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Video-intervista, il cardinale Parolin: «Le suore in Yemen sono delle martiri»

Il Segretario di Stato vaticano, il cardinale Pietro Parolin ha espresso il suo dolore e sconcerto per l'uccisione delle quattro suore in Yemen. Le ha definite «martiri» poiché nonostante le minacce ricevute nelle settimane precedenti, hanno preferito continuare la loro missione al servizio degli altri, anche a costo della propria vita

«Sono delle martiri. Mi hanno raccontato che avevano già ricevuto delle minacce eppure hanno preferito restare a costo della vita».

Ha espresso così il suo dolore per l'uccisione delle quattro suore in Yemen il cardinale segretario di Stato vaticano Pietro Parolin che si trovava a Matera per la riapertura della Cattedrale, prima di salutare i convegnisti dell'Unione cattolica stampa italiana (Ucsi).

Guarda la videointervista del giornalista di Avvenire, Vito Salinaro; riprese e montaggio di Francesco Giase, clicca qui

© Avvenire, 5 marzo 2016

 

Il telegramma

 

Il Papa: questa strage svegli le coscienze

 

Papa Francesco è profondamente addolorato dalla notizia dell'uccisione delle quattro Missionarie della Carità in Yemen assieme ad altre 12 persone, in un attacco terrorista. In un telegramma a firma del cardinale segretario di Stato, Pietro Parolin, di cui riferisce Radio Vaticana, il Pontefice ha assicurato le sue preghiere per le famiglie delle vittime di questo "atto di violenza insensata e diabolica".

Il Papa prega affinché questa strage "svegli le coscienze, guidi a un cambiamento dei cuori e ispiri tutte le parti a deporre le armi e intraprenda un cammino di dialogo". In nome di Dio, Francesco chiede a tutti di "rinunciare alle violenze, rinnovare il proprio impegno per la gente dello Yemen, in particolare i più bisognosi" che le missionarie di Madre Teresa "hanno cercato di servire".

Il Papa impartisce infine la sua benedizione apostolica a quanti soffrono a causa della violenza e in particolare alle Missionarie della Carità.

 

© Avvenire, 5 marzo 2016

 

Il Paese

Yemen, un anno e mezzo di guerra civile

 

Posto all'estremo sud-ovest della Penisola Arabica, confinante con Oman e Arabia Saudita, lo Yemen è il Paese più povero del Medio Oriente e uno degli 8 al mondo nel cui esercito sono ammessi i minori.

Dopo oltre trent'anni di stabilità politica con il regime di Ali Abdullah Saleh, la situazione è cambiata drasticamente all'inizio del 2012, l'anno delle primavere arabe, quando Saleh ha lasciato il potere. Da allora si sono imposti sullo scenario nazionale movimenti e milizie locali, tra cui lo stesso gruppo terrorista al-Qaeda nello Yemen, sostenuti da contrapposti interessi stranieri. Ed è venuta alla luce la lotta tra sciiti e sunniti.

Da un anno e mezzo lo Yemen è devastato da una guerra interna che ha assunto proporzioni internazionali. Sullo scacchiere yemenita si combattono le potenze regionali rivali di Iran e Arabia Saudita.

Il 21 settembre 2014 le milizie del movimento sciita Houthi, legato all'imam Abdel Malik al Houthi, hanno assunto il controllo della capitale Sanaa, costringendo i sostenitori del deposto presidente Abd Rabbo Mansour Hadi a rifugiarsi nella città portuale di Aden, nel sudovest del Paese. Nella primavera 2015 Aden è stata teatro di scontri cruenti, al termine dei quali è caduta nelle mani degli Houthi. Solo in luglio le forze governative l'hanno riconquistata.

Dietro l'ascesa degli Houthi c'è non solo l'Iran, fornitore di armi e strategie militari, ma anche la fazione delle forze armate fedeli all'ex presidente Saleh, l'"uomo forte" che non intende uscire di scena.

Su richiesta del presidente Hadi, il 26 marzo 2015 l'alleato saudita ha dato il via a raid aerei sulle postazioni dei ribelli Houthi. A Riad si sono uniti altri Paesi arabi (Egitto, Giordania, Emirati arabi uniti, Kuwait, Qatar, Bahrein, Marocco e Sudan), formando una coalizione a guida saudita che si contrappone all'avanzata dei miliziani sciiti houthi, e con essa alle interferenze dell'Iran sciita nella Penisola.

Ad oggi, gli sciiti Houthi controllano la capitale Sanaa e i dintorni, sui quali si concentrano i raid della coalizione. Il governo del presidente Hadi, riconosciuto dalla comunità internazionale, si trova ancora a Aden. Pochi giorni fa, il ministro dell'Informazione Mohammed Qobati ha annunciato l'imminente riapertura dell'aeroporto di Aden ai voli commerciali.

Secondo i dati Onu, dal marzo 2015 sono circa 6.000 le vittime dei bombardamenti e dei combattimenti sul terreno. In particolare, è documentata l'uccisione di 3.081 civili. I feriti civili sono 5.733. Centinaia di migliaia gli sfollati.

Anna Maria Brogi

© Avvenire, 4 marzo 2016

 

La domanda e il segno

Yemen, le 4 suore uccise.

Quell'amore in cambio di niente

 

Una banda di uomini armati all’assalto di una casa di riposo per vecchi e disabili condotta dalle Missionarie della Carità, le suore di Madre Teresa. Ieri ad Aden, nello Yemen, quattro di loro sono morte, assieme ad altre dodici persone, mentre un sacerdote salesiano risulta scomparso, forse rapito. Uomini e religiose massacrati, forse, da al-Qaeda, dentro lo scenario di una guerra civile che da un anno e mezzo attanaglia il Paese, e ha già fatto 6mila morti. Nello Yemen, il Paese più povero del Medio Oriente, si scontrano indirettamente le forze poderose e nemiche di Iran e Arabia Saudita. La città di Aden è in mano al governo che si oppone ai ribelli houthi.

Un attentato terrorista dunque. Un manipolo di assassini contro la casa degli inermi: anziani, malati, handicappati accolti dalle figlie di Madre Teresa. Il lupo e l’agnello: non deve essere certo stato difficile attaccare, armi in pugno, un rifugio di indifesi. Tra gli attentati che insanguinano il mondo ogni giorno, uno dei più ripugnanti. Uccidere delle donne consacrate che si prendono cura, come di figli, degli ultimi, e il sacerdote che ne condivide l’opera. Quei vecchi e quei malati, dice un lancio della Agenzia Fides, sono salvi. La furia omicida si è scatenata proprio sulle quattro sorelle riconoscibili dal velo bianco e blu: loro l’obiettivo dell’odio, in quanto cristiane. Erano due ruandesi, una kenyota e una indiana. Figlie dei Sud del mondo che, anziché fuggirne, avevano scelto di radicarsi nel luogo della massima povertà, casa per chi non ha alcuna casa.

La strage dello Yemen, in un contesto internazionale in cui il fiato dei jihadisti del Daesh e di al-Qaeda incalza tutti, in Occidente come nel Terzo mondo, sembra icona di una ferocia che sconfina nel male allo stato puro. Non potevano in alcun modo costituire una minaccia, quelle piccole suore e quel prete. Non rappresentavano multinazionali straniere, o potenze nemiche, non rappresentavano niente altro che il volto e le mani di Cristo, portato, attraverso il loro volto e le loro mani, nel cuore della miseria. Misericordia e compassione portate non per vaga filantropia, ma – come ricordava sempre Madre Teresa – riconoscendo Cristo in persona, in ciascuno degli "scartati" dal mondo. Di modo che ciò che è accaduto ieri in Yemen è un vertice di male gratuito, dietro a cui si avverte un’ombra oscura innominabile, che tracima e trabocca nelle violenze del terrorismo islamico. Il lupo e l’agnello, la ferocia sull’innocente inerme, una volta ancora. Sapevano certo, quelle suore, quel prete, quali rischi comportava rimanere in un Paese dilaniato da una guerra civile.

Sapevano quanto odio stava come sbucando dal sottosuolo, fra le strade dello Yemen. Non hanno pensato ad andarsene. Non sarebbero state capaci di abbandonare quei loro vecchi, quei fratelli malati, di chiudere l’ospizio lasciandoli dentro una guerra, e senza nessuno. Hanno continuato, probabilmente tra i bombardamenti e cento pericoli, a cercare di condurre la loro casa, dando da mangiare agli ospiti, curandoli, confortandoli. In una mite e tenace resistenza al male; in silenzio, con gesti quotidiani – imboccare, lavare, pregare – mentre fuori deflagrava la ferocia.

Così, quelle suore ne erano certe, avrebbe fatto la beata Madre Teresa, che sarà proclamata santa a settembre. Madre Teresa che diceva: «Il più grande dono che Dio ti può fare è darti la forza di accettare qualsiasi cosa Egli ti mandi, e la volontà di restituirgli qualsiasi cosa Egli ti chieda». Dentro a questo sguardo le quattro sorelle di Aden e il salesiano sono rimaste; e ieri mattina, come agnelli, sono andati incontro alla morte – «con la forza di accettare qualsiasi cosa Egli ti mandi».

Docilmente hanno restituito a Dio la loro vita – «restituirgli qualunque cosa Egli ti chieda». E forse, attorno, in quella città, qualcuno si fermerà un momento a considerare la strana scelta di quegli stranieri venuti lì a morire per curare creature che 'non valgono' niente. Perché, in cambio di cosa?

In cambio di niente. Nella assoluta gratuità di Cristo.

E rimarrà, solo in alcuni magari, tra chi ha visto ieri ad Aden il massacro, una domanda. Tanto straniero appare agli uomini l’amore illimitato e gratuito, che chi lo incontra non può non chiedersi come mai, e perché. È la fascinazione di Cristo che rimane, misteriosa e viva, sopra a qualsiasi orgia di morte. Sopra a qualsiasi ferocia che gli uomini, come schiavi, scelgano di servire.

Marina Corradi

© Avvenire, 5 marzo 2016

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