Un popolo profetico – la prima Assemblea sinodale delle Chiese che sono in Italia
Esattamente sette giorni fa siamo partiti alla volta di Roma per partecipare, come delegati per la nostra Arcidiocesi, alla prima delle due Assemblee del Cammino Sinodale delle Chiese che sono in Italia. Si tratta di una tappa importante in questo cammino che da ben tre anni ci vede impegnati come Comunità Cristiana e che vedrà nel prossimo anno giubilare il suo compimento. Non è semplice narrare quanto abbiamo vissuto e la responsabilità di rappresentare, in cinque solamente, la complessità e la bellezza della nostra Chiesa locale.
La sfida di queste giornate e di tutta questa fase del Cammino Sinodale, definita profetica, è stata quella di non tradire l’ascolto vissuto capillarmente nella fase narrativa, di saper fare sintesi di quanto emerso al termine della fase sapienziale, per riuscire a distillare delle scelte concrete. Questo proposito può essere perseguito solo non rimanendo sul piano dell’idea ma scrutando, nel dipanarsi degli scenari odierni, dei sentieri percorribili insieme, senza annullare le specificità che ci caratterizzano.
Con il gravoso compito di corrispondere a queste attese, più di mille delegati delle realtà ecclesiali del nostro Paese si sono dati appuntamento a Roma, nella basilica di San Paolo fuori le Mura, dal 15 al 17 novembre. Di sicuro il colpo d’occhio è stato più che impressionante, con la basilica riempita per metà dai cento e più tavoli per i lavori e per la restante metà dalle sedie predisposte per la preghiera. Dialogo e preghiera. Sono stati questi, infatti, i momenti che hanno scandito le giornate romane che, seppur stancanti, ci hanno restituito negli occhi, nelle orecchie, e nel cuore l’immagine di una Chiesa che avverte la necessità di mettersi in discussione nel profondo. Il card. Matteo Maria Zuppi, presidente della CEI nel rivolgerci il saluto iniziale ha sottolineato come “in un mondo fatto da una somma di io siamo chiamati a lasciare posto ad un mondo centrato sul noi e, come Chiesa, non possiamo escludere nessuno. Quando abbiamo paura di riconoscere l’altro forse è perché abbiamo timore di perdere la nostra identità. La nostra aspettativa per questo Cammino Sinodale è quella di assistere alla nascita di un nuovo volto di Chiesa, a immagine del Concilio Vaticano II”.
Questa conversione può iniziare a patto di mantenere dei punti fermi, che ci hanno accompagnato nelle giornate assembleari. Prima di tutto la Parola, lasciandoci interpellare dal racconto della Pentecoste narrata negli Atti (At 1,8.12-14; 2.1-13) nei quali si narra come la forza ricevuta dallo Spirito e la preghiera unanime siano capaci di accendere la missione. In secondo luogo, chiarendo l’orizzonte missionario che abbraccia la nostra storia di Chiesa precedendoci e indirizzando il nostro cammino. Per una felice coincidenza, infatti, ci siamo incontrati nella basilica da dove sessantacinque anni fa papa Giovanni XXIII ha annunciato ha annunciato il suo progetto di riunire la Chiesa universale in Concilio.
L’orizzonte missionario nello stile della prossimità, delineato dal Concilio, è anche l’oggetto della prima parte dei lineamenti per la prima Assemblea sinodale. Mons. Erio Castellucci, arcivescovo di Modena-Nonantola, vescovo di Carpi e presidente del Cammino Sinodale, nella sua relazione introduttiva, ha sottolineato come dall’ascolto delle diocesi si sia delineata l’immagine di una Chiesa che “non sorvola la storia come su di una mongolfiera, ma la attraversa a piedi” condividendo con le donne e gli uomini del nostro tempo “le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce” (GS 1). La conversione che ci viene chiesta è su tre livelli: una conversione comunitaria, una conversione personale e, infine una conversione strutturale. Nei lineamenti troviamo queste istanze esplicitati, nella prospettiva della missione, come: “il rinnovamento missionario della mentalità ecclesiale e delle prassi pastorali”, “la formazione missionaria dei battezzati alla fede e alla vita”, “la corresponsabilità nella missione e nella guida della comunità”.
Questi tre temi sono stati al centro dei lavori della seconda e della terza giornata, nelle quali siamo stati chiamati a lavorare per tavoli su delle schede tematiche che verranno ora consegnate a tutte le diocesi affinché possano contribuire alla stesura dello strumento di lavoro che istruirà i lavori della seconda Assemblea Sinodale di marzo 2025. Ogni organismo di partecipazione, a qualunque livello, è chiamato ad offrire il proprio contributo nell’ottica di superare la logica della delega, a favore della corresponsabilità.
Come partecipanti, di certo l’esperienza più preziosa è stata quella del lavoro per tavoli, secondo lo stile della conversazione nello spirito, ormai familiare a quanti abbiano partecipato alle consultazioni e ai tavoli sinodali. Piccoli gruppi formati da adulti e giovani, vescovi, presbiteri, diaconi, religiose , religiosi e fedeli laici che insieme e alla pari hanno offerto il proprio pensiero a partire dal vissuto personale è stata l’immagine più bella di queste giornate. Il metodo sinodale è già uno dei primi frutti del cammino percorso che può davvero rappresentare l’eredità che la Chiesa oggi consegna al mondo come stile per coltivare le relazioni, allenare l’ascolto, esercitare la leadership, scegliere di agire. Amando la gente, i poveri soprattutto, “pensandoci assieme, come chi ama” ricordava il card. Zuppi celebrando l’Eucarestia a conclusione dell’assemblea, nella Giornata mondiale del Povero.
Condividendo la responsabilità e la gratitudine per aver partecipato a questa esperienza di Chiesa, possiamo testimoniare come per noi la basilica di San Paolo fuori le Mura abbia rappresentato l’atanor, il forno alchemico utilizzato nel mito per creare la pietra filosofale. Non un prodigio abbiamo visto tuttavia, ma l’immagine viva e bella della comunità dei credenti che hanno nella fede in Cristo la speranza certa della vita eterna, la sapienza del cuore e la possibilità di vedere la propria pochezza trasformata in oro prezioso.
Vito Panniello