le mamme che hanno perso i figli soldati, siano ucraine siano russe”.

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L’Ucraina è una mamma ammalata

Il 25 gennaio di quest’anno Francesco incontra il Consiglio Panucraino delle Chiese e delle organizzazioni religiose. Non c’è “l’Ucraina ebrea, l’Ucraina cristiana, l’Ucraina ortodossa, l’Ucraina cattolica, l’Ucraina islamica”. C’è un’unica Ucraina, “mamma” che soffre, afferma il Pontefice, nel vedere le brutalità inflitte ai suoi figli:  “Quando la mamma è ammalata sono tutti insieme”.

Un triste anniversario

Il 22 febbraio, a quasi un anno dall’invasione dell’Ucraina e “dall’inizio di questa guerra assurda e crudele” il Papa all’udienza generale si sofferma su questo “triste anniversario”: “Il bilancio di morti, feriti, profughi e sfollati, distruzioni, danni economici e sociali parla da sé. Potrà il Signore perdonare tanti crimini e tanta violenza? Egli è il Dio della pace. Restiamo vicini al martoriato popolo ucraino, che continua a soffrire. E chiediamoci: è stato fatto tutto il possibile per fermare la guerra? Faccio appello a quanti hanno autorità sulle nazioni, perché si impegnino concretamente per la fine del conflitto, per raggiungere il cessate-il-fuoco e avviare negoziati di pace. Quella costruita sulle macerie non sarà mai una vera vittoria!”.

Non rassegnarsi alla guerra

In questi dodici mesi di guerra Papa Francesco ha sempre chiesto di non dimenticare il martoriato popolo ucraino, di trovare vie di dialogo e di pace. Gesti, lacrime, parole, appelli, domande. Per non rassegnarsi alla guerra. Per non rimanere indifferenti.

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Amedeo Lomonaco – Città del Vaticano

© www.vaticannews.va, venerdì 24 febbraio 2023

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