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Ventimiglia: io, vescovo, e i migranti

Una riflessione di monsignor Careggio, alla guida della diocesi di Ventimiglia-San Remo, punto di transito per chi fugge dall'Africa desideroso d'Europa, spesso respinto dalla Francia.

careggio-con-migranti_1456177.jpgBuona Pasqua da Ventimiglia, terra finita in prima pagina per la sofferenza di chi passa da qui, fuggendo dall'Africa desideroso di una vita migliore, e prova l'amarezza di una frontiera che blocca il passo.  Buona Pasqua per chi e a chi? Se si considera che Cristo è morto e risuscitato per tutti, l’augurio di estende all’intera umanità avvolta, per volontà divina, da questo evento cosmico. Ne sono, infatti, raggiunti tutti, credenti e non credenti, cattolici e non cattolici. Le risposte sono ovviamente così variegate e differenti da far dire a Dante: “La gloria di Colui che tutto move per l’universo penetra e risplende in una parte più e meno altrove” (Par. I, 1-3).

La Pasqua è molto più che un augurio verbale. Entra nel mistero di un problema, quello dell’esistenza umana, ossia di una morte che vogliamo diventi vita, di una schiavitù che diventi liberazione, di una oscurità che si faccia luce. Non si tratta, ovviamente, di una semplice utopia o di un impiastro lenitivo di tipo psicologico. La Pasqua va ben oltre i limiti imposti dalle analisi umane: tocca il complesso mistero della vita ed è l’ultima parola di Dio sull’uomo. 

Non è affatto un vezzo letterario se diciamo che la Pasqua di Cristo è la risposta al destino di quel “pastore errante” che “corre via, corre, anela... senza posa o ristoro, lacero, sanguinoso...”  verso  “l’abisso orrido, immenso ov’ei precipitando, il tutto obblia”. A questa funesta visione leopardiana, Cristo risorto è la riposta. Alla grande questione che l’uomo vorrebbe risolta per sempre, ma che da solo non può,  la voce di Dio, restituendo al Figlio la vita uccisa dalla morte, riempie  di senso anche quella di ogni uomo.

È così sempre, anche in questa Pasqua del 2011 che getta la sua luce su uno sconquasso morale e sociale a cui non eravamo più abituati dal dopoguerra a oggi, sia sul piano mondiale, sia sul nostro, interessato in modo particolare dalla massiccia “invasione” di stranieri e di profughi. Intervistare la gente dove approda o arriva quella massa di disperati è un rischio. C’è chi li rifiuta per esasperazione, chi invece li aiuta con dedizione a amore fraterno, senza ignorare gli evidenti aspetti negativi. Davanti a questo dramma, non il primo a corta memoria d’uomo, trovano giusto spazio le affermazioni del cardinale Angelo Bagnasco, presidente della Conferenza episcopale italiana, che, nell’omelia del Giovedì Santo, ha invitato allo spirito di accoglienza, che va “sempre congiunta alla legalità e alla sicurezza, tenendo conto dell’oggettiva complessità della situazione”.

Sono affermazioni ineccepibili e condivisibili in toto, ma a Ventimiglia il dramma mette a fuoco le contraddizioni del fenomeno e del come armonizzare tanto l’accoglienza quanto la legalità e la sicurezza. Anche la Francia ha le sue leggi e vuole che siano rispettate. Per questo la sbarra del confine si alza con fatica, anche per coloro che attendono un via libera per l’ingresso. Il fenomeno, che sta creando tensioni che le Forze dell’Ordine controllano con notevole sforzo, ha ripercussioni negative anche sul normale interscambio frontaliero tra francesi e italiani, con sensibili ricadute economiche sulla popolazione locale.

Le cifre parlano chiaro. Dalla fine di febbraio al 20 aprile sono stati distributi dal Centro d’Ascolto Caritas di Ventimiglia più di 2.000 sacchetti viveri (la giornata di maggior affluenza ha visto il passaggio di 183 persone); sono stati effettuati 224 interventi di distribuzione di vestiario e scarpe e date 204 bevande calde, merendine e crackers, ma anche coperte, durante i passaggi dell' “unità di strada” presso la stazione ferroviaria. Al Centro di accoglienza di primo soccorso, allestito nella ex caserma dei Vigili del Fuoco di Ventimiglia e gestito dalla Croce Rossa Militare, dal 5 al 19 aprile sono passate 489 persone diverse, per un totale di 1.500 pernottamenti. La capienza massima è di 150 posti, in alcuni giorni i migranti erano molti di più ed una parte è quindi rimasta a dormire in stazione, dove la Cri fornisce anche un panino. Le associazioni di volontariato dalla Caritas, alla Croce rossa italiana, alla Protezione civile, sono ovviamente in prima fila, con la partecipazione dei gruppi parrocchiali che assicurano i turni di servizio e di accoglienza tanto al Centro di ascolto, quanto a quello della Croce Rossa Italiana.

Tanto il Comune quanto la Regione Liguria hanno dimostrato molta sensibilità al problema e sono intervenuti immediatamente. Nell’ambito della “Foi sans frontières”, che da anni anima la pastorale delle tre diocesi confinanti, ossia Ventimiglia, Monaco e Nizza, mercoledì 20 aprile i direttori delle tre Caritas, in una riunione congiunta si sono confrontati per un’azione congiunta. È stata confermata la volontà francese di respingere i migranti che non siano in grado di avere i soldi per mantenersi, pur avendo i documenti in regola. Solo nei prossimi giorni si capirà se tali scelte, condizionate anche dalla situazione politica nel Paese, saranno effettivamente messe in pratica. 

A Nizza, per il momento, sono pochi i tunisini passati presso i due centri di accoglienza diurni della Caritas. Probabilmente perché la maggior parte dei migranti ha  amici o parenti presso i quali andare. La Caritas di Monaco ha offerto un contributo economico per le spese che la nostra Caritas sta sostenendo. Entrambe quelle di Monaco e di Nizza verificheranno la disponibilità di volontari per coprire un turno di distribuzione della cena presso il nostro Centro di accoglienza.

Se Pasqua vuole dire “passaggio”, per questi fratelli vittime della miseria, lo sarebbe -senza dubbio - nel poter valicare un confine. Ma quand’anche fosse loro possibile e in tempi ragionevoli, la vera Pasqua va ben oltre. Mette in evidenza la scarsa capacità di entrare in relazione con il cosiddetto “straniero”; a chi si accoglie e a chi si esclude. Dà a tutti la forza di abbattere le barriere del proprio egoismo che domina, asservisce, possiede e umilia.

Il vero cristiano crede nel potere di Cristo risorto, totalmente diverso da quello umano: è una “potenza” senza potere. Si è fatto servo, per dare la vita per i suoi nemici, si è consegnato nelle mani di ogni uomo per renderlo libero e farlo vivere. Gesù ha vinto e trionfato sulla morte per la sua capacità di perdere. Tutto questo in vista della nostra risurrezione e vivere insieme con lui. Con la Pasqua è sempre primavera, quando un ramo, che sembra secco, germoglia, diciamo che è vivo; quando un’esistenza, che sembra inutile e morta, si risveglia, diciamo che si riprende. L’augurio di Pasqua scaturisce da questa possibilità.

 

+ Alberto Maria Careggio

© Famiglia Cristiana, 23 aprile 2011

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