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«Utero in affitto sia reato universale»

Alfano annuncia: Ncd al lavoro su ddl che rende punibile la pratica anche se fatta all'estero. E sull'adozione: no alle coppie gay

​Il caso Vendola, con la nascita del piccolo Tobia Antonio tramite maternità surrogata, ha innescato un aspro dibattito sulla pratica dell'utero in affitto, il cui divieto assoluto in Italia viene facilmente bypassato all'estero. Cresce il movimento che chiede la proibizione universale, recependo quindi la vasta battaglia iniziata il 2 dicembre in Francia con la petizione "Stop surrogacy now".
Il ministro dell'Interno e leader di Ncd Angelino Alfano ha annunciato che il partito è al lavoro su due disegni di legge. "Il primo sull'utero in affitto come reato universale (punibile in Italia anche se commesso all'estero). Il secondo sulle misure di sostegno fiscale alla famiglia e di aiuto alla natalità".
Alfano ha anche ribadito il no "a ogni forma di adozione da parte di coppie formate da persone dello stesso genere".

RIFORMA DELLE ADOZIONI, IL PD ACCELERA

Sulla question è intervenuto oggi Beppe Grillo con una lettera al Corriere della Sera, in cui si dice "spaventato" dal concetto di utero in affitto. "Mi spaventa la logica del lo facciamo perché è possibile". Grillo parla del "fenomeno del low cost", applicato anche "alle idee, ai riferimenti morali" e alla "gioia". "È curioso come il prezzo delle creature viventi possa diventare così basso, e trattabile, proprio quando è altissimo il pericolo di sconvolgimenti irreparabili dello stato sociale e morale di un popolo. Proprio le creature viventi, e tutto ciò che le garantisce in vita, mi sembra non abbiano più un valore percepito". "Le questioni etiche nel periodo del low cost - dice Grillo - possono assumere degli aspetti paradossali, al limite del ridicolo... scusate: del tragico".
Questione ripresa dal vicepresidente della Camera del M5S Luigi Di Maio, "non possiamo pensare ad aprire supermarket con codici a barre sui bambini. I bambini non possono diventare una merce". Qquella dell'utero in affitto "è una pratica da scongiurare: il supermarket dei bambini va chiuso, i bambini non si comprano, è una cosa abominevole". Il no all'utero in affitto "non è una questione di omosessualità - aggiunge - parliamo di coppie sia omosessuali che eterosessuali".

© Avvenire, 1 marzo 2016

 

Utero in affitto, ecco quanto costa

 

Bambini "perduti" in un limbo legale che li rende figli di nessuno e cittadini senza patria. Donne pagate (una miseria) per portare nel proprio grembo uno, due, tre, a volte – senza saperlo – anche cinque embrioni. Sono loro le prime vittime dell’«utero in affitto».
Se ne distinguono due forme: quella "tradizionale", in cui si usa l’ovulo della surrogata, che è così madre biologica del neonato; e quella gestazionale, in cui la surrogata è solo un "involucro". In questo caso l’embrione è creato con fecondazione in vitro usando ovulo e seme degli "aspiranti genitori"; ovulo o seme proveniente da una donatrice o un donatore; sia ovulo che seme provenienti da donatori. Negli ultimi anni si pratica in modo quasi esclusivo la surrogazione gestazionale, nel tentativo di eliminare qualcuna delle ingenti complicazioni etiche relative al legame che si instaura tra donna e bambino durante la gravidanza.
La pratica viene distinta anche in "altruistica", quando la surrogata non è pagata per il suo servizio di utero in affitto (ma le spese mediche sì) e "commerciale", se nelle spese è inclusa anche la "parcella" della surrogata. Il fenomeno non ha una normativa omogenea. In alcuni Paesi è illegale (Italia, Francia, Germania, Spagna, Portogallo, Cina) e chi è coinvolto è perseguibile penalmente. In altri è legale solo quella "altruistica" (Regno Unito, Irlanda, Danimarca, Belgio), mentre quella commerciale è proibita. In altri ancora non esiste un preciso quadro legislativo (Svezia). Infine ci sono nazioni dove la maternità surrogata commerciale è legale (alcuni Stati Usa, India, Ucraina, Russia, Georgia). Tra questi ultimi, Stati Uniti (in particolare la California, hub nazionale per le gravidanze surrogate), India e Ucraina sono considerati i Paesi fautori del boom dell’industria della surrogazione commerciale. In particolare, New Delhi e Kiev si sono costruite una reputazione presentandosi come mecca del "turismo procreativo", fornendo assistenza medica di qualità a poco prezzo.
I costi variano da Paese a Paese. Negli Usa una coppia può arrivare a spendere tra i 100mila e i 150mila dollari per avere un figlio con questo sistema, di cui dai 14mila ai 18mila vanno alla surrogata. In India e Ucraina i prezzi scendono: 30mila-40mila dollari (di cui appena 800-2.500 alla surrogata) a New Delhi; 30mila-45mila dollari a Kiev, dove la surrogata riceverà 10mila-15mila dollari.
I dati relativi alle nascite sono difficili da ottenere, poiché molti Paesi non li diffondono. Nel 2010 in California sono nati circa 1.400 bambini, la metà dei quali su richiesta di coppie straniere. In India operano oltre 3mila cliniche, per un business che supera i 400milioni di dollari l’anno e porta a termine almeno 1.500 casi di surrogazioni l’anno, un terzo dei quali per conto di stranieri. In Ucraina nel 2011 sarebbero state portate a termine con successo 120 gravidanze, ma il numero reale potrebbe essere molto più alto. Metà degli accordi coinvolge coppie straniere.
Nonostante le restrizioni (o proibizioni) vigenti in molti Paesi, è un mercato in crescita che, secondo le stime, frutta circa 6 miliardi di dollari l’anno a livello internazionale. Eppure, sono tantissimi gli scandali avvenuti in questi anni che mettono in luce gli aspetti più equivoci dell’utero in affitto, spingendo alcuni Stati a ripensare le proprie leggi. È nota la vicenda di Gammy, nato da surrogata thailandese nel 2014 e abbandonato dai genitori acquirenti australiani perché Down. Dopo il suo caso, il governo di Bangkok ha vietato la surrogazione commerciale agli stranieri.
Altra storia celebre è quella di Baby Manji, nata nel 2008 in India su commissione dei giapponesi Ikufumi e Yuki Yamada. A un mese dal parto la coppia divorzia: il padre vuole tenere la piccola, l’ex moglie no. Né l’ambasciata giapponese né le autorità indiane possono rilasciare alla bimba un passaporto: per legge, il documento può essere emesso solo in base alla nazionalità della madre. Ma nessuna delle tre mamme "potenziali" – la surrogata, l’ex moglie, la donatrice dell’ovulo – intende riconoscere la piccola. Dopo una lunga battaglia legale, l’uomo ottiene un certificato d’identità per tornare in Giappone con la piccola.
Più vicino è il caso dei coniugi Le Roch, francesi. La surrogazione oltralpe è illegale e ai nati da questa pratica non si riconosce la cittadinanza (ma la giurisprudenza recente sta sovvertendo questa regola). Tuttavia nel 2010 volano in Ucraina per affittare una surrogata, che mette al mondo due gemelle. Dietro suggerimento dell’agenzia, la coppia dice all’ambasciata francese a Kiev di aver partorito lì le piccole, per ottenere i passaporti: i funzionari fiutano l’inganno e respingono la richiesta. Anche la legge ucraina è inappellabile, perché considera le piccole come cittadine francesi. Il padre tenta di scappare di nascosto in Ungheria con le gemelle ma, scoperto, viene accusato di traffico umano dall’Ucraina. I coniugi Le Roch sono tuttora a Kiev, con le due bambine, nella speranza di ricevere i passaporti francesi.

Giulia Mazza

© Avvenire, 1 marzo 2016

 

Stepchild, primo caso di adozione incrociata

 

Il Tribunale per i minorenni di Roma ha riconosciuto l'adozione "incrociata" a una coppia di donne. È il primo caso in Italia di doppia adozione. Le bambine, di 4 e 8 anni, sono nate una da una donna e l'altra dalla sua compagna grazie a una fecondazione eterologa praticata in Danimarca. Il tribunale ha riconosciuto il diritto delle due donne ad adottare l'una la figlia dell'altra, facendo riferimento alle cosiddette "adozioni in casi particolari". Le bambine avranno lo stesso doppio cognome ma per la legge non saranno sorelle. La stepchild adoption, stralciata dal ddl sulle unioni civili per le forti perplessità su questo tema, in realtà viene sancita nelle aule dei tribunali, chiamati a decidere in assenza di una legislazione.

I PRECENDENTI
Ai primi di febbraio il tribunale per i minorenni di Roma aveva riconosciuto a una donna un' adozione "in casi particolari" di due minorenni, nate entrambe dalla sua compagna.
A fine ottobre dello scorso anno, dopo il ricorso presentato da una coppia di donne italiane, il giudice aveva dato l'ok all'adozione di una bimba da parte della compagna della madre biologica.
Prima ancora, alla fine di agosto del 2014, sempre dal Tribunale dei Minori la prima sentenza italiana sulla stepchild adoption che diede il via libera al riconoscimento di un progetto di maternità di due donne conviventi stabilmente da dieci anni, sposate in Spagna e iscritte nel Registro delle Unioni Civili di Roma. Nel 2009 una di loro aveva avuto una figlia con la procreazione assistita all'estero. Alla compagna della mamma era stata concessa l'adozione.

© Avvenire, 1 marzo 2016

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