Arcivescovo

S.E. Giuseppe

Satriano

IN AGENDA

«Uscite e andate». Il mandato ai missionari della misericordia

Il cardinale Bagnasco a 500 partecipanti al Congresso eucaristico di Genova

«Uscite e andate». È con queste parole che questa mattina il cardinale arcivescovo di Genova, Angelo Bagnasco, ha inviato quasi cinquecento «messaggeri della misericordia», come lui stesso li ha definiti, in quarantasei luoghi della città della Lanterna in cui si vivono esperienze di sofferenza e accoglienza, povertà e prossimità, malattia e abbraccio, disagio e fraternità. Un gesto che ha aperto la seconda giornata del Congresso eucaristico nazionale in corso nel capoluogo ligure.

Il cardinale ha affidato ai rappresentanti di ogni delegazione una targa con il logo del grande evento ecclesiale e il sottotitolo dell’appuntamento: “Nella tua misericordia a tutti sei venuto incontro”. «Donatela a chi incontrerete», ha detto il porporato agli “apostoli” del Vangelo della carità a cui ha chiesto anche di far «risuonare nelle vostre parole la voce di Cristo» e di «essere luce per i fratelli». Poi una sorta di incarico: «Portate il saluto affettuoso dei vescovi italiani. E portate la parola, la vicinanza e la benedizione del Santo Padre che qui ho l’onore di rappresentare».

Si è conclusa così la Messa in Cattedrale, primo momento della giornata tutta nel segno della misericordia. A presiederla l’emerito di Tortona, Martino Canessa. Al suo fianco – oltre a Bagnasco – sette vescovi fra cui il segretario generale della Cei, Nunzio Galantino. La misericordia è un «dono», ha ricordato Canessa nell’omelia. Ma «per apprezzare un dono occorre sentirsi poveri». Ed è povero colui che si fa «umile», chiarisce il vescovo. Che traccia una sorta di “vademecum” dei caratteri di chi sceglie l’umiltà come stile. Innanzitutto, serve avere «coscienza dei propri limiti» e questo consente di «accostarsi spesso al sacramento della Riconciliazione».

Poi occorre riconoscere i «tanti doni che nel quotidiano Dio offre: la vita, la famiglia, la salute, l’intelligenza…». Inoltre è necessario «accettare di non capire sempre tutto, in particolare quando si tratta del modo di agire del Signore» e sull’esempio di Maria «saper dire il proprio “sì”», ha evidenziato Canessa. Infine c’è bisogno di comprendere di «essere oggetti di misericordia da parte di Dio» per essere quindi «misericordiosi verso i fratelli». Ma, ha ammonito il vescovo, «non facendo del bene con interesse: non è questo ciò che piace al Signore».

Giacomo Gambassi

© Avvenire, 16 settembre 2016

 

Bagnasco: anche in questo tempo angosciato Dio non è lontano

 

Il Card. Angelo Bagnasco ha aperto a Genova il XXVI Congresso Eucaristico Nazionale. "Intendiamo annunciare che Dio non è lontano - ha detto nell'omelia della Messa di apertura -, che nessuno è orfano in questo angosciato tempo, che non siamo vagabondi senza meta, che la solitudine non è il nostro destino, che l’ingiustizia non è l’ultima parola, perché tutti abbiamo una casa che ci aspetta. Questa casa, più che un luogo, è un cuore, il cuore di Cristo. L’Eucaristia è il sacramento di questo cuore umano e divino".

La messa si è svolta nella centralissima piazza Matteotti, presenti le delegazioni provenienti da tutte le diocesi italiane e migliaia di fedeli. Così, con le sue parole l'Arcivescovo di Genova e presidente della Cei, ha dato voce a una Chiesa che, dall’incontro con Gesù, si fa messaggera di luce e di speranza per tutto il Paese. "Vorremmo che l'Italia si accorgesse - ha aggiunto il porporato - che sta accadendo qualcosa nel suo grembo, qualcosa di vero e di bello che la riguarda da vicino". È una Chiesa, ha proseguito Bagnasco, che si riunisce per “ritrovare una serena ansia apostolica, così da dire ovunque che Gesù è il Signore, senza preferenza di persone e senza equilibrismi di inutile prudenza”; una Chiesa dal “tratto largo e abbondante del braccio, e soprattutto del cuore”; una Chiesa che vive di quella carità che “non ha muscoli da esibire, ma piccole anfore da portare, anfore comunque capaci di dissetare la sete dei poveri nel corpo e nello spirito”. Il presidente della Cei, che il Papa ha nominato suo inviato speciale per questo Congresso, ha rivolto anche un pensiero al Pontefice. Pur non fisicamente presente, "egli è con noi - ha sottolineato - con quell'affetto caldo e paterno che tutto il mondo conosce e ricambia.

A lui rinnoviamo il nostro affetto filiale e la nostra pronta gratitudine". Il cardinale si è soffermato quindi sui tratti di una Chiesa eucaristica. "Non un'organizzazione, ma il Corpo di Cristo". Una Chiesa che dunque annuncia il Vangelo, perché sa vivere in Cristo, ciò che cambia l'orizzonte. Perciò, ha spiegato, "ogni cristiano dovrebbe vivere in modo tale da fare invidia - santa invidia - ad altri che sorpresi, si chiederanno il segreto di questo singolare modo di stare nel mondo, di vivere le cose di tutti, gioie e affanni". Quello che suscita tutto questo è l'Eucaristia. "Lontani da questa fonte, la buona volontà si prosciuga, la perseveranza si allenta, l'entusiasmo degli inizi perde smalto, le delusioni e la stanchezza hanno il sopravvento".

Invece l'Eucaristia, "è l'acqua sorgiva che suscita l'annuncio del Vangelo, perché il mondo sia redento e si sveli a tutti il segreto della gioia". "Negarci alla missione e alla carità significherebbe tradire l'Eucaristia stessa". Non è mancato, infine, nell'omelia di Bagnasco, un riferimento ai terremotati del Centro Italia e il ricordo della colletta nazionale di domenica prossima in tutte le Chiese. "Un segno di solidale condivisione - ha concluso il presidente della Cei - che si aggiunge alla preghiera per quanti sono stati duramente colpiti dal sisma".

© Avvenire, 15 settembre 2016

 

Congresso eucaristico, la presenza che apre all'incontro

 

«L’Eucaristia sorgente della missione. Nella tua Misericordia a tutti sei venuto incontro»: su questo tema è chiamata a riflettere la Chiesa italiana nel Congresso eucaristico nazionale che la raduna a Genova, nel cuore del Giubileo straordinario della Misericordia. Grazia su grazia! Nell’argomento scelto si legge l’ansia evangelizzatrice della Chiesa in un mondo invaso da fermenti di neopaganesimo, come pure da un crescente indifferentismo e da un dilagante individualismo che si manifestano nelle tante 'porte chiuse', là dove dovrebbero esserci case accoglienti, nei tanti muri che si innalzano, là dove si dovrebbero costruire ponti.

Ma l’Amore non sarà mai sconfitto. A mantenerlo vivo Gesù stesso si è dato nel Sacramento dell’Eucaristia. La sua presenza in questo 'frammento' di pane consacrato è medicina per i cuori spezzati, per le famiglie divise, per la società conflittuale di ogni tempo e luogo. Il Pane di vita divina può riplasmare la povera argilla umana. A tutti, infatti, è venuto incontro il Misericordioso, Colui che, nato Uomo tra gli uomini, è passato per le strade della Palestina beneficando e risanando; a tutti anche oggi viene incontro bussando instancabilmente alla porta dei nostri cuori. Ancora di più: Egli ormai rimane sempre con noi.

Allora folle di poveri lo seguivano, non solo per i miracoli da Lui compiuti ma perché erano attratti dal fascino della sua Persona, dall’autorevolezza della sua Parola, dalla bontà e mitezza del suo comportamento, vedendolo chinarsi misericordioso sulle loro miserie.

E noi, oggi, sappiamo riconoscerlo? Instancabile e silenzioso Pellegrino, Egli cammina al nostro fianco, si fa nostro compagno di viaggio sulle strade delle nostre esistenze, ma forse il ritmo serrato e concitato dei nostri impegni, l’ansia del fare, del correre, il 'sovraffollamento' di tanti pensieri, immagini, sentimenti che fanno ressa nei nostri cuori ci impediscono di scorgerlo, come di abbracciare con uno sguardo fraterno le persone che incontriamo, che ci passano accanto, che lavorano con noi e che forse attendono un piccolo aiuto, un semplice sorriso.

Ecco, di fronte a questa situazione globale il Congresso di Genova più che un approfondimento teologico o pastorale sull’Eucaristia vuole essere un invito a un nuovo stile di vita, dove il primato sia dato a Dio e non all’'io': uno stile di vita più contemplativo, più pacato, più silenzioso, in cui ci sia tempo per fermarsi, stare in silenzio e adorare, ossia per accostare la bocca del cuore al Cuore divino, per 'respirare Cristo'. Perché ciò avvenga bisogna tenere fisso lo sguardo su Gesù e lasciarsi da Lui attirare nelle sue vie di libertà e di amore. Come ai discepoli di Emmaus, Egli si rende a noi presente nella Sacra Scrittura; bisogna ascoltarla, leggerla, custodirla e attuarla per incontrare Lui, vivere di Lui, acquisire i suoi sentimenti e i suoi pensieri; sentirsi ardere il cuore d’amore per Dio e per i fratelli. Ancora di più, Egli è presente e vivo nel Sacramento dell’Eucaristia.

Per continuare a rimanere con noi ha scelto questa realtà sacramentale così povera, umile, quasi insignificante: un frammento di pane, che tanto facilmente nella nostra società consumistica viene sciupato, gettato via. Forse anche noi siamo tra quelli... Eppure sappiamo che milioni di persone muoiono di fame. Fame del pane per la vita del corpo, ma soprattutto fame di quel Pane vivo che è Dio. «O umiltà sublime e sublimità umile - esclamava san Francesco d’Assisi - che il Signore dell’universo e Figlio di Dio abbia a umiliarsi così da nascondersi sotto la piccola figura del pane per la nostra salute! Guardate, fratelli, l’abbassamento di Dio, ed effondete davanti a lui i vostri cuori».

Ecco l’adorazione! Consapevole di avere nell’Eucaristia il suo inestimabile tesoro, la Chiesa non potrà mai rinunciare a circondarla del culto che le è dovuto: l’adorazione. Nel canto eucaristico «Adoro Te devote» è espresso lo stupore per il dono inestimabile di questa presenza sacramentale di Cristo Redentore e mai basterebbero le parole per farne comprendere la grandezza nella apparente piccolezza. Proprio perché gli uomini in precipitosa corsa dietro molte altre cose fuggevoli possano essere fermati e posti davanti all’essenziale, davanti a Colui che è il Signore del tempo e della storia, occorre continuamente ricordare e proclamare che a Lui spetta l’omaggio del tempo, in totale gratuità, come pure l’omaggio di tutto ciò che di più bello esiste nel creato.

Del resto proprio nel culto divino e nell’adorazione l’uomo si eleva alla più grande dignità. Il tempo che riserviamo all’Adorazione eucaristica non è certo un tempo sottratto ai nostri impegni, ai nostri doveri di cristiani, di discepoli che vogliono essi stessi diventare 'eucaristia', pane donato per la vita degli altri. Al contrario, prolungate soste o anche solo brevi ma intensi istanti di adorazione davanti al Sacramento, sono momenti preziosi per «più 'imparare' Dio e così divenire certi di Lui, anche se tace, per diventare lieti in Dio», come affermava Benedetto XVI.

Questo intimo essere con Dio, questa esperienza di stare in povertà e gratuità alla presenza di Gesù eucaristico, è ciò che ci aiuta anche a vivere più umanamente e pacificamente i rapporti fraterni. Partendo dallo sguardo rivolto a Gesù, dall’adorazione di Lui nell’Ostia consacrata, avremo uno sguardo diverso sul mondo e sulla storia. Nell’Ostia che contempliamo, infatti, incontriamo con Gesù anche tutti i fratelli, la fatica del loro lavoro, le loro sofferenze e la loro solitudine, la loro sete di comunione e il loro desiderio di pace. E possiamo credere che se, nel nostro mondo diviso, sapremo essere noi stessi e vedere gli altri come frammenti di Eucaristia, avremo la gioia di adorare in tutti e in tutto la Presenza di Dio e di irradiarla silenziosamente attorno a noi.

Anna Maria Canopi

© Avvenire, 16 settembre 2016